di Enzo Bianchi
«La liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua forza ... Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall’eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene, con la massima efficacia, quella santificazione degli uomini e glorificazione di Dio in Cristo, verso la quale convergono, come a loro fine, tutte le altre attività della chiesa» (Sacrosantum concilium 10). François-Xavier Durrwell riecheggia ed approfondisce queste affermazioni conciliari: «L’eucaristia è eminentemente il sacramento dello Spirito santo, perché più di ogni altro è il sacramento della Pasqua del Cristo, da cui scaturiscono fiumi d’acqua viva. È il pane della vita (Gv 6,48-51), della vita dello Spirito ... Paolo la chiama “il nutrimento spirituale” (1Cor 10,3). È nella forza dello Spirito che l’eucaristia viene celebrata ed è la forza dello Spirito che l’eucaristia diffonde nella chiesa. In questo sacramento, come in ogni cosa, lo Spirito è all’inizio e al termine; egli è l’anima della celebrazione dell’eucaristia» (F.-X. Durrwell, Lo Spirito santo alla luce del mistero pasquale, Paoline, Roma 1985, p. 120).
Se in tutta l’economia della salvezza Parola e Spirito sono intimamente congiunti, ciò vale in modo peculiare per la liturgia eucaristica, «calice della sintesi» (poculum compendii) (Ireneo di Lione, Contro le eresie III,16,7). Pur passando attraverso alterne vicende storiche e controversie teologiche, la grande tradizione della chiesa ha unanimemente compreso che nella celebrazione eucaristica lo Spirito ha funzione:
- anamnetica: attraverso il memoriale (zikkaron) lo Spirito ci rende contemporanei dell’unico evento di salvezza, la morte e resurrezione di Cristo; anzi, ci consente di accedere a tutta la vita del Figlio, nel senso di una ricapitolazione di tutta la sua vicenda, colta sotto il segno della completa auto-donazione: dalla sua pre-esistenza eterna presso il Padre prima dei secoli, passando per la sua esistenza terrena, fino alla sua attuale situazione di Risorto che intercede per noi alla destra del Padre (cf. Rm 8,34) e alla sua venuta nella gloria.
- profetica: ci permette di entrare in comunicazione con la comunione dei santi del cielo e della terra, ed è memoria del futuro che ci attende nel Regno;
- comunionale: rende i credenti «membra gli uni degli altri» (Rm 12,5; Ef 4,25) e, tutti insieme, il corpo di Cristo (cf. Rm 12,5; 1Cor 10,17; 12,12; Ef 5,30): «Noi tutti che partecipiamo allo stesso pane e allo stesso calice, siamo uniti gli uni agli altri nella comunione dell’unico Spirito santo» (Massimo il Confessore, Mistagogia 24).
Si comprende dunque come Efrem il Siro sia giunto alla seguente comprensione dossologica: «Il Signore chiamò il pane suo corpo vivente, lo riempì di se stesso e dello Spirito santo ... Colui che mangia questo corpo con fede, mangia con esso il fuoco dello Spirito santo ... Prendetene, mangiatene tutti (cf. Mt 26,26), e mangiate con esso lo Spirito santo» (Efrem il Siro, Omelie per la Settimana santa IV,4). La partecipazione all’eucaristia è comunione al calice del sangue, alla coppa dello Spirito santo, grazie alla quale siamo dissetati (cf. 1Cor 12,13) e riceviamo la remissione dei peccati, «poiché lo Spirito è la remissione dei peccati» («Quia ipse [Spiritus sanctus] est remissio omnium peccatorum»: super oblata del Messale romano, sabato dell’Ottava di Pentecoste ): «ogni volta che tu bevi [alla coppa del sangue di Cristo], tu ricevi la remissione dei peccati e ti inebrii di Spirito» (Ambrogio, I sacramenti V,3,17). In particolare, al cuore della liturgia, quale vero centro unificante di tutta la preghiera eucaristica, si trova l’epiclesi, l’invocazione per la discesa dello Spirito sulle offerte e sull’assemblea. Eccone alcuni esempi tratti dalle più antiche anafore:
Noi ti chiediamo[, o Padre,] di inviare il tuo Spirito santo sull’offerta della santa chiesa. Riunendoli in unità, dona a tutti coloro che partecipano alle cose sante, di essere riempiti dello Spirito santo (Tradizione apostolica 4).
Ti preghiamo e ti invochiamo, o Santo dei santi: per il beneplacito della tua bontà, venga il tuo Spirito santo su di noi e sui doni qui presenti ... Crea l’unità fra tutti noi che comunichiamo all’unico pane e calice, nella comunione dell’unico Spirito santo ( Anafora di Basilio).
[Dio nostro], noi ti invochiamo, preghiamo e supplichiamo, di inviare il tuo Spirito santo su di noi e sui doni qui presenti. Fa’ che questo pane diventi il prezioso corpo del tuo Cristo, e ciò che è in questo calice diventi il prezioso sangue del tuo Cristo, trasformandoli con il tuo Spirito santo, affinché per quelli che ne partecipano siano purificazione dell’anima, remissione dei peccati, comunione del tuo Spirito santo, pienezza del Regno ( Anafora di Giovanni Crisostomo ).
