Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

L’utopia della giustizia vale anche se fallisce

17/02/2022 00:00

ENZO BIANCHI

Conferenze 2022,

L’utopia della giustizia vale anche se fallisce

ENZO BIANCHI

Storia del medico bielorusso “rivoluzionario errante”

Espatriò a 25 anni, come tanti suoi connazionali oggi

La Stampa - Tuttolibri - 05 febbraio 2022

 

di Enzo Bianchi

Hic jacet Lumpatius Vagabundus (qui giace un mendicante vagabondo) è l’epigrafe mai scritta che Nikolaj Sudzilovskij (1850-1930) avrebbe voluto incisa sulla sua tomba, accanto all’epitaffio tratto da una lettera a lui indirizzata dalla sorella Evgenija: “Ma sotto quale cattiva stella sei nato? Nessuno è bravo quanto te nell’affrontare nuove imprese, per poi vederle fallite”. L’epigrafe e l’epitaffio mai incisi sono la più efficace sintesi dell’incredibilmente avventurosa e singolare vita di Sudzilovskij, il medico di origini bielorusse che nella Russia zarista prima e poi attraverso quattro continenti (Europa, America, Oceania, Asia) lottò strenuamente per gli ideali della giustizia sociale e della solidarietà, combattendo battaglie civili e politiche dalle quali non uscì mai vincitore.

 

Claudio Facchinelli ne ricostruisce la storia in Lumpatius Vagabundus, Sulle tracce di Nikolaj Sudzilovskij medico rivoluzionario, edito dalla piccola ma vivace casa editrice Gaspari. L’intento di questa pubblicazione, come dichiara da subito l’autore è quello “di far conoscere un personaggio molto particolare, sotto molti aspetti eccezionale, del quale in Italia soltanto pochissimi hanno sentito parlare”. Testimone degli eventi che hanno preceduto e seguito la Rivoluzione d’Ottobre, per Facchinelli  Sudzilovskij la incarna la figura del rivoluzionario errante. Igna, grazie alla quale l’autore lo conobbe, così lo definisce: “Un personaggio che il regime non ricorda volentieri … Non molti lo conoscono, ma potrebbe essere un nostro eroe nazionale”.   

 

Nicolaij Sudzilovskij nasce a Mogilёv il 15 dicembre 1850 città dell’attuale Bieolorussia occidentale. A ventitre anni diventa capo della Comune di Kiev, una delle prime associazioni socialiste studentesche nate in Russia che presto diventerà il polo di riferimento per i rivoluzionari di tutta la Russia, iniziando ad attirare nella lotta organizzata gli operai delle fabbriche e dei cantieri. A causa degli ideali e dell’attività rivoluzionaria è braccato ovunque dalla polizia, fino ad essere costretto a lasciare la Russia. Inizia così a vagabondare per dodici anni per l’Europa inseguita dalla polizia fuggendo all’arresto e alla deportazione: in Russia non farà più ritorno.

 

Nei tre anni vissuti negli Stati Uniti (1887-1889), Sudzilovskij diventa punto di riferimento della popolazione slava, non solo come medico, ma anche per la sua azione di difesa dei poveri e degli oppressi. Il suo ideale utopico del mito dell’America, patria della democrazia e dell’uguaglianza, presto si infrange. In particolare ripugna lo sfrenato individualismo degli americani che lo porterà a scrivere: “Tutta la nostra democrazia è superficiale, ha sì e no lo spessore di un millimetro. L’America è una miscela puramente anglosassone di avidità insaziabile, crudeltà brutale e fanatismi ipocrita”.

 

Nel periodo hawaiano (1892-1892) di Nikolaj Sudzilovskij – ormai definitivamente Nicholas Russel – inizialmente tralascia l’impegno politico e si dedica alla medicina e all’agricoltura, ma di fronte  allo sfruttamento dell’etnia locale ritrova voce la sua anima rivoluzionaria sensibile ad ogni forma di ingiustizia. Da vita a circoli rivoluzionari nei quali illustra alla popolazione locale i principi e i contenuti delle opere di Marx, favorendo con il tempo la nascita di un partito che sostiene l’indipendenza delle isole dagli Stati Uniti e una riforma fiscale e sanitaria. La comunità dei Kanaka Maoli lo elegge il “dottore Russo” al senato e  nel febbraio 1901 diventa capo del parlamento della repubblica delle Hawaii. Ma i suoi progetti per migliorare la vita degli indigeni falliscono e l’anno seguente si dimette e riprende la sua vita da vagabondo, riprendendo il cammino per rincorrere altre utopie.

 

Giunto in Giappone elabora l’ultimo più audace e utopico dei suoi progetti: raccogliere circa quarantamila soldati russi ex prigionieri giapponesi, ormai trasformati in convinti rivoluzionari, e marciare verso la Siberia per liberare i prigionieri politici russi ivi deportati. Per la reazione del governo zarista, il progetto fallisce clamorosamente e Nikolaj Sudzilovskij sente che la stagione del rivoluzionario militante è conclusa. Nel 1921 si trasferisce in Cina, a Tianjin, dove muore nel 1930.

 

Presentato la figura di questo intrigante personaggio, Facchinelli ha il merito di non consegnare all’oblio una vita di intensi ideali che, a quasi un secolo di distanza, resta intatta in quel particolarissimo tipo di eloquenza che rimanda all’attualità, dove il passato si rimodella, spesso crudelmente, nel presente.