di Blandine Ayoub
Christoph Theobald ha condiviso il 27 novembre scorso la sua esperienza come esperto sinodale a Roma, al sinodo che ha recentemente presentato un documento di sintesi. Video col dibattito:
Uno spirito di riforma
Christoph Theobald ci propone prima di tutto di ritornare con la mente all’immagine celebre del Vaticano II, l’immensa navata della basilica di San Pietro con le sue file di prelati e di chierici tutti bardati, e disposti a vari livelli in funzione del loro rango, prima di mostrare l’immagine del recente incontro sinodale, dove gruppi di una dozzina di persone, composti da ministri ordinati, religiosi e laici di entrambi i sessi, parlano attorno a 36 tavoli rotondi, in abiti ordinari: un altro mondo. (Notiamo che i teologi non sono stati inseriti sistematicamente in tutti i gruppi, come se facessero paura, ma hanno chiesto sull’Instrumentum laboris di essere inseriti).
Sono stati affrontati cinque moduli tematici successivi, declinati ogni volta in tre tappe, secondo una metodologia anch’essa molto moderna: un primo “giro del tavolo” in cui ognuno deve restare in silenzio ad ascoltare la persona che parla; poi un dibattito in cui ciascuno dice ciò che ha capito come risonanza; infine si stende una lista in quattro parti: ciò su cui si è d’accordo; ciò su cui non lo si è; gli argomenti che restano da approfondire; le proposte concrete che si possono già avanzare. La libertà comincia per il fatto di ascoltarsi gli uni gli altri, il che presuppone di darsene i mezzi: la sinodalità comincia qui, alla base. Christoph Theobald afferma il potenziale di auto-riforma della Chiesa. Constata una vera liberazione della parola, l’esperienza effettiva di una nuova comunicazione nella Chiesa, dopo il blocco su certi temi di cui era proibito parlare durante l’ultimo pontificato (come l’ordinazione delle donne); un clima nuovo permette di respirare e di esprimersi. Ha anche percepito una vera capacità di ascolto, forse perfino una apertura alla possibilità di cambiare opinione, in ogni caso una volontà di occuparsi degli argomenti, il che secondo lui costituisce già un inizio di riforma. E veri momenti di emozione hanno potuto essere condivisi in occasione di certe testimonianze.
Primo bilancio
Tra gli argomenti che fanno in genere oggetto di consenso generale si può citare la nozione di uguaglianza nella dignità battesimale tra tutti i cristiani, o una certa “continentalizzazione” della Chiesa cattolica per permettere di prendere in considerazione le differenze culturali. Le tensioni e differenze sono diverse: sull’ospitalità eucaristica; sul posto delle donne, sulla loro autorità nella Chiesa, sul loro accesso al diaconato; sul celibato dei preti, sul diaconato permanente, sulla partecipazione di preti che hanno lasciato il loro ministero dopo servizi legati alla pastorale; insomma, temi legati all’ecclesiologia, all’antropologia e agli stili di vita, in particolare la questione LGBTQIA+.
Le donne
Si è notato un ventaglio di punti di vista a proposito del diaconato femminile, che andava da coloro che vi si oppongono in nome della tradizione, a coloro che lo giustificano in nome della pratica accertata delle prime comunità, passando per coloro che vi vedono un segno dei tempi. Due commissioni hanno fallito nel trattare questo argomento, ma bisognerà pure arrivare ad una conclusione, come ha ricordato Timothy Radcliffe. C’è invece consenso sulla necessità di dare spazio alle donne nel governo.
Il governo e il diritto canonico
I tedeschi hanno svolto in questo un grande ruolo: i delegati del loro sinodo nazionale si sono molto ben inseriti nel processo, e sono stati applauditi; i loro apporti sono stati tenuti in considerazione nella sintesi finale: hanno fatto fare passi avanti al dibattito sulle questioni di trasparenza nel governo, di elezione e di controllo dei vescovi, del ruolo dei loro consigli, della separazione dei poteri – dato che oggi il vescovo è al contempo Padre e giudice, e cumula il potere dell’Ordine e quello della giurisdizione. Si è chiaramente manifestata la riformabilità, e la riforma del diritto canonico è sul tavolo: già avviata per quanto riguarda i problemi di delinquenza e di disciplina, avrà bisogno certo di molto tempo, sia che si proceda affrontando tutti i temi insieme, sia procedendo per parti successive, perché il lavoro è enorme.
