La Repubblica - 28 dicembre 2020
di Enzo Bianchi
Sta per concludersi un anno definito da molti, in particolare al momento gli scambiarsi gli auguri in vista del 2021, come un annus horribilis, un anno da dimenticare, un anno veramente brutto.
Ovviamente questo giudizio quasi unanime è motivato soprattutto dalla pandemia che ci ha colpiti al suo inizio, ci ha accompagnati lungo tutto il suo svolgersi e infuria tuttora, anche se all’orizzonte appare la possibilità della sua sconfitta grazie all’arrivo, speriamo imminente, del vaccino. Questa catastrofe, che ha causato in Italia oltre settantamila morti, non era da noi immaginata né prevista. È giunta e ci ha sorpresi, impreparati e impotenti, cogliendo soprattutto gli anziani, ma travolgendo la vita di tutti noi, così da unire le realtà più diverse in una sofferenza condivisa.
Ci siamo scoperti fragili, esposti a un contagio mortale; abbiamo dovuto assumere un regime di “clausura”, cambiare il modo di vivere le nostre relazioni quotidiane; molti purtroppo hanno perso il lavoro, conoscendo una situazione di povertà e talvolta di miseria, fino a poter contare solo sulla solidarietà di altre persone presso le quali sono giunti anche a farsi mendicanti di cibo. È stata un’esperienza lunghissima, per molti a caro prezzo, e non sappiamo ancora misurarne con precisione gli effetti sulla vita personale dei più fragili, dei più soli e deboli.
Anche i cristiani, in questo tunnel, non hanno avuto parole convincenti per spiegare e dare senso a tale evento sterminatore. Per grazia, non l’hanno più imputato a un Dio giudice che castiga i peccati degli umani, come tante volte hanno fatto lungo i secoli, non hanno proiettato sul loro Dio le immagini perverse di un Onnipotente che si fa supplicare; ma con tutti gli altri umani, viandanti come loro, hanno dovuto comprendere che in questi casi ci si salva insieme, con la cura e la custodia reciproca, con l’aiuto fornito ai più fragili. Non c’è altra salvezza se non nel fare il bene e nel tentare di amarsi. L’enigma del male, inscritto nella natura di questo mondo, è restato tale.
Ma non si può però dimenticare, accanto al male che ci viene dalla natura, quello che è opera delle nostre mani, il male di cui tanti uomini e tante donne soffrono per la violenza, l’ingiustizia e l’oppressione subite dai loro fratelli e sorelle in umanità: questo non è un enigma ma dipende dalla nostra responsabilità! C’è infatti il male che dipende dalle nostre omissioni: come non essere profondamente turbati dalla morte in mare, vicino a noi, di venti donne delle quale quattro incinte proprio nella notte della celebrazione della Natività?
Ma la speranza, seme deposto nel nostro cuore, non viene meno, ci sorregge e ci dà la forza per resistere al male e per ricominciare nel tempo che ci è dato da vivere misurandolo in anni. Cerchiamo dunque di combattere la paura con la fiducia e l’amore, camminiamo insieme sulle vie del nuovo anno e ancora una volta diciamo, con gratitudine, con le lacrime agli occhi o a denti stretti, sì alla vita. La vita di tutti noi, la vita quotidiana in cui si svolgono le nostre vicende di affetti e di comunità sociale, unica vita che ci è data e che nonostante tutto vale la pena di condividere insieme.