Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Tolleranza zero sul clericalismo

03/06/2019 01:00

ENZO BIANCHI

Riviste 2019,

Tolleranza zero sul clericalismo

Jesus

Pubblicato su: Jesus - Bisaccia del mendicante - Giugno 2019

 

di Enzo Bianchi

Più nessuno ormai nega che nella chiesa cattolica si viva con molta fatica e molta sofferenza. Ogni giorno si registrano contrapposizioni gravi tra credenti, contestazioni pesanti alle parole e alle azioni di papa Francesco, mentre sui mass media vengono denunciati abusi sessuali o scandali finanziari ad opera di uomini di chiesa. L’istituzione ecclesiastica è sempre più screditata e soprattutto verso i presbiteri si è accresciuta una diffidenza che a volte appare addirittura “pretofobia”, paura dei preti.

 

Molti si chiedono cosa stia succedendo nella chiesa e sono tentati da una disaffezione che spegne ogni senso di appartenenza alla comunità dei discepoli di Gesù Cristo. Sappiamo anche quanto impegno sia stato dispiegato in questi ultimi anni per contrastare questo scandalo e per contenere il più possibile tali comportamenti delittuosi, criminali che sono anche contraddizioni gravissime al messaggio del Vangelo predicato. Da più parti si è giunti a invocare o decidere la “tolleranza zero”, espressione che, pur efficace nell’evocare l’indispensabile severità, resta non conforme all’agire cristiano che sa e deve condannare il male, operare per contrastarlo, arginarne la diffusione, curare le ferite da esso procurate alle vittime, ma sempre esercitando misericordia verso il peccatore.

 

Ormai si è anche giunti a spostare la battaglia sull’identificazione delle cause di una tale crisi morale nella chiesa, dimenticando che simili comportamenti delittuosi sono sempre stati presenti e che oggi – a differenza dei tempi passati – emergono con maggior frequenza ed evidenza perché nel mondo occidentale si è affermata una nuova cultura: cultura della trasparenza, della lotta contro ogni omertà, della difesa delle vittime, cultura dell’affermazione dei diritti contro ogni pretesa di esenzione dal giudizio da parte di chi detiene un’autorità.

 

È possibile che la rivoluzione sessuale degli anni sessanta del secolo scorso abbia contribuito a scatenare gli abusi là dove una certa ideologia proponeva una libertà sessuale senza regole, ma non dobbiamo dimenticare che gli abusi erano una realtà attestata all’interno delle stesse famiglie, tra gli educatori, nel mondo sportivo e tra i religiosi e i preti: tutto però avveniva tragicamente senza possibilità reali di denuncia.

 

Certamente il clericalismo, quale potere deviante, può indurre a un “divorare giovani prede”, ma è soprattutto l’immaturità ad abusare dei piccoli. Questo chiama in causa la responsabilità di chi è chiamato a discernere l’idoneità dei candidati al presbiterato, che non può essere ridotta alla propensione per comportamenti devoti e religiosi, ma deve essere misurata sulla maturità affettiva e sessuale di una persona.

 

Molte voci si alzano per chiedere l’abolizione del celibato come legge per i presbiteri, ma personalmente fatico a vedervi la soluzione del problema, soprattutto quando è il clericalismo che ingenera i comportamenti abusivi: clericalismo significa un tipo di autorità che riconosce solo subordinati in una società ineguale, una società nella quale ad alcuni è dato di dirigere e condurre tutti gli altri, i quali devono solo essere condotti come gregge docile che segue i suoi pastori; clericalismo significa sempre una scissione nel corpo ecclesiale e si nutre di un’affermata superiorità dei presbiteri sui battezzati, esercitata attraverso il “potere sacro”. Ciò che è servizio ai fedeli viene invece concepito e vissuto come potere da esercitare: così in un’ottica elitaria ed esclusiva il clericalismo non permette che l’autorità ecclesiastica sia discussa e giudicata ma anzi autorizza l’esenzione dall’indagine e dalla critica.

 

Può darsi che una nuova visione mondana della sessualità possa aver indebolito i freni inibitori e reso meno cogente l’esigenza dell’etica sessuale cristiana, ma questa crisi – che ha radici ben più lontane nel tempo – non va letta in modo superficiale né tanto meno incolpando sbrigativamente il mondo esterno alla chiesa: occorre assumere ogni responsabilità ecclesiale, individuare le radici del clericalismo, ristabilire un discernimento vigilante e severo sulle vocazioni e, tutti insieme, impegnarsi nel cammino di conversione alla spirito mondano al Vangelo. Questo impegno è un arduo cammino sinodale, in cui tutti i battezzati sono e devono sentirsi responsabili in prima persona della testimonianza del Vangelo di Gesù Cristo.