La Repubblica - 11 Dicembre 2023
di Enzo Bianchi
Ogni anno verso la fine dell’anno civile giunge un tempo che i cristiani distinguono dallo scorrere quotidiano dei giorni e lo chiamano “Avvento”: tempo di attesa di una venuta, di una manifestazione desiderata che finalmente si imporrà nella storia con una novità inaudita: ci sarà un cielo nuovo e una terra nuova in cui regnerà la giustizia, l’amore reciproco, la pace.
I cristiani si impegnano in questa attesa a causa delle parole di Gesù che i suoi ascoltatori discepoli hanno compreso come l’annuncio di una dipartita ma di una conseguente venuta nella gloria per l’instaurazione del Regno di Dio...
C’è stato un tempo, non certo il nostro, in cui si poteva rispondere alla domanda: chi è il cristiano? Con le parole: “Colui che aspetta Gesù Cristo, la sua venuta!”. Abbiamo alle spalle più di due millenni di cristianesimo e lo dobbiamo confessare: quella speranza, quell’attesa dei primi cristiani che si sono sempre rinnovate nei secoli sono state tutte deluse. Cristo non torna, tutto va avanti come prima, il Regno di Dio non lo si vede e la promessa di giustizia, pace, salvezza sembra essere delusa, un bel sogno dell’umanità condannato a essere frustrato. Eppure in secoli diversi e in chiese diverse vediamo cristiani che per aspettare la venuta di Gesù Cristo vegliano durante la notte combattendo il sonno per essere pronti all’incontro con il loro Signore, ci sono stati cristiani che hanno consacrato la vita a una ricerca della sua presenza, all’ascolto della sua Parola, chiedendogli solo: Vieni Signore! Vieni presto!
Questa è esaltazione, follia? No, è semplicemente desiderio custodito e coltivato nel cuore e nel comportamento: ognuno di noi può essere il Regno di Dio annunciato da Gesù come veniente. Basta che lasci regnare solo Dio su di sé e dunque la sua volontà, che è amore, giustizia e pace, e impedisca ad altre presenze, gli “arcontes” di questo mondo di dominarvi. Ecco quando viene il Regno di Dio, quando tu vuoi, se tu vuoi su di te! Ma questa certezza della fede non toglie l’ansietà, la speranza disperata della ragione per la quale Gesù Cristo ritardi la sua promessa rendendo il nostro esilio da lui faticoso e insopportabile. Forse abbiamo capito male e lui non ritorna... Ci sono uomini e donne che si consumano in questo desiderio, che nella notte si svegliano e si alzano a gridare “Signore vieni!”, chiedendo alle sentinelle (ma oggi ci sono ancora?): “A che punto è la notte?”.
L’Avvento è un tempo decisivo per la crescita della fede del cristiano che purtroppo fa parte di quella massa stordita e astenica che non aspetta più nulla. E chi non aspetta più nulla che irrompa nella sua vita è come se fosse già morto. Chi ci ha fatto precipitare in questo clima dell’assenza, dello spegnimento del desiderio? Ormai i cristiani più devoti pensano all’avvento come tempo di preparazione al Natale (un evento già avvenuto duemila anni fa!), altri attendono la venuta del Messia con la stessa indifferenza con la quale si aspetta un tram – diceva Ignazio Silone –, e altri sanno solo più desiderare lo scambio di regali, le luci di città, e magari la neve sulle montagne...
Ma attendere è un sentimento essenziale all’umanizzazione, all’edificazione dell’uomo che sa sperare e se attende può solo farlo con gli altri. Simon Weil l’aveva capito bene: “L’attesa è la forza della vita cristiana!”.