Pubblicato su: Vita Pastorale ottobre 2024
di Enzo Bianchi
In questi giorni di ottobre si svolge la Seconda e ultima sessione del Sinodo voluto da papa Francesco sulla "sinodalità" e iniziato nell'ottobre del 2022 con un processo contrassegnato dall'ascolto. Molte sono state e sono forse ancora le attese, ma è notevolmente cresciuto il numero di cattolici che da questo Sinodo non si attendono proprio nulla. E alcune indagini — anche se i risultati sono stati subito occultati perché apparivano gravemente deludenti — lo hanno attestato clamorosamente.
Qualcuno, come il teologo spagnolo Jesús Martinez Gordo, fin dall'inizio aveva manifestato il timore che il risultato fosse "un aborto". E oggi dobbiamo con realismo rileggere cosa ha permesso che questa splendida e profetica intuizione di Francesco non ottenesse i risultati prefissati dal Papa e sperati da molti.
Ma si può dire la verità? E noi cerchiamo di dirla dopo aver osservato, aver ascoltato, aver considerato ciò che si è vissuto come Sinodo in molte Chiese locali, non solo in Italia ma anche in Europa.
Occorre riconoscere, innanzitutto, che un buon numero di vescovi non ha risposto con convinzione e partecipazione a questo cammino sinodale. Molti nelle loro diocesi non hanno presieduto a iniziative e impegni sinodali. Stanchi per Sinodi precedenti senza significativi risultati, stanchi di celebrare degli eventi, non hanno neppure aperto un vero e propria cammino sinodale nella Chiesa locale. E non l’hanno richiesto ai parroci come indicazione da viversi nelle parrocchie. Appartenenti allo stesso corpo gerarchico, anche i presbiteri nella maggior parte dei casi non hanno neppure informato del Sinodo in corso i loro parrocchiani. E in molti casi si può comprendere: il presbitero o il parroco che celebra la messa per una decina di persone nelle diverse chiese da raggiungere di corsa la domenica non parla a tali assemblee (ma si possono definire tali?) del Sinodo. È già tanto che faccia memoria di Gesù Cristo e commenti un frammento di Vangelo!
È così che i fedeli si sono trovati "senza Sinodo". Quante volte alla fine di una conferenza in parrocchia chiedevo ai presenti come vivevano il Sinodo e la risposta era che non erano stati informati dell'evento in corso! Certo, gli addetti ai lavori ci sono sempre e cantano a voce alta... Erano e sono questi che hanno vissuto l'equivoco del Sinodo. Sì, equivoco, e non cerchiamo a chi attribuirne la colpa. Perché il papa Francesco, con chiarezza, più volte si era espresso dicendo che questo Sinodo era sulla sinodalità, cioè doveva verificare il processo stesso del camminare insieme, nella convinzione che la vita della Chiesa, per essere comunione, dev'essere vissuta in sinodalità: nell'incontrarci, nell'ascoltarci, nel discutere insieme, nel discernere nella potenza dello Spirito per giungere a una convergenza che possa, attraverso il prótos, l'autorità del Papa, diventare indicazione forte per la Chiesa.
Ma si faccia attenzione: questa ricerca sulla sinodalità a opera del Sinodo non doveva e non dovrebbe significare venerazione dei metodi sociologici da applicare nel suo svolgimento. Purtroppo, gli esperti di metodo non sanno riconoscere quando devono arrestarsi per lasciar posto allo Spirito, alla grazia, a ciò che non corrisponde ai "metodi di comunicazione" soltanto, ma anche alla libertà dello Spirito.
Ma se è vero che il Papa continuava a insistere che il Sinodo è sulla sinodalità, soprattutto nella fase di ascolto si invitavano i cristiani coinvolti a proporre nuovi modi di vivere la Chiesa, forme diverse per i ministeri, accesso delle donne ai ministeri, e mutamenti della visione etica della sessualità. In molte Chiese locali si è parlato del Sinodo solo in riferimento a queste possibili riforme, a questi temi appena accennati e non discussi nella prima sessione. E così le attese e le illusioni sono cresciute.
Ancora adesso, nonostante il Papa abbia dichiarato che non si discuterà né dell'accesso delle donne ai ministeri (neppure al ministero del diaconato) e che non ci sono novità riguardo alla morale sessuale, molti sono convinti che con questa sessione si permetterà un ministero uxorato e il diaconato delle donne. Ecco la delusione, o meglio il venir meno dell'illusione. E, dunque, per molti l'impasse nel quale il Sinodo si viene a trovare. Questo il malinteso! Invece, quello che ci aspetta dopo l'ultima sessione è la fase della ricezione da parte del popolo di Dio.
E qui mi permetto di ridire, ancora una volta, che andrebbero ascoltati di più i teologi. E bisognerebbe invitarli a dedicarsi assiduamente allo studio di quei temi che sono assolutamente determinanti per la ricezione del Sinodo. Le Chiese locali devono diventare consapevoli di essere il "popolo di Dio"; occorre che si conosca e si riconosca il sensus fidei che abita i fedeli battezzati e li guida infallibilmente verso la verità; occorre che una pneumatologia, intesa come teologia dello Spirito santo che anima la Chiesa, sia sentita come il respiro quotidiano dei credenti nella storia.
Il Sinodo non si conclude con la fine di ottobre. E guai se si pensasse che bisogna voltare pagina per celebrare il Giubileo. Di celebrazione dell'evento in celebrazione dell'evento senza mai vivere e profetizzare l'evento, si annulla la storia della salvezza. Sì, confessiamolo, questo non è un momento facile per la Chiesa cattolica. È un'ora in cui rischia di tornare dominante un clima di depressione e non di speranza. Ma non basta che l'imperativo del Giubileo sia "la speranza non delude", occorre ancorarsi alla speranza ed esercitarla con responsabilità quale attesa del compimento delle promesse. Il Signore viene, e viene presto e la Chiesa può accelerarne la venuta se è la sposa bella che lo chiama: "Vieni Signore Gesù!". Ma se è distratta, se lascia che, al posto della grazia di Dio che è lo Spirito santo, i criteri siano quelli umani delle diverse scienze, allora la sua fiducia sta, ancora una volta, nell'ambito del "terrestre che non può dare salvezza!".
Dunque, la ricezione è la fase che deve impegnare la Chiesa nel dopo Sinodo. E "ricezione della sinodalità" significa fare della Chiesa una adelphótes, una fraternità (cf 1Pt 5,9) e così ogni comunità parrocchiale diviene una fraternità nell'esistenza quotidiana. Senza fraternità non si accende e non si dilata la fede; senza fraternità non c'è Chiesa di Cristo, ma solo un'aggregazione religiosa. È significativo che il discorso sulla sinodalità sia stato accompagnato da tutto un magistero sulla fraternità che, avendo al centro Cristo, si dilata per tutta l'umanità senza muri, senza barriere, senza confini, ma piuttosto con ponti, con tunnel significativi di comunicazione tra le diverse culture e i diversi popoli. La Chiesa cattolica ha questa vocazione: radunare tutti i popoli nella concordia e nella pace, perché la vocazione dell'umanità è diventare il figlio di Dio, figlio nel Figlio!