Il Resto del Carlino - 28/09/2022
Intervista a Enzo Bianchi di Sofia Silingardi
Il fondatore della comunità di Bose Enzo Bianchi venerdì al Memoria Festival: "Società individualista, ma le relazioni restano fondamentali"
Enzo Bianchi, fondatore ed ex priore della comunità di Bose, porta la testimonianza dello spirito di fraternità e impegno quotidiano che sta alla base del vivere in comunità. Sarà a Mirandola venerdì, il 30 settembre, alle 21, al Memoria Festival.
Cosa significa per lei ‘vivere insieme nella communitas’?
"Quando parlo di communitas parlo di tutte le comunità, compresa la società. Questo significa riconoscersi davvero fratelli e sorelle in umanità tutti insieme, e di conseguenza accettare l’altro nella sua alterità e difenderne sempre la dignità. Questo mi sembra il punto di partenza per vivere in qualunque forma di comunità".
È ancora possibile nella nostra società?
"Io credo che ci sia un individualismo che investe la cultura e l’atmosfera della società attuale. Quindi qualunque cammino comunitario oggi è difficile, perché la presenza dell’altro costituisce un limite alla propria libertà che deve essere accettato. Ma al tempo stesso apporta la grande ricchezza della diversità, qualcosa di straordinario. Noi umani siamo fatti per vivere gli uni con gli altri. L’umanizzazione è avvenuta sempre vivendo le relazioni, l’uomo nella sua solitudine è disperato e votato alla barbarie".
Covid, crisi economica, perfino la guerra. Tutto questo mette in crisi la fede o la rafforza?
"La fede, per chi ha questo dono, è sempre un sostegno. Ma tutto lo si vive a caro prezzo, e non si è esentati dal male e dalle difficoltà. Certamente anche i credenti hanno attraversato la pandemia con la stessa fatica degli altri uomini, accettando anche l’enigma di questa malattia. La guerra, invece, dipende dagli uomini, da noi. Di fronte a quella tutti siamo sbigottiti da come sia stato possibile tornare a una situazione di barbarie e addirittura schierare dio gli uni contro gli altri, cattolici contro ortodossi. Questa miscela di fede e di nazionalismo deprime la fede, può addirittura ucciderla in molti".
Sono passati ormai più di sei mesi dall’inizio della guerra. Si continua a mandare armi e non si parla di pace.
"Il problema è che questa non è una guerra tra Russia e Ucraina, ma tra l’Occidente e la Russia. Chi la guida sono gli Stati Uniti e la Nato, che non vogliono assolutamente la pace. Ma anche noi siamo responsabili e siamo in guerra mandando le armi. Solo che è una guerra combattuta sul suolo degli ucraini, i quali ne sono più vittime e in una situazione in cui vedono massacri e stragi indicibili. È una tragedia".
Che tipo di vivere insieme, di communitas, si può creare dopo le elezioni?
"Sarà molto difficile. Siamo arrivati a queste elezioni con una vera e propria rissa, con battaglie politiche molto forti e decisive. Cosa si può fare in una società così divisa, pronta alla rissa e alla delegittimazione? Io spero che le nuove generazioni imbocchino un’altra strada".