La grande novità del Sinodo è la partecipazione di tutto il popolo di Dio in un ascolto reciproco
Pubblicato su: Vita Pastorale dicembre 2023
di Enzo Bianchi
Occorre essere sinceri: dopo la pubblicazione della Sintesi finale dei lavori del Sinodo (4-29 ottobre 2023), le reazioni nel popolo di Dio sono state caratterizzate da un interesse piuttosto debole. E secondo gli osservatori più attenti i risultati sono stati accolti con delusione. In molti, infatti, c’era l’attesa non di novità straordinarie, ma almeno di indicazioni del cammino da percorrere per la maturazione nel tessuto ecclesiale di alcuni temi che, da decenni, si sono imposti come problemi urgenti e che attendono una risposta.
Così non è stato. E forse non poteva essere altrimenti, perché era necessario prendere consapevolezza della non facile convergenza e della forte polarizzazione esistente tra i cattolici e tra le Chiese dell’oikouméne cattolico.
Abbiamo anche assistito al conflitto (fuori dell’aula sinodale, per quanto ne sappiamo) tra un’agguerrita minoranza tradizionalista, che vede in questo Sinodo un tradimento della tradizione cattolica, e il corpo della Chiesa che, unito al Papa, è convinto che il futuro del cristianesimo nel Terzo millennio dipenderà dall’assunzione della forma, dello stile sinodale nel vivere la Chiesa. Purtroppo, anche alcuni cardinali e vescovi, privi del senso della comunione che è il loro primo mandato, hanno aperto le ostilità nei confronti di Francesco, in modo scomposto e indegno della responsabilità loro affidata. Si è giunti ad accusare il Papa di non essere fedele custode della tradizione e di assumere posizioni eretiche, in contraddizione con il magistero dei Papi precedenti. Né si dimentichi chela parola “scisma” più volte è rimbalzata come accusa o come probabile esito imminente della situazione conflittuale.
Dunque, l’anno che ci attende in vista della sessione finale del Sinodo (ottobre 2024), si prospetta di fatica e di travaglio: si tratterà, infatti, di operare un approfondimento dei temi emersi, che attualmente suscitano forti divergenze d’opinione. Occorrerebbe, secondo me, cercare di impegnare in modo più esteso e convinto le comunità e le parrocchie nella riflessione e nell’ascolto reciproco su alcuni – pochi – temi scelti.
Non possiamo dimenticare che, secondo i dati riportati da una diocesi del Nord Italia, l’ottanta per cento non è stato coinvolto né informato su questo processo-evento così importante per il futuro della Chiesa. E, quindi, è anche urgente che esegeti, teologi, canonisti... diano il loro contributo e siano ascoltati. La relazione di sintesi chiede anche l’istituzione di una commissione preliminare alla revisione del diritto canonico. Anche se non si prospetta in tempi brevi, è una revisione da effettuarsi urgentemente: l’indicazione è molto importante perché se alle parole – fossero anche quelle del Papa – non seguono procedure giuridiche coerenti con il diritto canonico, qualunque innovazione e decisione rimane solo sul piano dei semplici auspici.
Non dimentico che il Sinodo voluto da Francesco aveva lo scopo di conoscere, discernere, stabilire cosa sia la sinodalità ecclesiale per poterla innestare nella Chiesa affinché sia vissuta; ma resta vero che l’attenzione dei mass media e anche di molti fedeli s’è concentrata su alcuni temi che sono dibattuti, in modo più o meno forte e sentito, nelle Chiese cristiane. Una richiesta, che viene ripresentata da anni da parte di alcune Chiese che vivono una situazione di penuria e mancanza di pastori in comunità nelle quali anche l’eucaristia è celebrata raramente, è quella di ordinare uomini sposati, dotati di una preparazione adeguata all’evangelizzazione e alla presidenza. Uomini maturi, magari uomini che hanno esercitato il diaconato, in ogni caso uomini uxorati come accade nella Chiesa cattolica di rito orientale.
