La Repubblica - 29 Luglio 2024
di Enzo Bianchi
Siamo nel tempo delle vacanze, il tempo che vorremmo dedicare al riposo, ma facilmente dimentichiamo che per riposare occorre soprattutto il silenzio. Nella nostra società, come scrive Max Picard, “l’uomo è diventato un’appendice al rumore”, non conosce quel silenzio di cui ha assolutamente bisogno per ritrovare la propria umanità. Più che mai si deve riscoprire l’antichissima arte di “ascoltare il silenzio”: impresa certo non semplice se già Eraclito diceva dei propri simili che erano “incapaci di ascoltare e quindi di parlare”. Da allora ci illudiamo di aver compiuto passi in avanti nella capacità di parlare, ma in realtà la nostra parola ha perso autorità e forse proprio per la mancanza del silenzio da cui deve essere generata.
Abbiamo bisogno di una pedagogia all’ascolto autentico e alla comprensione di ciò che sentiamo e quindi è innanzitutto necessario ascoltare il silenzio. È significativo che nella tradizione spirituale dell’occidente sia attestato che l’arte oratoria ha per madre il silenzio e per padre la solitudine. Solo il silenzio, infatti, rende possibile l’ascolto, l’accoglienza non solo delle parole pronunciate ma anche della presenza di colui che parla. Il silenzio è linguaggio che esprime l’autorevolezza di chi prende la parola, è abilitato ad essere il linguaggio dell’amore, accompagna la parola conferendole una grande capacità di penetrazione.
Purtroppo oggi il silenzio è raro, è forse la realtà maggiormente assente nella nostra giornata: siamo bombardati da messaggi sonori e visivi, i rumori ci derubano della nostra interiorità e le parole stesse vengono immiserite dal loro essere urlate, ridotte a invettive o slogan ripetuti inutilmente. Ormai è diventato insopportabile assistere a quello che in teoria dovrebbe essere un “dialogo” o un “confronto” televisivo: prevale l’abitudine di alzare la voce per sopraffare, addirittura per coprire la parola dell’interlocutore. E così il necessario ed elementare ritmo che comprende silenzi alternati alla parola viene stravolto, occupato da parole urlate. E, per chi assiste, il programma che dovrebbe offrire occasioni per pensare, conoscere opinioni e visioni diverse della realtà, diventa un’intollerabile esibizione urlata.
Sì, il silenzio è più che mai necessario e nel tempo delle vacanze può essere più facile che si presentino occasioni per viverlo: in passeggiate nei boschi, sui sentieri delle montagne, o in riva al mare, al mattino o al tramonto. La natura silenziosa ci accompagna a praticare un silenzio che sa ascoltare le voci di ogni creatura e in quei momenti è anche possibile percepire il “non detto” che, come “parola degli altri”, ci risuona nel cuore come un’eco delle nostre relazioni.
So bene che il silenzio, come la solitudine, a chi non lo pratica può fare inizialmente paura e ispirare angoscia, ma occorre dare tempo anche al silenzio di diventare una realtà che possediamo e della quale disponiamo per la nostra umanizzazione.
È certamente cosa triste – e non ne comprendo il motivo – che venga ignorato dalla maggior parte delle persone che oggi ci sono ancora “uomini e donne del silenzio” nelle certose, nelle trappe e negli eremi, esseri umani che vivono in continuità l’esperienza umanissima di ascoltare il silenzio. Incontrando costoro forse capiremmo di più che il silenzio è linguaggio, non è mutismo, ed è relazione, comunione che non conosce barriere.