Il Blog di Enzo Bianchi

Il Blog di Enzo Bianchi 

​Fondatore della comunità di Bose

La trappola dell’unità

07/02/2022 13:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2022,

La trappola dell’unità

La Repubblica

Non solo abusi sessuali nella chiesa, anche gli abusi spirituali-psicologici rappresentano un pericolo nelle comunità così come nelle famiglie

La Repubblica - 07 febbraio 2022

 

di Enzo Bianchi

Siamo tutti convinti che la chiesa vive una situazione drammatica a causa degli scandali soprattutto gli abusi sessuali che oggi emergono e ricevono una decisa condanna dell’opinione pubblica, che certamente non legge più questi delitti come li leggeva cinquant’anni fa. Nelle chiese come nella società, soprattutto negli spazi educativi, in quelli di lavoro come in quelli familiari, gli abusi sessuali sono una realtà frequente che finalmente spinge a interrogarsi sulle strutture, sul sistema che li permette o addirittura che li fomenta. Ma accanto a questi delitti andrebbero anche presi in considerazione gli abusi spirituali-psicologici ben più frequenti, con giustificazioni tradizionali praticate da secoli nella chiesa, attraverso la copertura di un’ideologia che li vuole far rientrare nell’“eroismo della santità”. Questi abusi sono attestati non solo in seminari e comunità religiose, ma anche nei rapporti personali tra il direttore spirituale e la persona che ha chiesto questo aiuto per uno sviluppo della sua vita cristiana. Sono convinto che questo sia un terreno veramente minato che richiede oggi più che mai la revisione della spiritualità tradizionale, l’esercizio del discernimento e soprattutto quello della libertà di coscienza.

 

Nella vita di un gruppo, ma in modalità diverse anche nella vita di una famiglia, il bene dell’unità può diventare facilmente una trappola che impedisce pensieri e atteggiamenti diversi, che chiede uniformità e spegne ogni possibile creatività e libertà personali. Significativamente è in nome dell’unità che si finisce per diffidare dei rapporti esterni con chi non appartiene al gruppo, fino a considerarsi non capiti e perseguitati dal mondo esterno. La comunità, il gruppo,  la famiglia devono proteggersi da sguardi e parole di altri, devono sentirsi compatti. Questa volontà di uniformità porta a controllare l’informazione, a non dire tutto ma solo verità parziali, a essere ossessionati dall’imposizione di “cose segrete” che non devono essere comunicate all’esterno… Queste sono derive settarie anche se rivestite di religiosità e giustificazioni spirituali.

 

In una spiritualità dell’obbedienza davvero evangelica, il superiore di una comunità non è mai il termine ultimo dell’obbedienza ma è solo una possibile occasione di obbedienza al Vangelo. Quello che il superiore dice non è parola di Dio, anche se Dio può anche parlare attraverso di lui, come del resto tramite quello che dice l’ultimo componente della comunità. Ogni comando del superiore va necessariamente interpretato, chiede discernimento e va respinto se contraddice il Vangelo, come già scriveva Francesco d’Assisi! Chi propone l’“obbedienza cieca”, o “l’obbedienza come quella di un cadavere” è veramente stolto perché questo è negazione di ogni libertà e di ogni responsabilità. Certo il fervore, la lettura e la citazione acritica dei Padri del deserto, voci di un radicalismo entusiastico quanto irreale, possono portare a questa comprensione dell’obbedienza, ma nulla di tutto ciò è coerente con il Vangelo e con la ragione umana, assolutamente indispensabile in ogni nostro pensare e agire!

 

La volontà del superiore non è la volontà di Dio e la rinuncia alla propria intelligenza è un gravissimo peccato, perché significa omissione di discernimento.

 

Il priore della Grande Certosa, p. Dysmas de Lassus, in uno straordinario libro, Schiacciare l’anima, appena pubblicato in Italia, esamina con chiarezza gli abusi spirituali nella chiesa, ma da questa lettura possono imparare anche quelli che vivono in famiglia e in ogni altro ambito comunitario, perché pressioni per una pretesa di assoluta trasparenza, pressioni per impedire la libertà dell’altro, diffidenza verso l’esterno, limitazioni del comportamento altrui sono possibili ovunque si vive insieme.