XXI Convegno Ecumenico Internazionale
di spiritualità ortodossa
LE ETÀ DELLA VITA SPIRITUALE
Bose, mercoledì 4 - sabato 7 settembre 2013
in collaborazione con le Chiese Ortodosse
Bose, 4 settembre 2013
Amatissimi metropoliti e vescovi,
amatissimi padri,
cari amici e ospiti!
Con vera gioia rinnovo il saluto di benvenuto mio e della comunità a voi tutti, per questo convenire insieme radunati dalla Parola del Signore, che sempre ci chiede l’ascolto, l’obbedienza della fede, affinché si realizzi nelle nostre vite il comandamento di ritrovare la comunione voluta dal Signore. È la Parola del Signore che chiede di discernere la sua presenza nelle vicende della nostra vita e anche nell’incontro tra fratelli e sorelle, qui, in questi giorni («dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro», Mt 18,20).
Nelle passate edizioni siamo più volte ritornati sui temi della trasmissione della vita secondo lo Spirito nella paternità spirituale, sulle crisi che richiedono una vera e propria lotta lungo il cammino della santità, sulla destinazione dell’uomo e di tutte le cose alla trasfigurazione in Dio. Lo scorso anno abbiamo meditato sul rapporto tra l’uomo e la creazione di Dio; sul comandamento di custodire e imporre un nome a tutte le creature, cioè umanizzarle, animate e inanimate.
Perché, forse ci chiediamo, dedicare ora un convegno alle età della vita spirituale?
Il tema di quest’anno ci riconduce a meditare su quella creatura che è l’uomo, sul segno che il passare tempo lascia nel nostro corpo, nella nostra mente, nel nostro cuore, ma anche nella nostra vita spirituale. Il nostro desiderio è approfondire sempre più questo legame tra vita umana e vita nello Spirito santo.
Quasi cinquant’anni fa usciva a Parigi un libro di Pavel Evdokimov, Le età della vita spirituale, che ha ispirato la scelta del tema di questo convegno. Il libro di Evdokimov era percorso dal desiderio di rintracciare nella tradizione spirituale ortodossa il volto di una santità capace di entrare in rapporto con Dio e con l’umanità, di essere “depositaria della filantropia divina” (Gregorio di Nazianzo), dove l’uomo spirituale, il cui occhio puro guarda tutti gli uomini con la stessa sympatheia, si rallegra di tutto l’universo e desidera soltanto amare.
Il passaggio da un tempo a un altro della vita è l’esperienza più comune ma spesso più difficile da vivere. La cultura contemporanea, presa tra l’idolatria di un’immutabile giovinezza e la rimozione della vecchiaia e della morte, sembra aver smarrito i confini tra le età della vita, e rinviare a un indefinito futuro le decisioni dell’età matura. Nella comprensione dell’oriente cristiano, la vita spirituale è essenziale per un’autentica maturazione umana. Mettersi in ascolto dei padri, della sapienza dei monaci del deserto, significa esercitarsi a ritrovare il senso del tempo che viviamo. Significa declinare una spiritualità matura, mostrare come la fede cristiana sa parlare a tutte le età della vita, sa entrare nella storia degli uomini e delle donne di ogni tempo, svelare il senso del passare del tempo; così è trasmessa la speranza attraverso la catena delle generazioni.
Oggi assistiamo a un depauperamento di alcune dimensioni fondamentali del rapporto con le stagioni della vita.
La perseveranza e la fedeltà si svuotano di contenuto; domina l’orizzonte ristretto di un tempo alienato: il tempo dell’«esperienza», del «tutto e subito», del «vivere alla giornata», della dittatura delle emozioni, con un dilettantismo che crea l’uomo e la donna instabile. Crea «l’uomo di un momento», secondo l’espressione della parabola che ci viene tramandata da Matteo (cfr. Mt 13,21; Mc 4,17).
Questa frenesia del momento presente tradisce un’incapacità profonda di vivere l’oggi in tutta la sua pregnanza, ricco del passato e gravido del futuro.
Ma per ogni cristiano c’è un oggi nel quale si deve ascoltare la Parola che viene realizzata nella vita (Lc 4,21); un oggi in cui si sperimenta la remissione dei peccati di tutte le nostre esistenze in Cristo (Lc 19,9); l’oggi della promessa di Cristo per una comunione nel regno dopo la morte (Lc 23,43). La vita del cristiano appare allora come un oggi davanti a Dio; un oggi che diventa sempre il tempo favorevole (cfr. 2Cor 6,2), quel tempo che Dio apre per il ritorno alla comunione con lui, attraverso la comunione cosmica con tutte le creature (cfr. 2Pt 3,9; Ap 2,21).
È questo oggi che segna, giorno per giorno, il passaggio delle età della vita per ogni cristiano. Antonio nel deserto, ormai anziano e venerato come padre spirituale, ripeteva ai sui discepoli: «Oggi io ricomincio!». Oggi ricomincio da capo, oggi obbedisco, ascolto la voce del Signore, oggi realizzo le promesse che io ho fatto, la parola che io ho dato! Così si rivela libero dal passato, ma senza rinnegare il passato; libero dal futuro, ma senza alienarlo; libero per vivere l’oggi di Dio.
Questa libertà di vivere il tempo nella compagnia degli uomini è anche il segno autentico di una vita umana spesa per amore dei fratelli e dunque per amore di Dio. Questo è il segno della vera vita spirituale attraverso le varie età nella vita di un uomo, in cui il cristiano è semplicemente invitato a vivere “di inizio in inizio per inizi che non hanno mai fine” l’avventura dello Spirito. Questa espressione di Gregorio di Nissa ci accompagni in tutto il convegno.
Grazie.
Enzo Bianchi