Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

I falò della libertà. Di tutti

09/02/2023 00:00

Paolo Naso

Testi di Amici 2023,

I falò della libertà. Di tutti

di Paolo Naso

di Paolo Naso

Il prossimo 17 febbraio ricorreranno 175 anni dall’emancipazione delle comunità valdesi ed ebraiche del Regno di Sardegna e già nei prossimi giorni le chiese evangeliche italiane organizzeranno eventi dedicati alla libertà religiosa. La data che si ricorda è ormai remota e rimanda a un tempo oscuro di discriminazioni che creavano ghetti e alimentavano sentimenti di odio nei confronti di chi praticava una religione diversa da quella dominante.

 

Da allora molto è cambiato. Lo stato democratico e la Costituzione repubblicana hanno riconosciuto l’uguaglianza di tutte le confessioni religiose, e la laicità – come ha sancito la Corte Costituzionale – è un principio supremo da far valere nello spazio pubblico.

 

I frutti di questo nuovo assetto sono sempre più evidenti: recenti rapporti come quello prodotto dall’istituto di ricerca Idos e dal Centro studi della rivista Confronti, attestano che in Italia vivono almeno cinque milioni di persone che professano una fede diversa dalla cattolica: musulmani, ortodossi, evangelici, sikh, testimoni di Geova, Induisti, buddhisti e così via. Un vero e proprio “mosaico della fede”, composto di tessere che si accostano nei tanti luoghi della vita sociale: i nostri quartieri, innanzi tutto, ma anche la scuola, i luoghi di lavoro, gli ospedali. Il pluralismo religioso è, insomma, un dato ormai acquisito e persino metabolizzato da una società – quella italiana – che per secoli è stata abituata a definirsi semplicemente ed esclusivamente cattolica.

 

 

Ma allora, che senso ha ricordare un evento di 175 anni fa? E da un punto di vista evangelico, qual è il significato della celebrazione di un fatto squisitamente politico come la concessione delle libertà civili a due comunità di fede che oggi godono degli stessi diritti garantiti alla chiesa di maggioranza? Perché accendere dei falò, come anche quest’anno accadrà nelle storiche valli valdesi del Piemonte, per commemorare una libertà ormai acquisita?

 

Ci sono almeno tre ragioni. La prima è la riconoscenza al Signore che ha accompagnato e sostenuto la comunità valdese negli anni delle persecuzioni e delle guerre di religione. Nelle dinamiche geopolitiche europee i valdesi erano una scheggia numericamente irrilevante. Ma era una scheggia nel posto sbagliato, in una terra ritenuta cattolica e pertanto ostile ad ogni altra presenza religiosa.

 

La seconda ragione è che, anche in Italia, il cammino della libertà religiosa non è concluso. Se a tutte le confessioni è garantita la libertà di culto, infatti, ancora oggi esiste una gerarchia dei diritti per cui alcune di esse risultano più tutelate e garantite di altre. I valdesi e i metodisti, ad esempio, sono stati i primi a accedere a un’Intesa con lo Stato, nel 1984; poi lo stesso provvedimento è arrivato per ebrei, avventisti, pentecostali, battisti, luterani e anglicani; più recentemente si sono aggiunti ortodossi greci, induisti, buddhisti, mormoni. Un risultato importante, che ha rafforzato la visibilità di queste comunità e che, per quelle che hanno accettato di entrare nel sistema di ripartizione dell’Otto per mille, garantisce loro un finanziamento pubblico.

 

Ma molte altre comunità non godono di questo riconoscimento, come se per loro fosse pregiudizialmente preclusa la strada di una piena libertà religiosa. Sono i testimoni di Geova, i musulmani, gli ortodossi rumeni, i sikh e molti altri gruppi di credenti, per altro sempre più visibili nelle nostre città, nelle nostre scuole e nei luoghi di lavoro.

 

Celebrare il 17 febbraio significa dire che l’accesso alle tutele costituzionali non è discrezionale, non deve rispondere a criteri politici e culturali ma è un diritto che lo Stato deve tutelare e garantire nei confronti di tutte le confessioni religiose.

 

La terza ragione che motiva le celebrazioni del 17 febbraio è che, in molte parti del mondo, la libertà religiosa è minacciata o addirittura negata. Come è negata la libertà di coscienza di chi crede o pratica una religione in modi diversi da quelli imposti dalle autorità. O come è negata la libertà di non praticare alcuna religione.

 

È il caso dell’Iran, dove proprio in questi giorni decine di ragazze mettono a rischio la loro vita gridando la voglia di libertà dalla violenza della teocrazia.

 

 

L’impegno per affermare la libertà religiosa è di coscienza, insomma, non è un relitto del passato ma un tema centrale delle società democratiche, multietniche e multiculturali di oggi. E per questo ha senso, ancora oggi, accendere fuochi della libertà per celebrare un diritto universale.