Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Anche Gesù si è fatto le domande di Qohelet ma non ha concluso che "tutto è vanità"

08/05/2021 00:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2021,

Anche Gesù si è fatto le domande di Qohelet ma non ha concluso che "tutto è vanità"

La Stampa

L'autore dell'ultimo libro dell'Antico Testamento è solitamente considerato l'araldo della "fuga mundi". Questo studio invece lo accosta a Gesù, come già fecero i Padri della Chiesa - "il nostro Ecclesiaste è Cristo" - in quanto maestri che insegnano "a credere in altro modo".

La Stampa - Tuttolibri - 08/05/2021

 

di Enzo Bianchi

Amo definire l’autore del piccolo libretto di Qohelet uno scettico fedele, uno scettico credente. Certamente scettico nella pratica e nella lettura degli eventi quotidiani che accadono nella vita delle persone, ma fedele e credente nel Dio che sta in cielo, Dio che non è sotto il sole, ma sfugge alle dimensioni dell’uomo, Dio che presiede alla storia, anche se ciò avviene in modo nascosto; Dio che resta giudice, anche  se l’esecuzione della sua sentenza non è immediata.

 

Qohelet rivela l’uomo nella sua verità, distruggendo ogni illusione di autosalvezza ed escludendo ogni possibilità di autogiustificazione. È forse un caso che questo libro sia cronologicamente l’ultimo dell’Antico Testamento ebraico ed il più vicino .al Nuovo? Qohelet porta l’uomo ad una tensione negativa massima, lo rende capace di situarsi nelle realtà penultime che lasciano spazio solo alle realtà ultime, anzi le richiedono come loro necessario seguito.

 

In Qohelet e Gesù. Credere in altro modo (San Paolo), il biblista Ludwig Monti raccoglie e per certi versi rilancia una sfida ambiziosa, quella di tentare non semplicemente l’ennesima lettura cristiana ma una lettura cristiana “altra” di Qohelet. Evitando di fare del sapiente biblico l’araldo della fuga mundi, come troppo spesso è avvenuto, Monti si dichiara convinto “che si debba e si possa andare più in profondità, partendo da rare ma esistenti intuizioni, ancora aurorali”. Prima fra tutte quella autorevole di Norbert Lohfink per il quale “Qohelet va visto come istanza critica contro i pericoli latenti nel discorso cristiano”. Quello che nei primi secoli del cristianesimo i Padri della Chiesa hanno espresso nel motto “il nostro Ecclesiaste è Cristo”, il biblista di Bose con lucidità e intelligenza lo intende oggi nel senso che Gesù Cristo ha fatto anche lui i conti con le domande e i problemi lasciati aperti da Qohelet: “li ha affrontati, pensati, solo in parte risolti, anzi spesso li ha trasformati in nuove domande”. 

 

Chi intendesse leggere Qohelet e Gesù come un commento del libro biblico si troverà invece tra le mani una sorta di partitura composta da “variazioni” sui temi maggiori che il sapiente di Israele propone, primo fra tutti il motivo conduttore “habel habalim”: “vanità delle vanità, dice Qohelet, tutto è vanità”. Anche Gesù, combattendo quella lotta anti-idolatrica che fa di un uomo un essere umano, si è scontrato con l’effimero e il fugace e talvolta con l’assurdo. Pure lui ha faticato a trovare un senso sotto il sole e per questo ha corso il rischio di trasformare la sua fame di vita in fame di vento. “Ma grazie alla sua lotta vittoriosa – osserva Monti – con lui e in lui ci può essere dato di comprendere che ‘tutto è realtà, assoluta realtà’. Da tutto infatti si può imparare, anche attraverso le valli oscure del vuoto e del non-senso, perché ‘la realtà è Cristo’ come scrive Paolo”.

 

Se “vanità delle vanità” è il leitmotiv di Qohelet, seguito a breve distanza dalla sentenza senza tempo “per ogni cosa c’è un tempo opportuno”, Monti offre profondi e suggestivi commenti a una dozzina di altri temi maggiori spesso e non a caso presentati in forma di domande: Che senso ha? Per chi mi affatico? Quale sapienza? Chi sa? È ancora possibile parlare? Chi consola il pianto degli oppressi? Quale Dio? Di ciascun tema viene offerta da prima un’esegesi rispettosa del testo ebraico (approfondita senza essere tediosa), grazie alla quale prende avvio uno spontaneo e libero dialogo tra Qohelet e Gesù, due maestri che insegnano “a credere in altro modo”, come recita il sottotitolo del saggio che al termine della lettura si rivela esserne in realtà il vero titolo.

 

Sì, Monti ha vinto la sfida da lui lanciata di una lettura cristiana “altra” di Qohelet. Una sfida che, di certo, non termina con questo libro ma che in ogni caso ha fatto un decisivo passo in avanti col quale ogni prossimo sfidante dovrà inevitabilmente fare i conti. L’ha vinta perché riesce a mostrare che il libretto di Qohelet può ancora aiutare  credenti “ortodossi” e credenti “in altro modo” a comprendere la vita in maniera più realistica e a fare percepire che la salvezza, la speranza, la fede non possono essere formule spesso vuote di uomini religiosi, ma sono realtà pagate a caro prezzo, perché sono grazia, nient’altro che grazia, derivante solo da Dio.