Tra i tanti commenti mistagogici a questa parte della liturgia, spicca per chiarezza e profondità quello di Teodoro di Mopsuestia:
Quando il presbitero dichiara che questo pane e questo vino sono il corpo e il sangue di Cristo, afferma che lo sono divenuti grazie alla venuta dello Spirito santo, e che grazie a lui sono divenuti immortali, poiché anche il corpo del nostro Signore, quando ricevette l’unzione dello Spirito santo, si è chiaramente manifestato immortale. Allo stesso modo, al sopraggiungere dello Spirito santo, noi crediamo che il pane e il vino ricevono una specie di unzione di grazia; e da quel momento li crediamo essere il corpo e il sangue di Cristo, immortali, incorruttibili, impassibili e immutabili per natura, come il corpo del nostro Signore grazia alla resurrezione. Il presbitero domanda anche che, su tutti coloro che sono stati riuniti, venga la grazia dello Spirito santo, affinché, come per la nuova nascita sono stati riuniti in un solo corpo, siano pure ora consolidati in un solo corpo mediante la comunione al corpo di nostro Signore e, nella concordia, nella pace e nelle opere di bene, pervengano all’unità; in tal modo noi tutti, guardando verso Dio con un cuore puro riceviamo la partecipazione allo Spirito santo (Teodoro di Mopsuestia, Omelie catechetiche XVI,12-13).
La chiesa nata a Pentecoste dalla discesa dello Spirito santo ha subito manifestato la propria essenza nel perseverare «nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nella frazione del pane e nelle preghiere» (At 2,42), ossia nella koinonia e nella liturgia indissolubilmente legate, l’una capace di plasmare l’altra; per questo è stato anche possibile formulare l’adagio tradizionale: «la chiesa fa l’eucaristia e l’eucaristia fa la chiesa». La preghiera è veramente ecclesiale quando l’assemblea si lascia animare dallo Spirito santo, quando santificata e resa sacerdotale dallo Spirito santo, innalza al Padre, per mezzo del Figlio e nell’unità dello Spirito santo, «preghiere, suppliche e ringraziamenti» (Fil 4,6; cf. Ef 6,18; 1Tm 2,1). Significativamente la preghiera eucaristica sfocia nella dossologia: «Per Cristo con Cristo e in Cristo, a te, Dio Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito santo ogni onore e gloria!». Sì, nell’unità donata e creata dallo Spirito santo, o, per dirla con un antichissimo testo liturgico, «con lo Spirito santo [che è presente] nella santa chiesa» (Tradizione apostolica 4.6.7.21).
In altre parole, la liturgia è una vera haghiophanía, una manifestazione della santità di Dio partecipata, come primizia e profezia, agli uomini e alla creazione tutta. Nella liturgia e grazie ad essa avviene una pericoresi, uno scambio circolare in cui lo Spirito santo, che è comunione (koinonía: 2Cor 13,13), causa la communio sanctorum in un duplice senso: la comunione dei santi, attraverso la comunione alle cose sante. Tale movimento è splendidamente sintetizzato dalla solenne proclamazione che nelle liturgie orientali precede la comunione dei fedeli: tà hághia toîs haghíois, «le cose sante sono per i santi». Così commenta Cirillo di Gerusalemme:
I doni deposti sull’altare sono santi, poiché su di essi è disceso lo Spirito santo; ma lo siete anche voi [fedeli], resi partecipi da Dio del medesimo Spirito. Vi è pertanto una perfetta corrispondenza tra le cose sante e i santi. E quando rispondete: «Uno solo è il Santo, uno solo è il Signore, Gesù Cristo, a gloria di Dio Padre», affermate che uno solo è santo per natura, ma voi lo siete per partecipazione (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi mistagogiche V,19).
La santità di Dio si comunica ai credenti riuniti nello stesso luogo e per la stessa azione (epì tò autó: At 2,44.47), e li rende «un solo corpo» (Ef 4,4), il corpo di Cristo: il Veniente prende dimora nel cuore del cristiano per trasfigurare tutta la sua persona; lo Spirito santo, che sempre accompagna il Padre e il Figlio, è il vero soggetto di questo processo, finalizzato a rendere i cristiani tempio, edificio spirituale, dimora di Dio. Appare dunque in maniera estremamente concreta il significato della preghiera eucaristica quale norma di ogni preghiera cristiana: come nella liturgia eucaristica l’epiclesi causa la santificazione dei doni e dei fedeli, così ogni cristiano deve costantemente invocare lo Spirito santo, sorgente della santità, capace di stabilire in lui la presenza del Signore.
La chiesa si rivolge a Dio chiedendo che l’eucaristia sia per coloro che ne partecipano «comunione dello Spirito santo» e, insieme, «pienezza del Regno»: queste due invocazioni sono in realtà sinonime, dal momento che esprimono la natura escatologica dell’eucaristia, proiettata verso il Regno a venire, e, contemporaneamente, manifestano l’anticipazione del Regno donata ai cristiani, qui e ora, nello Spirito. Lo aveva ben compreso Massimo il Confessore, quando, ispirandosi a una variante nel testo lucano del Padre nostro – «Venga il tuo Spirito su di noi e ci purifichi» (Lc 11,2) –, scriveva: «“Venga il tuo Regno”: cioè lo Spirito santo» (Massimo il Confessore, Spiegazione della preghiera del Signore [PG 90,885B]). In definitiva, ciò che accade nella liturgia secondo l’ordine del sacramento, è anticipazione di ciò che si manifesterà alla fine dei tempi, quando, finalmente, troverà compimento l’incessante intercessione dello Spirito (cf. Rm 8,26) e «Dio sarà tutto in tutti» (cf. 1Cor 15,28).