Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Padre Enzo Bianchi: "La guerra è aliena dalla ragione. I cristiani non possono che porgere l'altra guancia"

16/04/2022 01:00

Davide D'Alessandro

Testi,

Padre Enzo Bianchi: "La guerra è aliena dalla ragione. I cristiani non possono che porgere l'altra guancia"

Intervista a Padre Enzo Bianchi di Davide D’Alessandro

Intervista all'ex priore e fondatore della Comunità Bose. "L'invito di Papa Francesco al cessate il fuoco almeno il giorno di Pasqua non verrà accolto. L'azione della chiesa cattolica è molto più debole che in passato". Il monaco e saggista definisce "inspiegabile" il totale appoggio del Patriarca Kirill all’azione di Putin.

Huffpost - 16/04/2022

 

Intervista a Padre Enzo Bianchi

 

di Davide D’Alessandro

Non c'è Bose senza Padre Enzo Bianchi e se Bose continua a esserci, nell’immaginario collettivo, è perché il fondatore continua a esserci anche senza esserci. Non è un gioco di parole. È un sentimento antico che li associa dal 1965, dalla posa della prima pietra della Comunità, è un legame che nessuno potrà recidere. La separazione lo ha certamente turbato, ma la fede ne sorregge lo spirito e la parola. Nella Settimana Santa, nei giorni di Crocefissione e Resurrezione, ho voluto sentirlo. Siamo costretti a una Pasqua offesa da tanto dolore, un dolore che chiama, per essere fronteggiato, alla verità e alla speranza. Lui le conosce entrambe.

 

Padre Bianchi, intanto come sta?

 

“Bene, ma a 80 anni so di non avere molto tempo davanti”.

 

Dove vive ora?

 

“Vicino Torino, ammirando la Basilica di Superga”.

 

Dovesse spiegare a un giovane che cos’è la Comunità di Bose, come la definirebbe?

 

“Un luogo dove dei cristiani, di diversa confessione, cercano di vivere il Vangelo in via monastica, ispirandosi al monachesimo antico, fenomeno laicale, non ecclesiastico. Restano laici, fanno vita comune e cercano un dialogo con tutta l’umanità attraverso ospitalità e ascolto. Senza esenzioni e senza privilegi, lavorano perché vi sia fratellanza tra gli uomini”.

 

Il 30 gennaio scorso c’è stato il passaggio di consegne, da Luciano Manicardi a Sabino Chialà. Che mi dice del nuovo Priore?

 

“È entrato in comunità da giovane, è diventato monaco nel 1989, l’ho fatto studiare prima a Torino, poi a Lovanio. È un patrologo molto bravo, ben preparato. Credo che farà bene il Priore”.

 

In che cosa consiste l’esperienza del deserto, oggi, per noi?

 

“Il deserto è un’esperienza di silenzio e di solitudine, ma per tante persone è un’esperienza maledetta, di silenzio negativo, abitato da rumori, dove non può sgorgare parola vera e autentica. È diventato un luogo desolato. Non è un deserto che abbia la promessa di trasformarsi in giardino. L’ atmosfera è malata, la terra è malata, gli uomini non riescono a vivere la pace e la fraternità tra loro. Siamo avvolti dalle tenebre”.

 

Quanti morti tra pandemia e guerre! Il lutto è tornato prepotentemente a bussare alle nostre porte. Come si elabora un lutto?

 

“In questi ultimi anni la morte sembra regnare più di prima. Avevamo cercato di rimuoverla in tutte le maniere, ma non se n’è mai andata. Le guerre sono tante. Le viviamo con ansia e angoscia. Tante persone si domandano come mai l’orizzonte sia diventato così tenebroso. A noi tocca comunque attraversare le tenebre, riuscendo a mantenere fiducia e speranza negli altri. Non è molto facile, ma occorre farlo a cominciare dal tessuto quotidiano, seminando pace attimo per attimo seminiamo qualcosa di contagioso, di antidoto alla morte. Dobbiamo farlo nel quotidiano, sennò aumenterà il regno della morte in noi e attorno a noi”.

 

Che cos’è il male?

 

“Un enigma. Non ci sono vie religiose o spirituali che possano dare risposte. Male, sofferenza e dolore sono insensati. Noi ne siamo preda. Non è neppure enigma che diviene mistero. A volte si dice che chi ha fede sente la durezza di qualcosa di inspiegabile. Certo, se ha fede non lo imputa a Dio, ma neppure all’umanità. Se c’è Dio, non può volere un tale dolore. Ritengo che ne sia vittima persino Lui. È un ossimoro scandaloso anche per chi, come me, si avvia verso la morte”.

 

Ha già pensato cosa chiedergli?

 

“Assolutamente sì. Se incontrerò Dio, chiederò: perché tanta sofferenza nell’umanità?”.

 

Questi giorni di Settimana Santa coincidono con una guerra, a pochi passi da casa nostra, che strappa vite e cuori. Sarà accolto l’invito del Papa al “cessate il fuoco” almeno per il giorno di Pasqua?

 

“Non ci credo minimamente. Il Papa ha fatto bene a lanciare l’appello, ma non ci sarà una risposta positiva. Le parti non vogliono che la guerra cessi. Vogliono che non finisca, sia chi la combatte sul campo, sia chi la combatte per procura. Gli unici che non la vorrebbero sono le vittime, i poveri indifesi, e tutto ciò mi spezza il cuore”.

 

Che cosa risponde a chi sostiene che Giovanni Paolo II sarebbe già andato a Kiev?

