Anche in occasione dei funerali di Berlusconi abbiamo assistito alla celebrazione del sacramento dell’eucaristia, cercando di contenere l’indignazione che saliva dal profondo e rattristandoci per la distanza dal Vangelo di quello che stava accadendo, distanza da quello che avevano vissuto Gesù e i suoi discepoli quando nel loro pellegrinare per le strade della terra di Israele incontravano un funerale, un morto accompagnato alla tomba.
I cristiani conoscono il limite della vita, la morte, come gli altri umani, e quando, con timore e tremore, cercano di raccontarla come incontro tra il morto e Dio si impongono un pudore nel parlare, nel manifestare il dolore. Ma soprattutto fanno sì che il funerale sia vissuto coram Deo, davanti a Dio, come una consegna a lui del corpo di un uomo, di una donna, che sfigurati dal pianto e affaticati dal mestiere del vivere confidano nel Signore mettendo la speranza solo in lui, chiedendogli la redenzione e di essere introdotti per sempre nella comunione divina e cosmica dell’amore che non verrà mai meno.
Per questo l’omelia deve essere Vangelo, nient’altro che Vangelo, buona notizia, come lo era sulle labbra di Gesù. Per questo sono proprio i poveri i primi clienti di questa giustizia che reintegra ciò che è stato loro sottratto mentre erano in vita. Il morto, che è il vero celebrante, chiede pietà, Kyrie eleison, perché comprende che il suo desiderio di vita ha potuto risultare sordo al desiderio di vita dell’altro, del fratello, può essere stato un desiderio di successo, di ricchezza, di amore senza mai tener conto del desiderio dell’altro, del vicino, del prossimo, del povero e dello scartato. Coloro che sono impegnati nel conseguimento del successo nella vita e che accumulano ricchezze si chiedono: “Dov’è mio fratello?”?
Così un’occasione del genere può trasformarsi in parata, in scena dal sapore idolatrico nella quale soprattutto il Vangelo sembra il grande assente.
Non faccio un discorso politico! Per Berlusconi prego chiedendo a Dio misericordia, per lui come per ogni altro, affinché conosca la gioia della comunione con Dio e con gli uomini. Ma che nel funerale di un personaggio importante, forse per magnificare i doni e i benefici accordati alla chiesa da lui e dal suo governo, si sia vissuto uno spettacolo, la vera scena di questo mondo che passa (proprio nel funerale, che è celebrazione di ciò che non passa!), questo è tristissimo, è una mortificazione della fede cristiana.
Ormai i funerali o sono celebrazioni della gente comune, celebrata spesso con malavoglia e nella “miseria” di un rito con pochi con pochi partecipanti, oppure manifestazioni mondane con ripetuti applausi, elogi del morto, omelie consolatorie senza buona notizia ma retoriche e spettacolari. Aveva ragione quel cardinale della mia giovinezza che diceva: “Dio eguaglia le nascite ma non le culle e tantomeno i funerali”.