I chierici
Nel 2015, il papa aveva espresso una tesi di base: la sinodalità è una dimensione costitutiva della Chiesa; ed è del resto la cornice più adatta per prendre in considerazione il caso del clero e dei ministeri. Resta la domanda: perché c’è un ministero ordinato? Alle scarse risposte del tipo: tutte le religioni hanno sacerdoti, o tutte le associazioni hanno responsabili, è più interessante vedervi il simbolo della convocazione da parte di Dio. Il che ci rimette comunque davanti al dibattito sistemico del clericalismo. L’idea di organizzare corsi di formazione comuni per chierici e laici è stata presentata come auspicabile. Ma siamo proprio solo agli inizi di un processo di cambiamenti giganteschi di cui la nostra generazione non vedrà sicuramente la conclusione.
Risonanze dalla base
Si constata un grande dinamismo proveniente dalla Chiesa dell’America Latina, in confronto ad una vera fragilità dell’Europa. Concretamente si pone la questione dei ministeri: alcuni catecheti sudamericani sono coloro che governano le loro comunità; ci si chiede se è sempre il prete che deve predicare, e perché non dei laici, uomini e donne? In maniera generale, si può constatare che si arriva a smuovere le cose poco a poco, utilizzando delle faglie – non facendo tabula rasa – il che implica ascoltarsi al di là delle forti divisioni.
In risposta ai colloqui, il papa propone di “promuovere una teologia del futuro”. Suggerisce una teologia induttiva, a partire dalle esperienze: si tratta di prendere sul serio il vissuto come luogo teologico, nella comunità e nella società; di pensare le esperienze, come si pratica in America Latina.
Gestione dei disaccordi
È chiaro che c’è un rischio di scisma con i tradizionalisti, tra cui ci sono alcuni vescovi che avevano espresso dei dubia prima del sinodo, e di cui un organo di stampa ha pubblicato illegalmente una versione non definitiva del documento finale per creare la divisione. La prima versione della sintesi finale è stata seguita da 1254 emendamenti, tutti esaminati (il che permette a Christoph Theobald una frecciata nei confronti dell’articolo 49.3 della Costituzione della Repubblica francese, che non brilla per spirito di dialogo democratico rispetto alla nostra vecchia Chiesa piramidale). Quanto al papa, aveva già avuto l’occasione di dire l’importanza che attribuisce alla “ricerca comune della verità” e che lui “non aveva paura degli scismi”.
Ciò che seguirà
Non c’era una vera rappresentatività intergenerazionale in questa sessione: è stato chiesto di invitare un numero maggiore di giovani rappresentanti delle nuove generazione, e di rafforzare la presenza ecumenica, nella prossima sessione.
Il documento finale di quarantuno pagine non sarà probabilmente mai letto nelle parrocchie: Christoph Theobald raccomanda di farne un riassunto pedagogico di cinque pagine per diffonderlo e promuoverlo. Propone anche di far leggere la prima parte del documento di sintesi per riflettervi fin d’ora nelle comunità parrocchiali, secondo il metodo della conversazione nello Spirito, poiché la sinodalità è un modo di fare Chiesa; il che presuppone una conversione delle mentalità, per la quale occorrerà tempo, ma “che è IL criterio”.
Resta da elaborare la cultura del dibattito, l’argomentazione, per non cadere in discussioni che portino a nulla – così come i principi dell’Azione cattolica (vedere, giudicare, agire) avevano ispirato all’epoca lo spirito del Vaticano II. Il ruolo delle scienze umane è stata chiaramente accettato nel processo; lo stesso termine di discepolo fa riferimento a colui che impara: la Chiesa, infatti, continua ad imparare, il che è particolarmente importante da riconoscere in questo periodo post-CIASE, e costituisce in sé un atto di fede. Guy Aurenche conclude:
“Possa la riformabilità della Chiesa e una libertà di parola ritrovata portarci verso la teologia del futuro, praticando la sinodalità della base nell’ascolto e nella fiducia, e aiutarci a porre gesti nella corresponsabilità battesimale, provando la gioia del cammino”.