Il tradimento è un’azione che smentisce l’alleanza, il venir meno a un impegno di fedeltà, è un atto malvagio con cui si colpisce l’amico, il coniuge, il compagno. Termine già presente nel latino medievale, tradimentum trova la sua origine nel verbo latino tradere, consegnare.
Molte sono le forme di tradimento e nella storia vengono sempre annoverate tra le azioni più nefande e condannabili. Il tradimento è un tema ben presente nella tradizione greca, in quella romana, in quella ebraica e quindi giudaica. Chi non conosce il tradimento di Bruto nei confronti di Cesare, quello di Giuda nei confronti di Gesù e gli altri tradimenti testimoniati nelle storie dell’amore, tradimenti delle nozze e dell’alleanza matrimoniale?
Oggi c’è molta letteratura sul tradimento e le letture di Recalcati, di Galimberti, hanno destato e destano dibattiti e confronti. Quello che non sempre appare evidente, però, è che c’è tradimento e tradimento, ogni volta con un peso e una dimensione malefica diversa. I cosiddetti tradimenti non sono tutti uguali e non sono segnati dalla stessa gravità!
So il dolore che provoca il tradimento nelle storie d’amore, quando la fedeltà è infranta nel venir meno dell’impegno di un partner verso l’altro, soprattutto attraverso rapporti sessuali, ma mi sento di dire che questo tradimento non è il peggiore. Forse perché avviene spesso, forse perché è un cedere alla debolezza per un desiderio della carne, per la seduzione della bellezza, e il superamento, anche se difficile, è possibile o con il perdono o con l’accettazione di ciò che è avvenuto. Alla fine molto spesso viene considerato un episodio, un incidente di percorso perché questo tipo di tradimento non ha radici profonde.
Ma se “tradimento” conserva il significato di tradere, di consegnare, allora non è solo il venir meno della fedeltà (attraverso un non fare, un’omissione, un silenzio), è un’azione messa in atto consapevolmente contro qualcuno, pensato e identificato come persona da distruggere, da togliere di mezzo: ecco il vero e grande tradimento, come quello di Giuda, secondo il Nuovo Testamento. Il tradimento non viene mai dallo sconosciuto ma da chi è vicinissimo, dal più prossimo, da colui in cui ponevamo la nostra piena fiducia, in assoluta gratuità.
Non sappiamo le ragioni della nascita e dello sviluppo in un essere umano del proposito di tradire, ma resta il fatto che un discepolo, un compagno, un amico, una persona che viveva un’alleanza manifesta, un’intimità profonda a un certo punto si trasforma da discepolo in avversario, da amico in nemico che odia, da uomo con cui si spezzava insieme il pane e si beveva il vino della letizia in qualcuno che desidera la fine dell’altro. Questo è il vero “tradimento”, un evento che non accade mai con chi è sconosciuto o estraneo, ma con chi è più vicino e conosciuto.
Cosa succede perché si verifichi un tradimento del genere è un enigma grande, certamente appartenente al mondo della tenebra. Com’è possibile? Eppure è possibile, se guardiamo alla Passione di Gesù. Nulla trapela dalla comunità dei dodici, ma il potere religioso va a cercare Giuda. Attenzione: non è Giuda che va dai sacerdoti, ma è il potere religioso che lo contatta semplicemente perché sia possibile distruggere Gesù.
È questa la vera natura, il paradigma del tradimento: la consegna, e non una consegna per trenta denari, una consegna pagata, ma una consegna che viene ispirata dal profondo di un cuore abitato dal male, da Satana.
Giuda si fa chiamare da loro, dice la sua ostilità verso Gesù e l’alleanza è fatta. Chi aveva sempre odiato i sacerdoti adesso riesce persino a condividerne non tanto il guadagno quanto il desiderio e quindi consegna Gesù, accetta che lo distruggano. Gesù tenta ancora di far tornare Giuda in sé, di farlo pensare, gli ricorda il suo essere discepolo, amico, ma è inutile. E così Gesù è consegnato da un fratello al potere religioso perché questi lo distrugga. Giuda non ne aveva la forza, ma il potere religioso ce l’ha, ecco perché lo consegna. Gesù dice: “Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!” (Mt 26,24) e non c’è nessuna promessa di perdono, ma significativamente un suicidio. E attenzione, non si facciano discorsi di scusa, di comprensione o al contrario non si cerchino le ragioni del tradimento: è un fatto che solo Dio può giudicare! Non sono state le autorità del tempio a tradire Gesù ma gli amici, i compagni di viaggio, i discepoli più cari e più amati. C’è stato un momento in cui Giuda e gli altri discepoli hanno cambiato ottica, come se avessero inforcato un altro paio di occhiali. Hanno guardato Gesù con altri occhi e da quel momento è stato loro di scandalo!
Gesù certo era un maestro che sapeva suscitare il desiderio e lo rinnovava. Polarizzava la vita degli altri non attorno a sé ma attorno al Regno di Dio, aveva una parola convincente e irresistibile, un’autorevolezza (exousía) che i discepoli sentivano e della quale beneficiarono fino al giorno dello svelamento, del cambio di occhiali. Se prima i discepoli vedevano regnare l’amore, a un certo punto hanno creduto di veder regnare la menzogna e così hanno tradito, consegnato Gesù al potere religioso, agli aguzzini, agli uomini della legge e della condanna.
C’è tradimento e tradimento: tutti noi siamo stati dei traditori nella nostra vita tradendo le parole dette, smentendo l’impegno preso, venendo meno quando eravamo chiamati in aiuto dell’altro. Tutti noi siamo stati traditori anche nelle storie d’amore, perché se – come ha detto più volte Gesù – basta uno sguardo, un desiderio per compiere adulterio (cf. Mt 5,27-28), allora chi può dire di esserne stato esente? Ma il tradimento come consegna di un fratello, di un amico, al potere sia politico che religioso perché questo lo distrugga è il grande tradimento sul quale lasciamo a Dio l’ultimo giudizio: come per Giuda!
Resta l’enigma scandaloso, sconvolgente: com’è possibile?