di Piero Coda
«Ti chiedo che come prefetto dedichi il tuo impegno personale in modo più diretto alla finalità principale del Dicastero che è di “custodire la fede”». Questi il compito e la raccomandazione che papa Francesco consegna a Victor Manuel Fernández, sinora arcivescovo di La Plata (Argentina), contestualmente alla sua nomina a prefetto del Dicastero per la dottrina della fede. Lo fa in un messaggio indirizzato al nuovo prefetto che non è certo di occasione: perché esplicita con chiarezza e vigore il significato fondamentale dell’impegno a «custodire la fede» – titolo della lettera apostolica con cui lo stesso Francesco, l’11 febbraio dello scorso anno, ne aveva modificato la struttura – affidato al Dicastero. La custodia della fede non significa infatti innanzi tutto e semplicemente conservare un deposito di dottrina dato una volta per tutte, ma promuovere un’esperienza e intelligenza sempre più profonde e aderenti al cammino del popolo di Dio di quella verità che è al tempo stesso via e verità: essendo la verità – come attesta il Vangelo di Giovanni – la presenza sempre nuova e attuale del Cristo stesso alla nostra storia, nella luce e nella forza dello Spirito Santo.
Il «custodire la fede» s’esprime dunque nella fedeltà al Vangelo che è Gesù e nel costante e coraggioso impegno a trafficarlo «in conversazione con il contesto attuale in ciò che ha di inedito per la storia dell’umanità». Si tratta di «dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che puntano il dito e condannano». È questa la via, nella testimonianza e promozione della verità cristiana, che è conforme al Vangelo custodito e trasmesso dalla Chiesa e che il Vaticano II ha tracciato di fronte a noi. La teologia, quale intelligenza della fede in dialogo – recita la “Gaudium et spes” – con «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutto coloro che soffrono», ha da misurarsi su questo criterio di fondo. Perché – sottolinea papa Francesco – «ci manca un pensiero che sappia presentare in modo convincente un Dio che ama, che perdona, che salva, che libera, che promuove le persone e le convoca al servizio fraterno». Rispondere con convinta determinazione, e in spirito di comunione e servizio, a questa missione significa dare un contributo decisivo all’annuncio del Vangelo. Offrendo con ciò l’insostituibile contributo che è necessario per implementare con pertinenza e visione il complessivo cambio di paradigma – nel leggere la realtà, sempre più grande e sfidante di ogni idea – che il cambiamento d’epoca esige. E significa farlo col metodo giusto, quello del Vangelo, e non con quello, alcune volte persino «immorale» – sottolinea con parresia papa Francesco –, con cui talvolta lo si è fatto in passato: presumendo che la verità possa essere custodita e difesa mettendo tra parentesi il rispetto della dignità e la messa in valore della libertà umana, nella logica sempre e in ogni caso del primato dell’amore. E questo comporta non perseguire l’uniformità di un pensiero unico, ma adoperarsi affinché «le distinte linee di pensiero filosofico, teologico e pastorale, si facciano armonizzare dallo Spirito Santo nel rispetto e nell’amore».
Insomma: un compito sfidante, ma bello e affascinante quello a cui si è chiamati nel «custodire la fede» attraverso il servizio che il Dicastero della dottrina della fede svolge a servizio del Vescovo di Roma, il Papa, e in unità con lui di tutte le Chiese. E senz’altro – come papa Francesco non manca di rilevare – monsignor Fernández ha tutte le carte in regola per guidare su questa strada l’attività del Dicastero della dottrina della fede.