Pubblicato su: Famiglia Cristiana - Febbraio 2018
di ENZO BIANCHI
La Quaresima è un tempo decisivo nella vita cristiana. È un cammino verso la Pasqua da percorrere con consapevolezza e impegno, è un “segno sacramentale della nostra conversione” – come afferma la liturgia –, del nostro ritornare al Signore, nello sforzo di cambiare mentalità e comportamento.
Purtroppo questa consapevolezza riguardo alla Quaresima come tempo per esercitarsi nell’abbandono degli idoli e così rinnovare l’alleanza con Dio, si è indebolita in numerosi cristiani: molti, tutt’al più, evocano la Quaresima come occasione di mortificazioni ormai diventate non più praticabili nella nostra società, segnata dalla dominante del benessere e dell’individualismo esasperato.
Anche quest’anno papa Francesco, in vista di questo tempo liturgico, indirizza un messaggio. Egli si rivolge certamente ai cattolici, ma confessa di voler raggiungere anche tutti gli uomini e le donne di buona volontà, al di là dei confini della chiesa. Questo messaggio, infatti, può riguardare anche loro, può interessare il loro impegno di umanizzazione, la loro resistenza alla barbarie, la loro ricerca di una convivenza più buona e più bella.
Francesco evoca le parole pronunciate da Gesù nel discorso sulla storia e sulla fine di questo mondo, parole consegnate ai discepoli come profezia: “Per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà” (Mt 24,12). Sono parole che riguardano in verità ogni generazione, anche la nostra: si moltiplica il male, la banalità del male, diventa più difficile operare il bene, e ciò è una tentazione per i credenti stessi, i quali dovrebbero sapere che il più grande comandamento è quello dell’amore. Sì, è possibile – dice Gesù – che la carità venga meno, diventi debole e molto contraddetta. I credenti sono dunque avvertiti: ideologie, falsi profeti nutriti di propaganda performante e capaci di sedurre, ispirano molti comportamenti che negano la fraternità, la giustizia, la libertà. E quando avanza l’alienazione, viene meno la carità!
Dopo aver delineato la freddezza del cuore che non riconosce il fratello e la sorella, che uccide la prossimità, che non conosce la com-passione, papa Francesco ricorda le esigenze elementari: quelle dettate da Gesù ai suoi discepoli, né più né meno (cf. Mt 6,1-6.16-18)! Innanzitutto la preghiera che, se è cristiana, è in primo luogo ascolto della parola di Dio contenuta nelle sante Scritture ed eloquente nel cuore dell’essere umano che sa ascoltare. La preghiera è il giudizio di Dio di fronte al quale siamo chiamati a rimanere esposti senza ripari; la preghiera è sempre invocazione dello Spirito che il Signore concede fedelmente a chi lo invoca.
E insieme alla preghiera l’elemosina, parola desueta e poco compresa, che non significa dare agli altri le briciole, il superfluo, che non è tenere lontano da sé il bisognoso, ma è condivisione di ciò che non può essere solo mio possesso ma è dono di Dio a tutti. L’elemosina è stile di vita quotidiano in vista dell’ideale ecclesiale: “tra i credenti non vi sia alcun bisognoso” (cf. At 4,34); oppure, come scrive l’Apostolo: “si tratta … di tendere all’uguaglianza” (2Cor 8,13).
In questa logica si inserisce anche il digiuno, che è un vivere liberamente nella nostra carne ciò che altri sono costretti a vivere a causa della fame, fino a morirne. Digiuno come innesto della sobrietà nella vita quotidiana; come maggior rispetto verso nostra madre terra, resistendo alla dominante dei consumi; come esercizio di disarmo personale e di dominio di sé.
Così ci si prepara alla Pasqua, alla festa dell’amore che vince la morte e dunque ha vinto ogni freddezza della carità.