Pubblicato su: Credere - 24 Settembre 2017
di ENZO BIANCHI
Cari lettori, care lettrici,
eccoci giunti all’ultimo tratto dell’itinerario percorso insieme. Quando si ha una Bibbia tra le mani, come iniziare un cammino di assiduità, possibilmente quotidiana, con questo libro, biblioteca di libri, che contiene la parola del Signore vivente, cioè una parola che può darmi ragioni di vita, che può aiutarmi a dare senso al duro mestiere del vivere, quale lampada capace di illuminare i passi che devo compiere (cf. Sal 119,105)?
La Bibbia non è un libro che si legge facilmente: occorrono alcune avvertenze e alcuni consigli, mutuati dalla secolare frequentazione di questa “biblioteca” da parte dei credenti della prima alleanza, gli ebrei, e di quelli della nuova e definitiva alleanza, i cristiani. E occorre non aver paura di alcune difficoltà che si presentano in questa lettura. Vorrei dunque tentare di fornirvi alcune indicazioni, pur sapendo che altri potrebbero darvene, magari diverse, perché le vie di lettura sono infinite, diverse a seconda dell’epoca in cui si legge la Bibbia, dell’età della vita in cui ci si colloca, della cultura che uno possiede, degli strumenti di interpretazione di cui uno si è dotato nel suo cammino…
Innanzitutto, caro lettore, cara lettrice, cerca di possedere una versione della Bibbia che ti sia di aiuto e non d’inciampo: in Italia puoi trovarla nella versione approvata dalla Conferenza episcopale del nostro paese, traduzione ufficiale presente nella Bibbia di Gerusalemme, nella Bibbia TOB e nella Bibbia della San Paolo. In questi tre testi introduzioni e note sono però diverse: nella prima sono redatte da esegeti dell’École biblique di Gerusalemme, nella seconda sono di taglio più ecumenico, ad opera di esegeti cattolici, evangelici e ortodossi di area francofona, nella terza sono composte da diversi biblisti italiani.
Quando si apre la Bibbia, si tratta di far risorgere la Parola dallo “sta scritto”, da un testo che, lasciato a sé, è lettera morta (come una biblioteca senza nessuno che estragga i libri dagli scaffali, simili a loculi funerari!). Questa resurrezione la deve operare il lettore, comprendendo le Scritture con il suo spirito, nel quale però deve innestarsi lo Spirito santo (cf. Rm 8,16). Solo se c’è sinergia tra spirito umano, che vuole conoscere, e Spirito di Dio, allora la parola di Dio risuscita, si manifesta come voce di Dio vivente ed efficace (cf. Eb 4,12), che raggiunge il cuore umano e ha il potere di dare salvezza (cf. Gc 1,21). Per questo, nell’aprire la Bibbia un credente cristiano, consapevole di ciò che sta per fare, invoca lo Spirito santo affinché scenda su di lui, apra la sua mente, il suo cuore e il suo corpo alla comprensione delle Scritture e alla realizzazione della pagina biblica. Per il credente leggere la Bibbia non è leggere un libro antico, un classico, ma è via per incontrare il Signore, ascoltarlo e vivere di conseguenza!
Ma come leggere? Da dove iniziare? Non si può dare la stessa indicazione a tutti. A chi non ha mai letto con costanza e profondità la Bibbia, occorre subito dire che non è bene, all’inizio, leggerla da capo a fondo. Si incontrerebbero ben presto libri ostici, testi di difficile comprensione, pagine che stancano o addirittura scandalizzano. Allora il lettore si blocca e non vuole più proseguire: è il caso di molti che hanno iniziato a leggere la Bibbia ma, dopo le prime pagine, si sono annoiati, oppure non capivano, dunque hanno smesso, pensando che non fosse un libro per loro.
Occorre poi discernere quali libri biblici leggere, cioè darsi un ordine: vi sono libri che è meglio non leggere subito, ma solo dopo che si è acquisita una grande e profonda conoscenza della Bibbia, come affermava già san Girolamo. Certamente sono da lasciare per ultimi il Levitico, i libri storici dell’Antico Testamento, i profeti Ezechiele e Daniele e, nel Nuovo Testamento, l’Apocalisse. È invece bene iniziare la lettura da uno dei vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca; possibilmente cominciando dal più antico, Marco, che contiene un preciso itinerario di conoscenza del Signore Gesù e di coinvolgimento nella sua sequela), poi passare agli Atti degli apostoli, per conoscere gli inizi della chiesa, ed eventualmente alla Prima lettera ai Corinzi, per rendersi conto della vita di una comunità cristiana delle origini.
