Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Assisi, la giustizia del perdono

24/01/2002 00:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2002,

Assisi, la giustizia del perdono

La Stampa

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24 gennaio 2002

Samuel Huntington, con una tesi seducente proprio per il suo elementare schematismo, sostiene che questo nuovo secolo porterà soprattutto i segni dello scontro di civiltà, delle opposizioni tra religioni capaci di scatenare e alimentare violenze. Gli eventi dell’11 settembre – quando il terrorismo si è motivato religiosamente richiamandosi al Dio dell’Islam e il presidente degli Stati Uniti ha reagito indicendo una “crociata” concepita come risposta occidentale e cristiana – sembravano dar ragione a questa tragica profezia. Ma le iniziative assunte da Giovanni Paolo II – dapprima con il viaggio in Kazhakistan e gli accorati messaggi per non aggiungere violenza a violenza, in seguito con l’indizione di una giornata di digiuno dei cristiani per invocare la pace e confessare le proprie colpe in vista della conversione, poi con il messaggio per la Giornata mondiale della pace e l’invito a trovare nel perdono il compimento della giustizia, infine con la giornata odierna di Assisi – vogliono proprio opporsi a questa deriva e fornire un antidoto contro un male profondo che minaccia l’umanità intera.

 

D’altronde Giovanni Paolo II si sentiva abilitato a questo convenire delle religioni ad Assisi in virtù dell’analoga iniziativa del 1986. Quel primo raduno non fu un gesto estemporaneo, destinato a fornire un’icona folcloristica delle religioni nell’era della globalizzazione, ma un evento pienamente inserito nel suo programma di pontificato, mirante a che le religioni diventassero una forza, un impegno perseverante per il dialogo, il confronto nonviolento, la pace dell’umanità. Nel xx secolo, soprattutto nell’ora del concilio Vaticano II, era avvenuto un mutamento tra i credenti: rifiuto della condanna e del disprezzo dell’altro, fine dell’intolleranza, apertura al dialogo si erano fatti strada con convinzione. I cristiani potevano così guardare alle altre religioni come a “vie in cui si cerca Dio come a tentoni”, vie in cui vi sono “semi di verità”, dunque presenza di Parola di Dio e Spirito santo. Ma il papa si proponeva un balzo in avanti: i credenti delle diverse religioni potevano e dovevano diventare fermento di giustizia, di solidarietà e di pace.

 

Questa è l’intenzione che presiede anche al nuovo incontro ad Assisi: intenzione profetica e coraggiosa, non sempre capita neppure all’interno della chiesa cattolica, dove addirittura alcuni vescovi giungono a criticare il gesto e a esprimere il loro disaccordo con il papa. Intenzione non sempre capita, va detto, anche perché a volte l’evento di Assisi è stato ripetuto alla periferia della chiesa con molta superficialità e alcune cadute nell’ambiguità se non addirittura nel sincretismo. Mi pare che nessuno possa accusare Giovanni Paolo II di identità cristiana debole: anzi, è proprio la forza dell’identità cristiana – un’identità non contro gli altri ma fondata sulla fede nel Dio fattosi uomo, una fede in colui che vuole che tutti gli uomini siano salvati – che lo porta a questi gesti.

 

Così oggi ad Assisi i cristiani delle diverse confessioni, pur non ancora unite, si incontrano in una preghiera comune nella Basilica inferiore per chiedere al loro unico Signore il dono della pace. Nella fede cristiana, infatti,Gesù è la Pacee il suo dono per eccellenza è la pace, non come semplice assenza di guerra, bensì come vita piena, convivenza umana vissuta nel riconoscimento dell’altro, nella giustizia, nel perdono. Soprattutto questa preghiera dei capi delle chiese cristiane (è la prima volta che pregano assieme al papa diversi patriarchi delle chiese ortodosse e orientali) avverrà in una nuova consapevolezza teologica, un’autentica innovazione nella crescita della comprensione del Vangelo, indicata dal papa stesso: “non c’è giustizia senza perdono!”. Sì, per i cristiani ormai c’è una comprensione più profonda, più evangelica della giustizia: il perdono non è qualcosa di accessorio, di facoltativo, di soggettivo che può sopraggiungere o meno una volta ottenuta la giustizia; è invece proprio il pieno ristabilimento della giustizia ferita, la sua restitutio ad integruma richiedere il perdono, e a livello non solo individuale ma anche collettivo, fino a trovare espressione in “istituti giuridici e atteggiamenti sociali”, nella prassi della polisattraverso una “politica del perdono”.

 

Ma accanto alla preghiera comune dei cristiani, ad Assisi ci sarà anche una preghiera simultanea degli altri credenti e la presenza partecipe di “uomini di buona volontà, uomini che pensano, che sono alla ricerca di un mondo più umano”. E qui, è bene precisarlo ancora una volta, nessun sincretismo: non c’è una preghiera comune, come se tutti insieme si fosse autorizzati a una sorta di “super-preghiera” a un Dio ignoto, una preghiera al di là delle varie espressioni religiose. No. C’è la preghiera diversa, di credenti diversi, in forme e con contenuti diversi: una preghiera, però, simultanea. È questo il modo per affermare che non c’è possibilità di accaparrare Dio per se stessi contro gli altri, che ci si vuole liberare dall’inimicizia e dall’odio religiosi, che si confessa la propria fede non come fonte di odio e di intolleranza, ma come sorgente di convergenza e di unità dell’umanità intera. Così i rappresentanti delle diverse religioni, dopo essere convenuti in un medesimo luogo e aver pregato ciascuno il proprio Dio, mostreranno di condividere i valori della libertà, della giustizia e della pace e si impegneranno a non lasciare “mai più” che venga utilizzato il nome di Dio per giustificare la violenza, la fede per alimentare l’intolleranza, la religione per fomentare il disprezzo dell’altro.

 

Le divergenze dottrinali permangono, così come permane la necessità di un lucido coraggio per discernere la violenza di cui le religioni possono essere – o sono state – portatrici e strumento. Occorre anche acquisire la consapevolezza che i monoteismi, in particolare, sono tentati dall’autosufficienza dogmatica, dal prevalere della concezionedella verità sulla verità stessa, dalla sua lettura con i parametri dell’unicità che demonizza differenza e alterità. Per questo i credenti non possono che trarre beneficio dal confronto con i non credenti in Dio e dalla comune ricerca di cammini concreti di giustizia e di pace.

 

Giornate come questa di Assisi sono il miglior antidoto alla dispersione e alla divisione di Babele: in un mondo che rifugge le differenziazioni ma esalta le contrapposizioni, un mondo che si abbevera di violenza e che, infranta la giustizia, si lascia tentare dalla vendetta, il fatto che uomini di ogni lingua, razza, popolo, nazione e religione si incontrino insieme per affermare con risolutezza il loro desiderio di pace è un segno di grande speranza e costituisce un pressante invito a tradurre in prassi quotidiana il messaggio di riconciliazione che da quell’evento scaturisce.

 

Enzo Bianchi