La Stampa, 14 marzo 2012
di ENZO BIANCHI
Quando Dio, guardando ad Adamo ed Eva, ha esclamato che era “cosa molto buona”, si è rallegrato e si rallegra ancora e sempre dell'amore autentico
La Stampa, 14 marzo 2012
Nel Cantico dei cantici vi è anche la faccia terrena, umana dell'amore. Un aiuto alla sua comprensione ci viene dalla celebre espressione di Tertulliano, caro cardo salutis, “la carne è il cardine della salvezza”: è con questo corpo che l'essere umano si salva, è con questa carne che riceve la carne di Cristo affinché l'uomo sia divino. Nel cristianesimo non ci dovrebbe essere angoscia nei confronti della sessualità, né cinismo verso il corpo: questi, infatti, è realtà voluta da Dio. Allora il Cantico è cantico dell'amore terreno, ma sempre visto di fronte a Dio. Fin dal primo movimento del poema troviamo un versetto decisivo: la nascita dell'amore porta a essere gli uni per gli altri. “Il mio amato è per me e io sono per lui” ricalca la formula dell'alleanza per eccellenza: “Voi siete per me il mio popolo e io sarò per voi il vostro Dio”. E san Paolo nella Prima Lettera ai Corinti afferma: “Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo”, facendo poi discendere la resurrezione proprio dall'alleanza tra il Signore e il corpo. Nel Cantico c'è l'eloquenza dell'amore nato e cresciuto che diventa alleanza: è un amore tra una ragazza e un ragazzo, non tra sposa e sposo, ma questo dovrà essere celebrato nell'alleanza, preciso segno dell'amore di coppia. È un amore terreno ma incastonato in un patto: “Il mio amato è per me e io sono per lui”.
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Più avanti il racconto assume un tono di “notturno”, ricco di elementi di sogno, come nei Notturni di Chopin o nel “Sogno di una notte di mezza estate” di Mendelssohn: i due amanti ora sono lontani. È un sogno? Nella vicenda d'amore, proprio perché l'amore non è mai un incontro effimero e passeggero, si instaura la distanza; proprio perché l'amore è una vicenda c'è la possibilità dell'assenza. Sì, a volte è possibile l'esilio, la rottura, la separazione, ma proprio allora può nascere un'altra dimensione: quella dell'attesa, della ricerca reciproca. Questa zona “notturna” all'interno del Cantico potrebbe essere la crisi, il confronto, la verifica, il momento di riconoscersi e accettarsi dopo l'entusiasmo iniziale che è sempre pieno di fuoco e di passione: è il momento di amare in modo diverso.
La lontananza non è negativa nell'amore: quando si è lontani ci si cerca, si è abitati dal desiderio, questo sentimento che strugge e ferisce e che pure è così necessario all'amore. Non è una disgrazia l’esilio, la distanza, lo stare ogni tanto lontani l’uno dall’altra, anche nell’amore più fedele. Nel desiderio dobbiamo semplicemente aspettare, aspettare e ancora aspettare, e soffrire indicibilmente per la separazione: dobbiamo esercitarci al desiderio, perché così possiamo sperare di vivere con consapevolezza la relazione, la comunicazione, la comunione con le persone che amiamo. Nell'amore è così importante amarsi anche a distanza! E non si dimentichi che se c'è un riflesso dell'amore umano nell'amore per Dio, questo lo si può trovare nel desiderio, perché l'amore per Dio proprio su questa linea si attesta: Dio è invisibile, Dio è sempre al di là di tutto, è quasi assente, lo cerchiamo sempre, il nostro è un quaerere Deum e la sua è una presenza elusiva. Noi siamo sempre in esilio, lontano dal Signore, il nostro è sempre un amore a distanza, e solo chi ha vissuto un amore umano a distanza, con la separazione e il distacco, sa cos'è questo elemento di nostalgia sempre presente nell'amore per Dio.
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L'amore è incontro di due amanti, tra un io e un tu; in questa relazione duale l’amante chiama regina l’amata, questa chiama re l’amato, l’amata è unica: “Unica è la mia colomba ... Tu sei come l'aurora, bella come la luna, fulgente come il sole...” L’amante che viene meno per lo sguardo le dice: “No, non guardarmi, distogli i tuoi occhi, non resisto” E l’amata risponde: “Il tuo palato nel baciarti è vino dolce ... Io sono per il mio amato e la sua brama è verso di me” (Ct 7,11). Questo è un versetto capitale che capovolge la constatazione di Genesi 3,6, dove si dice alla donna: “Verso l'uomo sarà la tua brama, ma lui ti dominerà”: qui l'orizzonte è quello finale, non l'orizzonte della storia con tutte le violenze e i soprusi vissuti nell’amore e verso le donne, soprusi di cui non siamo abbastanza consapevoli; qui è narrata la brama dell'uomo verso la donna, è cantata la reciprocità della brama, dunque la reciprocità dell'amore.
Infine, alcune parole che non si riesce a capire da chi siano pronunciate: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore”. È la terza parola di questo amore umano: dopo l'alleanza (“Io sono per lui, lui è per me”), dopo l'unicità (“Unica è la mia colomba”) ecco che l'amore va sigillato: unico l'amore, unica l'alleanza su cui è posto il sigillo delle nozze. “Perché l'amore è forte come la morte, tenace come l'inferno, fuoco divorante, fiamma divina”: è questa l'unica volta che compare un’allusione a Dio nel Cantico, e compare legata all'immagine dell'amore fuoco divorante, fiamma divina. Davvero l'amore cantato dal Cantico è amore umanissimo, terreno ma l’amore è in se stesso divino, eterno, capace di ingaggiare un duello con la morte. Quando Dio, guardando ad Adamo ed Eva, ha esclamato che era “cosa molto buona”, si è rallegrato e si rallegra ancora e sempre dell'amore autentico, terreno ed erotico come quello descritto nel Cantico, l'amore di un ragazzo e di una ragazza, di un uomo e di una donna, l’amore di due amanti che anche celebrando l’amore nella liturgia dei corpi raccontano che l’amore vince la morte e va oltre la morte. Nessun amore andrà perduto, ma sarà per l’eternità.
Enzo Bianchi
Pubblicato su: La Stampa