 

“Sono ipotesi molto strane. Temo che andare a Kiev sarebbe un gesto letto in maniera negativa, non solo da parte della Russia, ma anche da Chiese cristiane dell’ortodossia. Il Papa deve mantenere il discorso di fede, come sta facendo meravigliosamente bene. Siamo su un terreno molto esplosivo e bisogna stare attenti ai passi falsi in un clima così delicato. Lui, mi creda, avrebbe il coraggio quanto e più di Wojtyla, a costo di prendere una bomba sulla testa. Non teme di morire, ma pensa giustamente ai rapporti di domani. Cerca di fare il meglio in vista della pace. È lucido, avveduto e molto visionario. Sa cosa fare”.

 

È davvero possibile, davanti a un’aggressione, porgere l’altra guancia oppure non c’è che armarsi per difendersi?

 

“Un cristiano, se imita davvero Cristo, deve prendere sul serio quelle parole. Chi è cristiano non può fare altro, non può dire altro. So bene che, secondo la dottrina classica della Chiesa, c’è un diritto alla difesa di fronte alla guerra, ma da Giovanni XXIII in poi, la guerra è stata definita ‘aliena dalla ragione”. Poi, è chiaro che la coscienza di ciascuno dev’essere salvaguardata. Non dimentico che Bonhoeffer decise di partecipare alla congiura contro Hitler e pagò con la vita. Lo scandalo del cristianesimo è che gli agnelli afoni vengono sgozzati da uomini malvagi, ma l’imitazione di Cristo ci vieta ogni difesa violenta”.

 

Come spiega il totale appoggio del Patriarca Kirill all’azione di Putin?

 

“Lo ritengo inspiegabile. Conosco bene il Patriarca. L’ho incontrato la prima volta alla fine degli anni Settanta, quando accompagnava il metropolita Nicodim. Poi è venuto anche ai convegni ecumenici di Bose. Mi è davvero difficile comprendere tale appiattimento. Certo, c’è una tendenza di quella Chiesa che, per salvaguardare la sintonia con la società, finisce per dire sì anche all’impero dittatoriale, ma ciò non spiega tale posizione, che resta un grave danno per la Russia e per il dialogo tra le Chiese”.

 

L’azione della Chiesa cattolica è più debole che in passato?

 

“Molto più debole. Del resto, viviamo ormai in una società indifferente alla religione, soprattutto nel mondo occidentale. La Chiesa la si onora, ma non la si segue. La sua autorevolezza è minima. Conta davvero poco. Guardi i media. Della voce della Chiesa si fa volentieri a meno. È una crisi drammatica e profonda”.

 

Che cosa chiede al Signore in questi giorni?

 

“Di fermare questa e altre guerre. Pensi alla Siria, alla Libia, allo Yemen. Chiedo che gli uomini abbiano un po’ di pace. A Pasqua, dove tutto è riassunto da un agnello immolato, la preghiera si fa più forte a favore delle vittime, ma misuriamo anche tutta la nostra impotenza”.

 

Ha scritto che vede tante persone sedotte dalla guerra, innamorate dalla guerra. Ma la guerra c’è chi la provoca e chi la subisce, o no?

 

“Sicuramente, ma chi la provoca è il potere, il politico, il dittatore di turno. Teniamo fuori i popoli, per favore, che restano sempre vittime. Conosco bene quelle terre oggi al centro dell’attenzione mondiale. È dal 1990 che sono preoccupato da certe situazioni. È una zona in cui, mescolando nazionalismi e manifestazioni di fede, si è preparata una miscela esplosiva. Ci sono sempre numerose azioni alla base di ciò che poi esplode, azioni che preparano l’esplosione”.

 

Uno dei suoi libri, “Raccontare l’amore”, mi è molto caro. È ancora possibile raccontarlo?

 

“Verrebbe di dire no. Sono assalito dai dubbi. Mi chiedo se non abbia anch’io perseguito utopie, ritenendo che l’amore vincesse sulla morte. Eppure, ascoltando la gente comune, i poveri, i sofferenti, avverto che c’è un’inesauribile domanda d’amore, amore che continuerà a essere cercato e desiderato. Amore che continuerà a vincere, anche se contraddetto”.

 

Perché ha sentito la necessità di curare una nuova traduzione della Bibbia?

 

“Perché la traduzione italiana dominante della Bibbia risaliva agli anni Settanta. C’era bisogno di una traduzione senza interessi confessionali, in modo che ebrei, cattolici, protestanti e ortodossi potessero leggerla senza pensare ai pesi dottrinali illeggibili per gli uni e gli altri”.

 

Sacerdozio femminile, riconoscimento delle unioni omosessuali, la Chiesa tedesca in fermento. Che accadrà?

 

“La verità impone di dire che la Chiesa cattolica non è disponibile ad aprire l’ordinazione alle donne. Non la vedo nei prossimi anni. La Chiesa dovrebbe al limite prepararla iniziando a creare ministeri anche per le donne. Quanto al matrimonio delle coppie omosessuali, c’è tutta una tradizione biblica, e della morale cattolica, contraria. Prima di evolversi su questo tema ci vorranno decenni. Certo, il fatto che la Chiesa tedesca chieda la revisione della tradizione è una grossa novità, ma la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse non mi pare che siano capaci di ascoltare le Chiese della riforma. La Chiesa cattolica è come paralizzata, non è in grado di fare queste aperture. Lo stesso Papa Francesco si sente impedito. Comprende che il popolo cristiano non è pronto”.

 

Serena Pasqua, Padre.

 

“A lei e a tutti i lettori di Huffpost. Che sia davvero serena”.