23 marzo 2008
di ENZO BIANCHI
Davvero c’è un uomo, una donna che non sia interessato alla possibilità che l’amore sia più forte della morte?
La Stampa, 23 marzo 2008
Milioni di cristiani oggi celebrano la festa più significativa per loro e più decisiva per la loro fede: la Pasqua, memoria della risurrezione da morte di Gesù di Nazaret. La fede cristiana deriva da questo evento che è stato detto, narrato, testimoniato a caro prezzo, fino alla persecuzione e alla morte, da quelli che sono stati i discepoli di quel rabbi di Galilea.
Gesù fu arrestato in occasione della festa ebraica della Pasqua nell’anno 30 della nostra era e in un processo sommario fu condannato a morte: la condanna fu eseguita il giorno 7 aprile, vigilia della Pasqua. Esistono anche fonti non cristiane ma ebraiche che affermano questo dato storico. Ma il giorno terzo dalla morte, giorno dopo il sabato che in quell’anno era Pasqua, alcune donne che avevano seguito Gesù e poi alcuni discepoli vanno alla tomba per rendere onore al loro maestro, forse per praticare un’unzione funebre, ma trovano la tomba vuota. E anche questo dato appare storicamente irrefutabile, confermato da discepoli e nemici di Gesù. E’ a questo punto che vi è lo stacco, l’indicibile, l’impensabile per gli uomini: i discepoli di Gesù sostengono di aver ricevuto una rivelazione da Dio che proclama che Gesù è risorto da morte, è vivente per sempre, chiamato a una vita eterna da Dio stesso, colui che Gesù chiamava Abba, papà.
I nemici di Gesù dicono invece che la tomba è vuota perché i discepoli hanno portato via il cadavere, altri entusiasti dicono che in realtà Gesù non era morto ed era fuggito, ma i discepoli affermano anche di averlo incontrato vivo mentre erano riuniti insieme, di averlo visto mentre erano per strada, di averlo riconosciuto mentre spezzava il pane... Per i discepoli questa è la loro fede, una certezza attraversata sì da dubbi – come attestano gli stessi vangeli – ma fondata su un evento per testimoniare e narrare il quale sono disposti a essere osteggiati dal potere religioso dei giudei e dal potere imperiale.
Da allora, proprio in virtù dell’evento della risurrezione, milioni di discepoli credono in Gesù come Cristo, cioè Messia, e Signore vivente. L’apostolo Paolo, all’inizio tra i più fieri oppositori dei discepoli di Gesù, dirà: “Se Cristo non è risorto, vana è la nostra fede e noi cristiani saremmo tra i più miserabili di tutta la terra”. Sì, come Paolo, un numero sempre più grande di persone crede senza avere visto Gesù vivente, senza aver visto la tomba vuota, senza averlo incontrato per strada né riconosciuto allo spezzare del pane... E questo fino a oggi. Follia? Credenza in qualcosa di assurdo o irrazionale? No, perché è atteggiamento coerente con l’esperienza interiore che il credente fa: questi “sa” che Cristo è risorto, lo sente vivente e presente, è per lui destinatario di amore e di ascolto. Certo, chi non ha la fede, percepisce questo discorso, unitamente a quello della fine ignominiosa di Gesù sulla croce, come follia; molti uomini religiosi lo avvertono ancora oggi come scandalo, altri restano indifferenti e noi cristiani non ci stupiamo di chi non crede o non può credere, né ci sentiamo di giudicarli, anche perché condividiamo con i non credenti dubbi, ricerche, fatiche e incredulità che abitano le nostre profondità.
Ma allora Pasqua non interessa i non cristiani? Non ha nulla da dire loro? Sovente i cristiani non sono neppure capaci di porsi questa domanda e dormono tranquilli. Ma in verità, se la Pasqua è “detta” solo come risurrezione di uomo dovuta al suo essere Figlio di Dio, allora è un messaggio così sbrigativo che anch’io ritengo possa non interessare molti al di fuori della cerchia dei suoi discepoli. Proviamo però ad ascoltarlo meglio. Al cuore dell’Antico Testamento c’è un libretto, il “Cantico dei cantici”, oggi letto con curiosità erotica, ma che è decisivo come parola di Dio, soprattutto per la sua frase finale: “Forte come la morte è l’amore!”. Sì, la morte è il nostro nemico, è ciò che contraddice la nostra felicità e appare come l’ultima parola nella nostra vita perché nessuno è mai tornato in vita dopo essere morto. Ecco allora la “buona notizia” per tutti: Gesù – quest’uomo di Nazaret che ha sempre vissuto l’amore come servizio agli uomini, che ha amato fino all’estremo, fino a spendere la sua vita per gli altri, fino a morire senza difendersi e senza minacciare vendetta, ma anzi perdonando – è stato l’amore che non poteva essere preda della morte. In un duello straordinario l’amore ha vinto la morte: Eros e Thanatos, amore e morte, ogni essere umano sa che la vera lotta è quella... E in questo duello l’amore di Gesù ha vinto la sua morte: da allora sappiamo che l’amore ha l’ultima parola sulla morte, sulla paura, sull’inimicizia, sul male.
Non è questo un messaggio che interessa ogni uomo? Davvero c’è un uomo, una donna che non sia interessato alla possibilità che l’amore sia più forte della morte? Ogni essere umano che vive una storia di amore e che, proprio perché ama, vuole che l’amore viva e non abbia fine, non si sentirà forse coinvolto da un tale annuncio? Sono convinto che molti non credenti possano avere questa sete, questa ricerca dell’amore: un anelito a volte più sentito di quello di molti cristiani che si professano tali ma poi non credono alla risurrezione di Gesù o lo fanno senza riporre la loro fede e la loro speranza nell’amore! Vi è oggi una ricerca di senso che non esclude di potersi concludere al di là dei limiti della vita terrena, in una realtà donata da Dio, ma quanti sono abitati da questa ricerca chiedono che il senso nasca proprio là dove l’uomo può esperirlo nel quotidiano, altrimenti smarrisce ogni significato. Si tratta allora, da parte dei cristiani, di saper parlare della risurrezione non come di qualcosa di esterno alla vita, ma con un linguaggio che accorda la fede al senso profondo racchiuso nella vita umana.
Sì, la specificità del cristianesimo – riaffermata nella celebrazione della Pasqua – consiste in questo annuncio che l’amore vince la morte, è buona notizia che i cristiani sono chiamati a decodificare e a tradurre qui e ora, nella storia e nella compagnia degli uomini… Il Dio dei cristiani è amore perché è stato narrato da Gesù, colui che ha vissuto l’amore più forte della morte: ecco perché lui è risorto e perché i suoi discepoli, trascinati dietro a lui nella sua vita umana, possono fare un cammino di ritorno al Padre, un cammino che si apre sulla vita eterna. La Pasqua allora è annuncio di una buona notizia, della buona notizia per tutti: l’ultima parola è l’amore.
Enzo Bianchi
Pubblicato su: La Stampa