Il Papa rilancia la pietà popolare alla luce del Vangelo
Col rischio che venga politicamente strumentalizzato
La Stampa - Tuttolibri - 02 aprile 2022
di Enzo Bianchi
«Come pensare che sia cancellata dalla devozione del rosario la dimensione antislamica che ne è stato una dei grandi vettori di diffusione e che ne ha accompagnato la presentazione fino alla metà del Novecento? Come ritenere rimossa dal culto al Cuore immacolato di Maria la valenza anticomunista che l’ha caratterizzato in maniera esclusiva per decenni? Come distaccare l’immagine di san Giuseppe dall’ideologia del lavoratore “contento del poco e del suo” che per un secolo ha inestricabilmente mescolato la pietà Giuseppina con la dottrina sociale cattolica? Come distinguere il Sacro Cuore di Gesù dalla tradizione controrivoluzionaria che ne ha fatto il proprio emblema per tutta l’età contemporanea». è a queste domande che risponde con l’abituale competenza e precisione l’ultimo saggio dello storico delle religioni Daniele Menozzi, Il potere delle devozioni, Pietà popolare e uso politico dei culti in età contemporanea, Carocci editore.
L’autore parte da una duplice costatazione: il conclamato uso politico delle più cattoliche devozioni e, al tempo stesso, il rilancio della pietà popolare voluta e attuata da papa Francesco. Come tenere insieme l’appropriazione politica e la volontà evangelizzatrice che, con intenzioni opposte, ricorrono entrambe al “potere delle devozioni”? La conoscenza della storia è, come sempre, la via obbligata per evitare ambiguità, ingenuità, confusioni e deviazioni. «Un passato rimosso non trascina inevitabilmente con sé le sue scorie?», domanda con acume Menozzi.
In modo tanto analitico quanto appassionante per chi ama la storia, il volume ripercorre la forte politicizzazione delle più importanti forme di pietà tra metà dell’Ottocento e metà del Novecento: l’Immacolata Concezione di Maria contro la modernità liberale; il culto di San Giuseppe nella sua veste di patrono per la Chiesa aggredita dalla rivoluzione; l’intronizzazione del Sacro Cuore nelle famiglie per restaurare la società cristiana; la nazionalizzazione di san Francesco “il più italiano dei santi”; Fatima e il Cuore immacolato di Maria per sconfiggere il comunismo.
In questi ultimi anni, l’emergere dei movimenti populisti ha portato con sé lo spregiudicato uso politico da parte dei diversi leader dei principali culti che negli ultimi due secoli hanno segnato la vita religiosa dei cattolici. Nel nostro paese, a fini elettorali e propagandistici, il segretario nazionale della Lega ha più volte ostentato i simboli religiosi e, ricorda puntualmente Menozzi, nel 2018 per la conclusione della campagna del voto per il Parlamento europeo «dopo aver invocato i santi patroni d’Europa, affida, sventolando il rosario, l’Italia al Cuore immacolato di Maria, che, asserisce “sono sicuro ci porterà alla vittoria”». Lo storico ricorda inoltre come, più recentemente, all’inizio del 2021, il leader leghista distribuiva «un rosario benedetto nel santuario di Fatima dove Salvini si era recato per manifestare la sua volontà di consacrare l’Italia al Cuore immacolato di Maria». Il panorama internazionale dimostra che la politicizzazione dei simboli religiosi non è un fenomeno elusivamente italiano, ma anche europeo – Austria, Francia, Polonia, Ungheria – e mondiale: nel maggio 2019 il presidente brasiliano Jair Bolsonaro ha consacrato il paese al Cuore immacolato di Maria. I leader populisti di destra si sono deliberatamente impossessati dei simboli religiosi e «se ne servono – precisa Menozzi – come marcatori culturali che giudicano funzionali alla promozione di politiche identitarie a sfondo nazionalistico».
La problematica si fa particolarmente gravida di significati dal momento che, contemporaneamente, papa Francesco fa della pietà popolare uno degli elementi maggiori del suo progetto di “Chiesa in uscita”, capace rispondere alle esigenze e alla sensibilità del popolo di Dio e al suo sensus fidei. Ne è esempio il recente anno dedicato a San Giuseppe dove il papa argentino ha raccordato la tradizionale devozione al padre di Gesù secondo la Legge con i temi che caratterizzano il suo ministero petrino. In ogni caso, per Menozzi, «si pone il problema delle carenze dell’attrezzatura culturale con cui si affronta il tema della promozione della pietà popolare che il papato di Francesco ha posto all’ordine del giorno». Per configurare la pietà popolare in armonia con gli indirizzi evangelici di papa Francesco, l’autore puntualizza la necessità di “risemantizzare” ogni iniziativa devozionale e questo può avvenire solo con una solida conoscenza critica del passato e con una maggiore considerazione della storia dei culti che è profondamente intrisa di significati politici che, di volta in volta, le autorità ecclesiastiche hanno loro attribuito in relazione alle precise situazioni storiche in cui le hanno promosse. Agli occhi dello storico delle religioni i significati politici che soprattutto il magistero papale ha dato nel corso del XIX e XX secolo ad alcune tra le principali forme della pietà cattolica non può essere ignorato, sottovalutato e ancor meno rimosso, con comode quanto deleterie rimozioni della memoria. Menozzi avverte con forza che «non appare fuori luogo ipotizzare che l’insistenza papale sulla pietà religiosa possa dare un aiuto, per quando involontario, all’operazione di coloro che se ne vogliono servire a scopi elettori, partitici e più latamente politici».
Il caso ha voluto che questo libro che contiene l’ultimo e ampio capitolo dal titolo “Sconfiggere il comunismo: Fatima e il Cuore immacolato di Maria”, fosse edito negli stessi giorni in cui papa Francesco annunciava l’intenzione di consacrare al Cuore Immacolato di Maria l’intera umanità e in particolare l’Ucraina e la Russia, consacrazione poi avvenuta il 25 marzo scorso. La personale sensibilità ecclesiale ulteriormente edotta e corroborata da questa lettura mi ha fatto ancor più comprendere le ragioni del turbamento di non pochi credenti (cattolici e appartenenti alle Chiese della Riforma) alla notizia della consacrazione, così come mi ha chiarito l’esultanza del mondo tradizionalista cattolico e l’immediata adesione di un determinato ambiente politico. Non sarò stato certamente l’unico lettore del saggio di Menozzi ha cogliere la necessità di operare un profondo discernimento per non ricorrere a forme di pietà ormai troppo politicamente strumentalizzate, ma a frequentare nuove forme di preghiera a Maria, la Madre del Signore, fondate biblicamente e condivise ecumenicamente, soprattutto quando sono legate all’attualità politica e sociale. Riconosco, tuttavia, che papa Francesco ha saputo reinterpretare quell’atto di consacrazione alla luce del Vangelo e dell’umano più autentico, trasfigurando una ambigua forma di pietà in una preghiera autenticamente evangelica. Comunque, la grande efficacia intellettuale del saggio di Menozzi non sola resta intatta ma acquisisce ancora maggior forza dall’intenzione con la quale l’autore ha elaborato la sua opera: «La ricostruzione del processo, positivamente fondata sui documenti, non intende solo portare alla luce vicende spesso misconosciute, vuole anche concorrere ad un discernimento, più avvertito perché più consapevole delle risonanze derivanti da un passato ricco di implicazioni politico-sociali, sul rilancio della pietà popolare e sull’uso politico dei simboli religiosi nell’odierno dibattito pubblico».