Pubblicato su: Famiglia cristiana - 6 gennaio 2013
di ENZO BIANCHI
Questo aspetto della lode quale “amen” rivolto a Dio e confessione della sua presenza
Che cos’è la preghiera di lode?
La lode è la forma di preghiera che più immediatamente riconosce che Dio è Dio. È completamente disinteressata: canta Dio per se stesso e gli rende gloria perché egli è.
(Compendio del Catechismo n. 556)
La lode giunge a noi carica di un giudizio di eccellenza rispetto alle altre forme di preghiera, giudizio ripetutamente formulato dalla tradizione cristiana, che sottolinea la sua purezza e la sua gratuità. Credo però che la logica del paragone non si addica alla gratuità della lode, la quale va piuttosto compresa all’interno del movimento relazionale della preghiera.
Nelle relazioni umane la lode è un linguaggio che esprime la positiva valutazione dell’altro; anzi, normalmente è il linguaggio degli innamorati.
Analogamente, nella preghiera la lode è amore che risponde all’amore: all’amore di Dio si risponde lodando, riconoscendo cioè l’Altro nella grandezza delle sue opere. E la lode ha sempre come destinataria la persona di Dio: la lode è l’amen, il “sì” incondizionato dell’uomo a Dio e al suo agire. È questa la lode di Gesù stesso: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intellettuali, e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Mt 11,25-26). La lode del cristiano ripete questo movimento, per mezzo di Gesù Cristo: “Tutte le promesse di Dio in Cristo sono ‘sì’. Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro ‘amen’per la sua gloria”(2Cor 1,20).
Questo aspetto della lode quale “amen” rivolto a Dio e confessione della sua presenza, ci porta a comprendere come lodare sia un sinonimo di credere: la lode esprime l’aspetto celebrativo della fede. Non a caso nella Bibbia essa spesso sorge dopo il discernimento di un intervento di Dio nella storia: così, per es., il cantico di Mosè segue la confessione dell’azione di Dio che ha fatto uscire Israele dall’Egitto (cf. Es 15). Più che di superiorità della lode rispetto alla supplica occorre allora parlare della lode come orizzonte inglobante la supplica stessa (non a caso molti salmi di supplica sfociano nella lode: cf. Sal 22, 31, ecc.). La supplica suppone la lode e tende alla lode: essa si fonda sulla lode in quanto invoca Dio e riconosce di poter contare solo su di lui; essa tende alla lode perché spera di rivedere il volto amico del Signore (cf. Sal 42,6.12; 43,5).
Ma se la lode sintetizza in forma orante le dimensioni dell’amore, della fede e della speranza, è chiaro come essa sia la vita stessa del credente, chiamato a essere “lode della gloria di Dio” (Ef 1,14). Poiché si ama Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi, si vuole lodare con tutto il cuore, cioè vivere e morire alla presenza di Dio. Significativamente la tradizione cristiana ci presenta il martire come esempio di lode vissuta fino alla fine, quasi un “amen” personificato.