Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

La Chiesa e le donne

03/02/2022 00:00

Anne-Marie Pelletier

Testi di Amici 2022,

La Chiesa e le donne

di Anne-Marie Pelletier

di Anne-Marie Pelletier*

Non parliamo di genio o complementarietà

 

L'identità fondante della Chiesa, insieme alla sua vocazione e missione, è I’unità. Questa qualità distintiva era l’essenza delle prime generazioni di cristiani, per cui è naturale per noi dover ripercorrere il giusto modo di vivere e di stare insieme in “un unico accordo”. Una serena armonia di cuori è il modo in cui il libro degli Atti (2,44-47) descrive lo stile di vita della prima comunità credente. Ed è anche ciò che deve tenere occupati tutti i cristiani durante il cammino verso la fine della vita, quando tutte le loro relazioni verranno trasfigurate. La relazione tra uomini e donne richiede conversione, ci chiama ad incontrarci, approfondire la conoscenza gli uni degli altri in modo da arrivare pacificamente alla comprensione reciproca. A questo proposito, non c’è dubbio che quello che stiamo vivendo è un momento kairos (critico). Ci invita a fare uno sforzo reale per essere lungimiranti, non solo per quanto riguarda ciò che sta accadendo nelle nostre società, ma anche per il modo in cui noi stessi viviamo la dimensione maschile e femminile all’interno del corpo ecclesiale.

 

Sappiamo che la questione dell’identità di genere è attualmente oggetto di un acceso dibattito sociale. La differenza tra i sessi, un fatto che ha certamente scosso la coscienza umana fin dall'alba dei tempi, non può più essere dimostrata solamente attraverso la biologia. Bisogna invece prestare attenzione al modo in cui uomini e donne si relazionano tra loro. Ciò che è essenziale fare adesso è identificare la parte che i costrutti sociali giocano nel modo in cui gli uomini e le donne vivono. E a questi costrutti sociali che mirano le teorie di genere se ben comprese e applicate, queste teorie aiutano a denunciare i pregiudizi antropologici e le pratiche che perpetuano la violenza sulle donne. Ma non c’è dubbio che, nelle loro forme radicali, i problemi son carichi di insidie, soprattutto quando si presenta la complessità di identità sessuale che può essere scelta individualmente o quando non se ne riesce a identificare facilmente l’origine.

 

La Chiesa cattolica naturalmente è preoccupata per tutto questo. Il problema è che non affronta le sue preoccupazioni in modo credibile. Ci sono ovviamente tensioni — accentuate dal sospetto - su come il discorso del Magistero sul tema delle differenze tra uomini e donne  sia veramente libero da pregiudizi e altri secondi fini. Perché è chiaro che l’istituzione ecclesiastica di oggi rimane una roccaforte della discriminazione tra uomini e donne che supera di gran lunga quella del resto della società. Basta aprire la porta di una chiesa per sperimentare questa impressionante realtà nella liturgia stessa. Anche con l’inclusione delle donne, lo spazio per la celebrazione rimane ancora prevalentemente maschile.

 

E il  Motu proprio di gennaio 2021 sui lettori e gli accoliti non fa che accentuare l’anomalia piuttosto scandalosa di un testo del 1972 che specificava che questi due ministeri — anche se non richiedevano l’ordinazione — dovevano essere riservati solo agli uomini. L’ossessione secondo la quale le donne non dovrebbero superare il confine simbolico che li  separa dal sacerdozio ministeriale sembra incomprensibile. Da qui la continua allerta per tenere le donne a distanza dall’altare, conservando un ordine di sacralità clericale che è fondamentalmente estraneo al Vangelo. La dimensione femminile sembra così aver raggiunto lo status di una necessità teologica, avendo quasi lo stesso impatto degli adempimenti profetici che leggiamo nei nostri testi evangelici.

 

E’ vero che non abbiamo più l’abitudine di considerare sistematicamente la differenza sessuale come deleteria per il femminile. Le donne oggi vengono viste sotto una luce positiva, vengono celebrate, glorificate, persino esaltate rispetto agli uomini. Nell’ ultima parte del XX secolo, abbiamo assistito alle dichiarazioni del Magistero sulla “ dignità  della donna”, arrivando persino a definirla “pedagoga”(maestra) dell’umanità” (cfr. l’inventario dei testi di papa Giovanni Paolo II redatto nel 1999 da Patrick Snyder, La femme selon Jean-Paul II, Fides).