Allora si può passare all’Antico Testamento, leggendo i capitoli 1-11 del libro della Genesi, seguiti dai capitoli 1-24 del libro dell’Esodo. A questo punto alcuni profeti – come Amos, Osea, Isaia e Geremia – possono essere affrontati con una certa facilità, lasciando per ultimi i libri sapienziali (in particolare Giobbe, anche testualmente molto complesso). Certo, il libro dei Salmi può sempre essere letto da subito, scegliendo però alcuni Salmi che esprimano e ispirino la preghiera del lettore. I Salmi sono un favo di miele, ma anche al loro interno ve ne sono alcuni che possono essere di inciampo, perché carichi di violenza invocata, anche se non praticata (i cosiddetti “Salmi imprecatori”). Gli altri libri del Nuovo Testamento, cioè le lettere apostoliche, non sono facili: si inizi dalle lettere di Giovanni e solo in un secondo momento si leggano quelle di Paolo, lasciando per ultima la Lettera agli Ebrei.
Pur seguendo questo itinerario progressivo, resta però vero che permangono alcune difficoltà “trasversali”, alcuni ostacoli nella lettura della Bibbia. L’ostacolo che si sente evocare più spesso è quello di testi violenti all’interno dell’Antico Testamento (ma non mancano neppure nel Nuovo: per esempio, At 5,11; 12,20-23, ecc.). In alcune pagine si narra di guerre “sante”, si attestano parole attribuite a Dio che chiedono lo sterminio dei pagani, delle genti idolatre. Ora, la Bibbia è un libro umano, e come tale contiene anche pagine che testimoniano di azioni del popolo di Dio non sempre coerenti con la sua volontà, e soprattutto con il messaggio portato da Gesù nella pienezza dei tempi.
Al riguardo, occorre non scandalizzarsi: è il Vangelo di Gesù Cristo, il Vangelo che è Gesù Cristo (cf. Mc 8,35; 10,29), il compimento della Legge, dei Profeti e degli Scritti sapienziali (cf. Lc 24,44-45); è il Vangelo che giudica tutte le altre pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento; è il Vangelo che è affidato ai cristiani come parola di Dio nella sua massima densità. Di più, dire che Gesù è la Parola di Dio fatta carne (cf. Gv 1,1-3.14), significa affermare che egli ne è il volto, la narrazione. Tutto ciò che possiamo sapere e dire su Dio si trova nell’uomo Gesù Cristo, che ha detto: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,6). Il cristianesimo non è una religione del libro, ma la via aperta da Gesù Cristo. In questo senso, tutte “le sante Scritture contengono la parola di Dio” (Dei Verbum 24), ma il Vangelo di Gesù Cristo è al loro centro e diventa criterio interpretativo per leggerle in verità e poter discernere ciò che in esse è giudicato, corretto, mutato, lasciato cadere da colui che è l’ultima e definitiva rivelazione, esegesi del Padre (cf. Gv 1,18).
In tale ottica, si può affrontare con occhi nuovi anche il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento, un rapporto dinamico, di continuità ma anche di rottura, entrambe riassunte nella persona stessa di Gesù. L’evento pasquale cristiano è interpretato alla luce delle Scritture ma anche interpretante le Scritture, e così costituisce la chiave che permette di comprendere le Scritture che lo annunciano. Nello stesso tempo, senza l’illuminazione delle Scritture l’esperienza pasquale resterebbe un enigma: al centro dei vangeli sinottici l’evento della Trasfigurazione, in cui Gesù si manifesta ai tre discepoli nella luce insieme a Mosè (la Legge) ed Elia (i Profeti), ci dice esattamente questo. La lettura cristiana delle Scritture cerca dunque la reciprocità e l’interdipendenza tra i due Testamenti, i quali hanno nel Cristo la loro chiave di volta, ma consente di cogliere anche le differenze: è infatti in Cristo che viene tolto il velo che ancora permane alla lettura ebraica dell’Antico Testamento (cf. 2Cor 3,14).
