Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

La sfida della libertà è saperla praticare

10/06/2021 00:00

Paolo Ricca

Testi di Amici 2021,

La sfida della libertà è saperla praticare

Paolo Ricca

di Paolo Ricca

Mi sono chiesto perché la Fondazione Feltrinelli abbia chiesto proprio a me di intervenire, il prossimo 12 marzo, a Milano, nel quadro del ciclo “Brava gente” sul tema della libertà. So bene che molte altre persone, ben più qualificate di me, avrebbero potuto e dovuto essere invitate. Non ho trovato altro motivo plausibile perché questo invito mi sia stato rivolto se non la mia appartenenza alla Chiesa Valdese, di cui sono anche pastore.

 

Effettivamente, tra Valdesi e libertà c’è un legame molto stretto. Non solo e non tanto perché il 17 febbraio di ogni anno i valdesi celebrino una 'Festa della libertà', unica – credo – nel nostro paese (la Festa della Liberazione del 25 aprile ha un carattere un po’ diverso), per ricordare che quel giorno del 1848 ottennero dal re Carlo Alberto attraverso le sue Lettere patenti la loro emancipazione, cioè gli stessi diritti civili e politici degli altri “sudditi” dello Stato sabaudo, non però quelli religiosi, dato che i valdesi continuavano a essere “tollerati” nel cattolicissimo Regno del Piemonte e della Sardegna, nel quale – come recitava lo Statuto all’articolo primo – «la religione cattolica, apostolica romana è la sola religione dello Stato». Tutto il resto non è religione, ma “culti tollerati”.

 

La libertà religiosa sarebbe venuta, almeno sulla carta (ma quanto importante è quella carta!), solo cento anni dopo, con gli articoli 3 e 8 della Costituzione Repubblicana del 1948.

 

Sono molte le libertà che nella loro lunga e travagliata storia i valdesi hanno affermato e coltivato.

 

Ma ce n’è una che, fin dall’inizio nel lontano XII secolo e attraverso i secoli fino a oggi, è stata loro particolarmente a cuore: la libertà religiosa, appunto, che ovviamente ne comprende molte altre: la libertà di pensiero e di parola, di coscienza, di critica e di testimonianza non solo privata, ma anche pubblica, quindi anche la libertà di riunione, di associazione e di evangelizzazione, la libertà di cambiare religione o confessione, e altre ancora. In Italia, malgrado il fatto che sia contenuta nella nostra Costituzione, la libertà religiosa ha avuto e continua ad avere pochi sostenitori, tanto che il Parlamento italiano non è ancora riuscito a varare una legge sulla liberà religiosa, di cui oggi, in una società sempre più multireligiosa come la nostra, si avverte tanto più la mancanza. Per affermare la libertà religiosa e, con lei, tutte le altre, i valdesi hanno pagato prezzo molto alto. Molti altri lo hanno fatto, anzi innumerevoli sono, in tutti i tempi e in tutte le culture, i martiri della libertà. Per nessun altro valore come per questo, uomini e donne di tutti i paesi e di tutte le fedi hanno preferito perdere la vita piuttosto che rinunciare alla libertà, «ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta».

 

Questo è un aspetto del grande mistero della libertà, comunque declinata: da un lato è un’esigenza umana insopprimibile in quanto componente fondamentale, forse la principale, del valore stesso della vita, dall’altro, una volta faticosamente conquistata, è così facile perderla, o sciuparla, o non sapere bene che cosa farne. È però indubbio che la libertà, nelle sue tante articolazioni, sia ciò a cui ogni persona umana destinata e chiamata, come dice l’apostolo Paolo: «Siete stati chiamati a libertà» (Galati 5,13), è indubbio. La libertà è la vocazione dell’uomo. Lo dice bene il poeta francese Paul Eluard (1895-1952) in uno splendido poema intitolato appunto Liberté, i cui versi finali sono: «Per il potere di una parola, ricomincio la mia vita. Sono nato per conoscerti, per pronunciare il tuo nome: Libertà!».

 

Un altro aspetto del mistero della libertà è che essa è amatissima, quando si tratta della propria, e temutissima quando si tratta di quella degli altri: il padrone teme la libertà del servo, l’uomo teme la libertà della donna, il marito teme la libertà della moglie, i genitori temono la libertà dei figli, il generale teme la libertà dei soldati, il vescovo teme la libertà dei preti, il prete la libertà dei laici, e così via. Parola tanto amata e tanto temuta, nessuno vuole rinunciare alla sua libertà, ma quanto è difficile da gestire! Questa difficile gestione c’è chi l’avverte come fardello, perché libertà vuol sempre anche dire responsabilità, e non tutti ne sopportano il peso: c’è chi preferisce non essere libero per non sentirsi responsabile. C’è poi anche chi dice: “D’accordo! Viva la libertà, ma la libertà non si mangia!” È vero: nessuna libertà può sostituire il pane. Anche nel Padre Nostro, la richiesta del pane (“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”) precede la richiesta della libertà (“Liberaci dal male”). Ma è anche vero che “non di pane soltanto vivrà l’uomo” e che, come nessuna libertà può sostituire il pane, così nessun pane può sostituire la libertà: sono entrambi necessari, corrispondono entrambi a un bisogno vitale dell’uomo, benché di natura diversa: hanno però entrambi a che fare con le radici stesse dell’esistenza. Da tutto ciò risulta che il nostro rapporto con la libertà è ambivalente: da un lato non possiamo farne a meno, la desideriamo intensamente, la invochiamo e siamo smaniosi di possederla; dall’altro, quando l’abbiamo, facilmente ne abusiamo, e allora essa diventa licenza, arbitrio, prepotenza, sopraffazione, oppure la lasciamo cadere, non abbiamo il coraggio di diventare veramente liberi. La pratica della libertà è più ardua del sogno della libertà. E non si è liberi una volta per sempre: esserlo è un esercizio da imparare di nuovo ogni giorno.

 

La storia della libertà continua. Ci sono ancora, e sempre di nuovo, oggi nel mondo libertà negate, conculcate, calpestate, o anche solo minacciate, o controllate, o “normalizzate”, o boicottate in vario modo, o del tutto soppresse, in tutti gli ambiti dell’esistenza umana, individuale e collettiva, quello politico, sociale, culturale e religioso, non solo nei regimi più o meno teocratici, o autoritari, o apertamente dittatoriali, ma anche in quelli democratici, perché anche in questi ci sono libertà in pericolo che devono essere difese, e libertà non riconosciute che devono ancora esserlo. C’è poi tutto l’ampio capitolo delle libertà che nascono dalla fede in Dio che, nella visione cristiana, è «colui che ama nella libertà» (Karl Barth), quindi è, nella sua natura profonda, libertà di amare.

 

Dice infatti l’apostolo Paolo che «il Signore è lo Spirito, e dove è lo Spirito, ivi è libertà» (2 Corinzi 3,17). La libertà di amare, essendo divina, è la più grande di tutte:non si è mai tanto liberi come quando si ama.