 

In ogni caso, la complementarità dei sessi è ormai diventata una parola di moda. Il fatto è che la complementarità non fa che riproporre la tradizionale disuguaglianza gerarchica. Le donne vengono celebrate  per la loro interiorità, per la loro capacità di umiltà considerata mariana, per la loro volontà di servire (il “genio” del loro sesso, si dice), e così facendo vengono tenute a distanza di sicurezza dall’esercitare qualsiasi autorità attraverso la parola, l’insegnamento, la predicazione e la santificazione. Questo è soprattutto il caso della teologia moderna, che attesta le due dimensioni principali all’interno della Chiesa istituzionale: la prima è quella petrina, portatrice dell’autorità maschile fondamentale, e l’altra è quella mariana, le cui connotazioni mistiche si crede possano sovrastare la prima, ma dalla quale invece è  tenuta ben separata.

 

Questo problema — che manda in crisi gli uomini che non sono sacerdoti — dichiara che «l’elemento mariano nella Chiesa abbraccia l’elemento petrino senza pretese proprie». Maria funge da esempio e stimolo, lei che non ha mai «preteso di partecipare personalmente al potere apostolico» (per una presentazione e valutazione di questa teologia vedi L. Castiglioni, Filles et fils de Dieu. Égalité baptismale et différence sexuelle, Editions du Cerf, 2020). La formula che attesta che lei «possiede qualcosa di diverso e di più grande» può essere piuttosto fuorviante perché, se estesa a tutte le donne, dà il permesso alla Chiesa di eludere la realtà primaria e fondamentale della loro grazia battesimale che permette loro la piena partecipazione e comunione.

 

Pertanto, è chiaro che qualsiasi avventatezza con cui venga promosso un ruolo femminile specifico ha l'effetto perverso di consolidare la disuguaglianza tra uomini e donne nell’istituzione ecclesiastica. Cancella la vera realtà dell’ “uguagIianza dei sessi ” per usare un’espressione contemporanea, o, più precisamente, cancella il “tutti voi” delle Scritture, così evidente nella predicazione di san Paolo. Ignora il fatto che “tutti” si sono rivestiti di Cristo e hanno ricevuto una parte nella vita filiale (Gal 3,27), o che la famosa “sottomissione” associata alle donne nella lettera agli Efesini è prima di tutto una sottomissione reciproca tra tutti (Ef 5,21). Elude la verità scritta nella lettera ai Galati: «D’ora in poi, in Cristo Gesù  ... non c’è maschio e femmina» (Gl 3 ,28).

 

Tuttavia, è solo dopo aver onorato pienamente un ’identità battesimale comune a tutti che il discorso cristiano può finalmente proporre in modo convincente che gli uomini e le donne possono vivere la stessa realtà spirituale in modo diverso. Per attuare concretamente questa identità condivisa, la prima e urgente priorità é quella di rompere con le discriminazioni e le ingiustizie del passato che Cristo condannò con le sue parole e le sue azioni. Dobbiamo riscoprire la  generosità e la libertà della prima comunità cristiana annotati nelle lettere di san Paolo. E, come abbiamo scoperto in recenti studi, dobbiamo recuperare l ’equa  condivisione  delle responsabilità e dei doveri tra uomini e donne (vedi C. Reynier. Les femmes de Saint Paul,  Éditions du Cerf, 2020).

 

Questo fornisce una base per sostenere che l’alterità ( la diversità) sia non solo possibile ma venga anche compresa chiaramente. Il discorso della Chiesa può essere rilevante solo se prende le distanze dal discutere la quintessenza dell’assegnazione ontologica di alcuni a ruoli prestabiliti costruiti sulla base di pregiudizi che hanno soggiogato la condizione femminile. Dobbiamo tornare a ciò che ha di per sé un vero valore ontologico (la natura dell’essere). In questo caso, si tratta di un rinnovamento evangelico che si fonda sull’appartenenza di tutti all’ unico corpo di Cristo. Questo ribalta il presupposto che le donne, prima di tutto, abbiano “qualcosa in più” rispetto agli uomini; invece partecipano al tutto e vengono messe sullo stesso piano degli uomini.

 

Solo ripartendo da qui è possibile onorare la ricchezza della vita, con tutte le sue sfaccettature e i suoi doni. Solo da questo punto è possibile dare un volto differente alla costituzione e al modus operandi della Chiesa, incarnando finalmente la «multiforme sapienza» (polypoikilos) a cui si riferisce la lettera agli Efesini (Ef 3 ,10).  In poche parole, come Origine invitava a «consacrare la carità» per darle la sua verità, cosi noi dobbiamo consacrare il nostro discorso sui sessi parlando della loro portata solo dopo aver stabilito, e affermato risolutamente, un’unica identità battesimale  fondata sull’insuperabile dignità.

*L'articolo è stato pubblicaro sulla rivista Vita e Pensiero