Pubblicato su: Jesus - Rubrica La bisaccia del mendicante - Luglio 2016
di ENZO BIANCHI
Si è ormai introdotta una crepa nella chiesa italiana: a poco a poco e in modo sempre crescente appare la diversità, fino a essere una vera e propria opposizione, tra cattolici che vogliono ispirarsi al Vangelo e cattolici “del campanile”, per i quali la prima preoccupazione è la tradizione, l’identità cattolica localista. Non è una novità nella storia della nostra chiesa. Non si può infatti dimenticare che Benito Mussolini, uno dei tanti timonieri invocati e venerati dagli italiani, diceva con orgoglio: “Io sono cattolico e anticristiano!”.
La chiesa che trova molte testimonianze e alcune ispirazioni in papa Francesco sempre di più viene sentita come una novità offensiva rispetto alla religione praticata e vissuta. Lo rivelano molti episodi. Un presbitero si rifiuta di leggere in chiesa la “preghiera dell’alpino”, in quanto preghiera non pacifica e dunque non conforme allo spirito del Vangelo, ed ecco insorgere popolo e politici, che invocano la tradizione cattolica attestata dall’epoca della prima guerra mondiale in poi. In un’altra regione italiana un vescovo chiede che sia rispettata la libertà religiosa, e dunque che anche i musulmani possano avere il loro luogo di culto, la moschea, ed ecco nascere una chiassosa opposizione da parte della gente, mentre i governanti fabbricano la paura dello straniero, del diverso. E ancora, in una scuola cattolica sono ammessi bambini immigrati e i genitori dei bambini cattolici organizzano la protesta. Si potrebbe continuare con altri esempi, ricordando parole e comportamenti anche degli stessi presbiteri, che rifiutano il funerale agli immigrati, o li additano come futuri occupanti delle chiese sempre più deserte…
Sì, siamo in una situazione di aporia, di incertezza e anche di “scisma” non più occulto tra posizioni e “gente di chiesa”. Di fronte a tale scenario, indubbiamente si possono nutrire sentimenti di rincrescimento e di preoccupazione, ma credo si debba anche riconoscere che questo è il prezzo da pagare perché il Vangelo emerga con la sua egemonia nella comunità cristiana. È il Vangelo, infatti, che ha cambiato e cambia il nostro modo di essere cattolici, che ci ricorda che siamo cristiani perché discepoli di Gesù ben prima di esserlo per tradizione, cultura, appartenenza a una terra e a una storia. C’è stata purtroppo una confusione tra carattere popolare della fede cristiana e appartenenza culturale tipica della “religione civile”, e così oggi dei cattolici che si pensavano tra i più militanti si ritrovano in contraddizione con l’emergere del primato del Vangelo. E significativamente anche in contraddizione con il magistero di papa Francesco, che quando interviene sulla condizione dei migranti, sulla loro mancata accoglienza in Europa, sulla bontà dell’incontro tra persone di diversa cultura, religione e terra, finisce per infastidire ed essere sordamente contestato, in ogni caso non ascoltato.
Non a caso si è manifestata la domanda: “Ma papa Francesco è cattolico?”, invece di quella, sempre necessaria: “Ma io sono cristiano perché ispirato dal Vangelo e impegnato a tentare di seguirlo, oppure sono amante del campanile?”. Nella chiesa, soprattutto in Italia, si era giunti a voler essere cattolici riconosciuti perché visibili, a costo di privilegiare il possesso, il successo, l’organizzazione, il numero degli adepti, la compattezza della forza. La chiamavano “cultura della presenza”, e per instaurarla si servivano di tutto e di tutti, affinché diventasse “religione di popolo”, senza nessuna preoccupazione per le sorti e il primato del Vangelo. E invece è il Vangelo che giudica ogni appartenenza religiosa e ogni forma in cui si vive la fede cristiana, ieri, oggi e sempre.
Nei prossimi anni questa frattura crescerà sempre di più e, come sempre, chi vorrà seguire solo il Vangelo sarà perdente, mentre la religione troverà nuovi assetti mondani. Ma il Vangelo, come fuoco deposto sotto la brace, anche se coperto di cenere, divamperà ancora!