Il teologo Ricca propone una nuova apologia della fede
Il silenzio è il dato più allarmante delle chiese di oggi
La Stampa - Tuttolibri - 17 Dicembre 2022
di Enzo Bianchi
Dio: parola decisiva e tuttavia parola che ha ricoperto significati molto diversi, che si è prestata e si presta a utilizzazioni religiose, sociali, politiche e morali disparate. Per i cristiani Dio è una parola insufficiente perché è una parola che può contenere tante proiezioni umane, che può essere frutto di una riflessione intellettuale, l’esito di una ricerca di senso fatta dall’uomo; Dio è affermato dai credenti, è negato dagli atei. Ebbene, ciò che è decisivo per la fede cristiana non sta in Dio quale premessa, ma Dio si rivela quale meta di un percorso compiuto dietro a Gesù Cristo e con lui, non a caso definito dall’autore della Lettera agli Ebrei “l’iniziatore della nostra fede”.
È esattamente in questa direzione che si muove la robusta e suggestiva monografia che il teologo valdese Paolo Ricca dedica a Dio: Dio. Apologia, edizioni Claudiana. Il discorso su Dio che Ricca propone è una vera e propria apologia della fede in Dio per il XXI secolo. Molti nella storia hanno parlato di Dio senza credere in lui e molti lo fanno ancora oggi, è invece da uomo dalla fede autentica e genuina, prima ancora che da teologo e da pastore, che Ricca si fa apologeta di Dio. Apologeta anzitutto nei confronti delle Chiese “che parlano molto di migranti da accogliere, di diritti umani da rispettare, di habitat naturale da proteggere, di libertà religiosa da garantire, di fraternità umana da praticare (tutte cose – beninteso- sacrosante, senz’altro da perseguire), ma parlano poco di Dio, come se temessero di non essere ascoltate, o anche più probabilmente, non sapessero che cosa dire di Dio”. E stigmatizza in modo impietoso: “Questo ‘silenzio su Dio’ è il dato più allarmante dell’odierna situazione del cristianesimo”.
A chi si pone la questione dell’esistenza di Dio, Ricca risponde che nella Bibbia non c’è una sola riga per dimostrarla, dal momento che “non è l’esistenza di Dio che interessa la Bibbia, ma la sua opera, la sua storia con e per Israele, con e per l’umanità”. A partire da questo presupposto Ricca intesse un rispettosa e onesta discussione con le dieci obbiezioni che nell’incredula Europa moderna vengono mosse a Dio. Alla “religione oppio dei popoli” di Marx risponde che “Marx ha sostanzialmente ragione, a condizione di prendere alla lettera la sua affermazione, che parla di religione e non di Dio”, perché “Dio e religione – anche quella cristiana – sono due realtà molto diverse, talvolta perfino opposte”. Al grido angosciato di Nietzsche “Dio è morto! E noi l’abbiamo ucciso”, Ricca ricorda che Dio è stato ucciso da noi uomini, indistintamente da atei e credenti, come è già successo a Gesù di Nazareth. Per questo, non è retorica affermare che l’annuncio della morte di Dio non ha la sua origine nell’ateismo, ma nel nucleo centrale della fede cristiana, e “l’affermazione ‘Dio è morto’ può essere la bandiera del più puro ateismo, ma anche la quintessenza della più pura fede cristiana”.
Dio non cercato, Dio non dimostrabile, Dio contraddetto e Dio rivelato sono per Ricca i tratti salienti e distintivi di Dio che emergono dalla Bibbia. Il Dio biblico rivelandosi si fa conoscere ma al tempo stesso si nasconde. Il Dio rivelato è il Dio nascosto coincidono perfettamente nella croce di Gesù Cristo che è il punto più alto e completo della rivelazione e dell’occultamento di Dio: “Alla croce infatti Dio si nasconde addirittura nella morte, cioè in ciò che vi è di più contrario a Dio. Ma proprio lì, nel più completo occultamento di Dio risiede la sua suprema rielezione”.
Per essere credibile ogni discorso su Dio da generale deve diventare personale, e allora al cuore del suo saggio Ricca offre una intensa confessione personale di fede, indicando solo i tratti di Dio che come cristiano considera essenziali: Dio come realtà, Dio come prossimità, Dio come umanità, Dio come relazione. Nel descrivere i tratti di Dio come umanità Ricca rende omaggio all’intuizione del più grande teologo del XX secolo, Karl Barth, secondo il quale proprio la divinità di Dio include la sua umanità. E’ nella persona e nella storia di Gesù di Nazareth che umanità e divinità di Dio si sono pienamente manifestate, e questo significa che “l’uomo deve ancora diventare pienamente umano, non dunque il superuomo predicato da Nietzsche, ma semplicemente l’uomo come si rispecchia nella vita di Gesù”.
Al termine dell’apologia su Dio Ricca riconosce che nessun discorso su Dio è conclusivo, ma sempre solo iniziale, e sigilla l’opera con questo suo ideale autografo: “Non è per niente facile parlare bene di Dio, il quale non cerca elogi, ma verità, autenticità, onestà. Non vuole essere difeso, non ne ha alcun bisogno, vuole essere conosciuto e temuto, non adulato, cerca discepoli, non cortigiani”.
Questa splendido libro è certamente il testamento teologico del grande professore quale è stato il suo autore, ma ha soprattutto il sapore di una tenera e appassionata confessione di fede del credente Paolo Ricca.