Per la Chiesa latina sarebbe una novità, ma ormai nessun fedele si scandalizzerebbe nel vedere un presbitero che vive una vita di coppia e di famiglia.
È stata presentata anche la proposta di rendere il celibato facoltativo per i presbiteri, ed è vero che il celibato è una legge ecclesiastica, non è condizione necessaria al sacramento dell’ordine. Forse la prassi da adottare potrebbe essere quella delle Chiese ortodosse, che chiedono al candidato di fissare prima il proprio stato (nel matrimonio o nel celibato) e poi procedono all’ordinazione. Il celibato resterebbe così il dono prezioso del Signore alla sua Chiesa e non smentito terrebbe viva la tradizione della Chiesa latina. Su questa problematica si era discusso al Sinodo dell’Amazzonia e i padri sinodali si erano espressi a grande maggioranza in favore dell’ordinazione di uomini uxorati, ma il Papa non ha ritenuto di aprire a tale innovazione.
Accanto a questa richiesta saltuariamente ricompare anche quella dell’accesso delle donne al ministero.
Il Papa è convinto dell’urgente necessità del riconoscimento della donna nella Chiesa e per questo, per la prima volta nella storia della Chiesa cattolica, ha dato la possibilità a donne di accedere a posti di governo nella curia romana. Ma l’accesso al ministero mai è stato giudicato possibile da tutta la tradizione della Chiesa cattolica e delle Chiese ortodosse.
Esegeti e teologi, dopo studi e ricerche, hanno affermato che nulla ostacola il conferimento dell’ordine alle donne, ma la Santa Sede e il magistero attuale hanno sempre ribadito l’impossibilità di tale esito, dichiarando che non è in potere della Chiesa compiere questa apertura, avendo Gesù scelto come apostoli soltanto i dodici. E così il tema-problema non è neppure più presente nella Sintesi. Per ora la discussione è chiusa. Ma va detto che al di là del diktat di Roma, il popolo di Dio oggi è impreparato a tale soluzione e la maggioranza non desidera né vuole che le donne accedano al ministero. Anche per il diaconato la decisione di rimandare a nuove ricerche non mi sembra di buon auspicio.
Resta, infine, come problematica tutta la materia dell’antropologia, soprattutto sessuale, radicalmente mutata negli ultimi tempi, soprattutto in Occidente.
Oggi c’è un nuovo sguardo sulla sessualità e sull’orientamento sessuale della persona. Che cosa deve dire la Chiesa? Siamo sinceri e non ideologici: non è facile!
Perché abbiamo le sante Scritture che condannano con chiarezza la relazione omoaffettiva, abbiamo i rimproveri dell’apostolo Paolo e la tradizione della Chiesa che, fin dall’inizio, ha chiesto ai cristiani un comportamento sessuale differente da quello dei pagani, ma conforme all’alleanza fedele tra Dio e il suo popolo.
Per altro verso, noi oggi siamo in grado di riconoscere che in tutte le relazioni affettive ci sono pepite d’amore, dunque energie divine. Non tutto è male!
Non sarebbe possibile almeno benedire i fermenti di amore presenti in una relazione anche quando non è conforme alla legge? E poi perché questo prurito di indiscrezione sulla persona, che è sempre più grande della sua sessualità o del suo essere ibrido? Sì, le Chiese del Nord Europa ormai permettono la benedizione delle unioni omoaffettive stabili e fedeli. Ma se si benedicono le stalle, gli animali, le moto e perfino le armi perché non invocare la benedizione di Dio anche su quei frammenti di amore presenti nelle storie d’amore degli umani?
Intercessione, non sacramento!
Non sappiamo cosa desideri il Papa. La novità è che il popolo di Dio è stato ascoltato. Il Sinodo resta Sinodo di vescovi, al Papa resta l’ultima parola, ma tutta la Chiesa ha parlato e si è fatta ascoltare.