Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Commento al Compendio del Catechismo - 21

13/01/2013 00:00

ENZO BIANCHI

Riviste 2013,

Commento al Compendio del Catechismo - 21

Famiglia Cristiana

Pubblicato su: Famiglia cristiana - 13 gennaio 2013


di ENZO BIANCHI


È esattamente questa traditio che rispetta e onora ciò che fede e preghiera sono: un dono che viene da Dio

Qual è l’importanza della Tradizione in rapporto alla preghiera?


Nella chiesa è attraverso la Tradizione vivente che lo Spirito santo insegna a pregare ai figli di Dio. Infatti, la preghiera non si riduce allo spontaneo manifestarsi di un impulso interiore, ma implica contemplazione, studio e comprensione delle realtà spirituali di cui si fa esperienza. 

 

(Compendio del Catechismo n. 557)   

 

“La preghiera non si riduce allo spontaneo manifestarsi di un impulso interiore. Non basta neppure sapere ciò che le Scritture rivelano sulla preghiera: è necessario imparare a pregare. È attraverso una trasmissione vivente (la santa Tradizione) che lo Spirito santo insegna a pregare ai figli di Dio, nella chiesa che crede e che prega” (CCC 2650).

 

Con queste parole il Catechismo ci ricorda che, come la fede viene trasmessa (cf. 1Cor 15,3), così è anche per la preghiera, la quale è l’espressione della fede, la sua eloquenza (cf. Gc 5,15: “oratio fidei”). È esattamente questa traditio che rispetta e onora ciò che fede e preghiera sono: un dono che viene da Dio. Del resto, come si vedeva in un precedente articolo, già il vangelo attesta la comprensione della preghiera come elemento che deve essere trasmesso e insegnato: “Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: ‘Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli’” (Lc 11,1).

 

Sosteremo in seguito più approfonditamente sugli elementi che costituiscono la grande Tradizione della chiesa, tra i quali spiccano l’insegnamento dei padri e la testimonianza vivente della liturgia. Qui vorrei invece soffermarmi su ciò che rappresenta il fondamento dell’accoglienza della Tradizione da parte dei credenti: il sensus fidei. Si legge in un bel testo conciliare: “L’insieme dei fedeli che hanno ricevuto l’unzione dal Santo (cf. 1Gv 2,20.27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa proprietà particolare mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo, quando ‘dai vescovi fino agli ultimi fedeli laici’ (Agostino) esprime il suo universale consenso in materia di fede e di morale” (Lumen Gentium12).

 

Con la sua “unzione maestra” (Bernardo di Clairvaux) lo Spirito fornisce al popolo di Dio un discernimento personale, ossia quella capacità di conoscere le cose della fede che è propria di ogni battezzato e della chiesa nel suo insieme. È così che – continua LG 12 – “con il sensus fidei suscitato e sorretto dallo Spirito di verità, il popolo di Dio, sotto la guida del magistero cui si conforma fedelmente, accoglie non già una parola d’uomini, ma realmente la Parola di Dio (cf. 1Ts 2,13), e aderisce indefettibilmente ‘alla fede trasmessa ai santi’ (Gd 3)”.

 

Ravvivando il nostro sensus fidei saremo in grado di rinnovare la nostra preghiera e di “risvegliare continuamente la nostra vita di fede, in particolare per mezzo di una riflessione sempre più approfondita, guidata dallo Spirito santo, sul contenuto della fede stessa” (Joseph Ratzinger).