Meritano un accenno anche le “parole dure di Gesù”, parole che sorprendono il lettore, che possono essere per lui d’inciampo. Formulazioni eccessive, retoriche? Espressioni utilizzate solo per scuotere? Sta di fatto che il messaggio di Gesù a volte sembra voler “gettare fuoco sulla terra” (Lc 12,49), “portare la divisione, la spada” (cf. Lc 12,51; Mt 10,34) nel vivere quotidiano, provocare quello scandalo del quale il lettore è invitato a non essere preda (cf. Mt 11,6; Lc 7,23). Gesù non è venuto per portare un messaggio che potesse piacere a tutti. Egli sapeva che per le sue parole molti si sarebbero rivoltati contro di lui, sapeva che sarebbe risuonato per lui un: “Guai a te!” se avesse modellato il suo parlare secondo le attese degli idolatri presenti nella sua comunità religiosa, così come nel mondo. Per questo ha parlato con franchezza, dicendo sempre la verità; ha parlato con passione, perché le sue parole nascevano dal suo zelo d’amore per Dio suo Padre (cf. Gv 2,17; Sal 69,10); ha parlato con forza, servendosi anche della santa collera. Ebbene, anche queste parole, se intese con l’intelligenza illuminata dallo Spirito, non celano ma lasciano trasparire la buona notizia del Vangelo, sono Vangelo!
Infine, in relazione al nostro tema, non si può non ricordare l’importante documento della Pontificia commissione biblica L’interpretazione della Bibbia nella chiesa, pubblicato nel 1993. È un testo denso, a tratti specialistico, ma contiene indicazioni fondamentali, che si rivelano veri e propri consigli pratici per leggere la Bibbia. Innanzitutto è il suo titolo a essere decisivo: pone infatti in luce che è sempre necessario procedere proprio all’interpretazione della Bibbia. In questo senso, il nemico più insidioso, purtroppo ai nostri giorni così attestato, è la lettura fondamentalista delle Scritture. Il fondamentalismo è l’esito di una sopravvalutazione dello “sta scritto”, come se esso fosse direttamente parola di Dio, e implica un approccio letteralistico alla Scrittura, senza alcuna preoccupazione interpretativa. È una scorciatoia che non porta in alcun luogo, perché esprime solo il rigetto della fatica dell’interpretazione in nome di un letteralismo che dà ragione a Paolo: “la lettera uccide, lo Spirito dà vita” (2Cor 3,6). Con molta forza questo documento afferma che “il fondamentalismo invita, senza dirlo, a una forma di suicidio del pensiero”.
E l’interpretazione, via maestra per avvicinare il testo biblico, va sempre fatta in ecclesia, collocandosi cioè all’interno della grande tradizione della chiesa, dai padri fino al magistero dei successori degli apostoli, dei biblisti e dei teologi. È così che il singolo cristiano nel leggere la Bibbia ogni giorno, praticando in solitudine la gloriosa arte della lectio divina, in realtà non è mai solo: leggere la Bibbia in Cristo e nella chiesa ci unisce al corpo di Cristo nella storia, ci pone in comunione gli uni con gli altri, ci rende contemporanei di tutti coloro che hanno meditato e meditano il Vangelo per farne il cibo quotidiano nel cammino verso il Regno.
Quando si apre la Bibbia, si tratta di far risorgere la Parola dallo “sta scritto”, dalla lettera morta. Questa resurrezione la deve operare il lettore, comprendendo le Scritture con il suo spirito, nel quale però deve innestarsi lo Spirito santo.
Come leggere? Da dove iniziare? Occorre discernere quali libri biblici leggere, cioè darsi un ordine: vi sono libri che è meglio non leggere subito, ma solo dopo che si è acquisita una profonda conoscenza della Bibbia.
La Bibbia va sempre interpretata, rifuggendo dal rischio di una sua lettura fondamentalista. Va letta in ecclesia, collocandosi cioè all’interno della grande tradizione della chiesa: così, anche quando si pratica in solitudine la lectio divina, non si è mai soli ma sempre in comunione con il corpo di Cristo.