2 agosto 2009
di ENZO BIANCHI
La terra è desolata quando viene meno la qualità della vita dell’uomo e della vita del cosmo, così come la qualità della vita
La Stampa, 2 agosto 2009
“Esiste una reciproca dipendenza fra l’avere a cuore i poveri e avere a cuore la Terra: sono le due facce di un’unica medaglia. Il modo come trattiamo chi soffre si riflette nel modo in cui affrontiamo la crisi ecologica”. Questa affermazione del patriarca ecumenico Bartholomeos I può aiutarci a cogliere in pienezza il nesso tra il tema scelto da papa Benedetto XVI per la Giornata mondiale della pace dello scorso gennaio e quello annunciato per il prossimo capodanno: se nel 2009 l’accento cadeva su “Combattere la povertà, costruire la pace”, l’invito pressante agli operatori di pace reso noto nei giorni scorsi è: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”.
Sì, perché la pace, lo shalom biblico, è ben di più della semplice assenza di guerra: è salute, gioia, benessere spirituale e materiale, salvezza, armonia con se stessi, con gli altri e con il creato intero, è vita piena, degna di essere vissuta. In questo senso, proprio parlando del legame tra lotta alla miseria e pace, il papa aveva già sottolineato l’unità profonda dell’essere umano e delle sue esigenze più intime, riprendendo l’espressione “ecologia umana” cara a Giovanni Paolo II. Così scriveva nel messaggio per la Giornata della pace dello scorso anno: “ogni forma di povertà imposta ha alla propria radice il mancato rispetto della trascendente dignità della persona umana; quando l’uomo non viene considerato nell’integralità della sua vocazione e non si rispettano le esigenze di una vera ecologia umana, si scatenano anche le dinamiche perverse della povertà”.
Del resto, in questi decenni molti passi sono stati compiuti in ambito cristiano, non solo cattolico, verso una maggiore consapevolezza riguardo alle tematiche ambientali e, grazie anche al dialogo e alla collaborazione ecumenica, la riflessione si è sviluppata sia in direzione teologico-spirituale, sia con un approfondimento delle problematiche socio-politiche della pace e della giustizia a livello planetario. Emerge così con chiarezza la centralità dell’essere umano voluto da Dio a propria immagine e somiglianza e a coronamento dell’intera opera creazionale: in questo disegno di armonia del cosmo, Dio colloca l’uomo come co-creatura cui è affidato il compito di “dare il nome” agli altri esseri viventi, cioè di esercitare su di essi un’autorità delegata da Dio che rimane l’unico Signore del cielo, della terra e di tutto ciò che essa contiene. Nessuna confusione, nessuna dissoluzione in un indifferenziato “oceano” di energie vitali, nessuna regressione a simbolismi da “utero cosmico” - perché, come ricorda Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate, “è contrario al vero sviluppo considerare la natura più importante della stessa persona umana” - ma piuttosto un ordinato rapporto di co-creaturalità in cui l’uomo è custode responsabile del delicato equilibrio che garantisce il presente e il futuro dell’unico spazio vitale per tutti.
La medesima recente enciclica addita con forza “l’obiettivo di rafforzare quell’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio”. Da questo rinnovato rapporto tra umanità e creazione deriva anche l’idea, insita nel titolo del messaggio per il prossimo anno, che la pace vada “coltivata” con la sapienza, la pazienza e la tenacia propria di chi lavora la terra perché dia frutto non solo per sé ma anche per le generazioni a venire: con ragione il papa ha potuto parlare di “solidarietà e giustizia intergenerazionali”. Davvero coltivare semi di pace può significare dover affrontare la durezza delle zolle, l’aridità di certe stagioni, gli imprevisti della meteorologia ma anche i danni provocati dagli uomini. E la pace, come i frutti della terra, non nasce da un giorno all’altro né può crescere senza l’attenta e amorosa custodia dell’uomo.
Vi è allora un’intima connessione non solo tra “bene-essere” dell’uomo e protezione della natura, non solo tra singoli comportamenti quotidiani e sostenibilità delle scelte collettive, ma anche tra situazioni di giustizia ed eguaglianza a livello socio-politico ed economico e a dimensione planetaria, da un lato, e pace e salvaguardia del creato, dall’altro. In questo senso va notato che la bibbia non si limita a presentare Dio come fonte della pace, ma rivela anche che la sorgente della guerra, la radice della violenza, dell’odio e del disprezzo sta in un cuore indurito, insensibile alla parola di vita, incapace di armonia con la creazione, di svolgere quel ruolo di “custode del creato” affidatogli dal Creatore. La guerra accompagna e accompagnerà sempre il cammino dell’umanità se gli uomini non vinceranno il male che si annida nel loro intimo: l’essere umano è capace di vincere la violenza solo se riesce a vincere le passioni dell’uomo “vecchio” che lo abitano. Giustamente Berdiaev scriveva: “La guerra è straordinariamente rivelatrice perché fa emergere in superficie ciò che avviene nel profondo, nel cuore dell’uomo. Nella guerra e nella violenza, l’omicidio e il delitto interiore appaiono sul piano fisico e storico”.
Anche per questo la tradizione cristiana non può e non sa separare giustizia ed ecologia, condivisione della terra e rispetto della terra, attenzione alla vita della natura e cura per la qualità buona della vita umana. Così pace e questione ambientale sono due aspetti di un’unica urgenza: contrastare il disordine e la volontà di potenza, far regnare la giustizia, la pace, l’armonia. “La pace dei popoli e tra i popoli – ricorda ancora Benedetto XVI – permetterebbe anche una maggiore salvaguardia del creato ... Un pacifico accordo sull’uso delle risorse può salvaguardare la natura e, contemporaneamente il benessere delle società interessate”. Sì, la terra è desolata quando viene meno la qualità della vita dell’uomo e della vita del cosmo, così come la qualità della vita umana dipende anche dalla vita del cosmo di cui l’uomo fa parte e nel quale è la sua dimora.
Enzo Bianchi
Pubblicato su: La Stampa