24 aprile 2011
di ENZO BIANCHI
Nell’ora in cui la chiesa proclama beato Giovanni Paolo II, resta da custodire e assumere nella vita e nella testimonianza ecclesiale questa audacia evangelica
Avvenire, 24 aprile 2011
Uno dei modi più consoni per fare memoria di Giovanni Paolo II in occasione della sua beatificazione mi pare quello di rievocare il suo magistero – in parole, gesti e azioni – proprio sulla purificazione della memoria, cioè sullo sforzo compiuto personalmente e fatto compiere alla chiesa per rileggere le vicende del passato alla luce del Vangelo, nel rispetto delle ferite dell’altro e nell’ascolto di ciò che “lo Spirito dice alla chiesa” e di quanto il medesimo Spirito opera nella storia.
Gesti e immagini ritornano alla memoria più facilmente delle parole che li hanno accompagnati e dei pensieri che li hanno suscitati: la visita alla sinagoga di Roma e ai campi di sterminio nazisti, il biglietto infilato nelle fessure del Muro del pianto a Gerusalemme, il comune appello alla pace da parte delle autorità religiose di ogni fede, la solenne liturgia del perdono nella basilica di San Pietro, la celebrazione dei martiri del XX secolo al Colosseo, il silenzio commosso nell’isola da cui partivano i bastimenti di schiavi africani o nelle terre in cui erano conculcati i diritti degli indigeni... Ma questa visibilità dei gesti, questa efficacia delle immagini non devono farci dimenticare il vissuto personale, la convinzione interiore, la riflessione teologica e l’audacia profetica che li hanno generati.
Sulla purificazione della memoria Giovanni Paolo II si è mostrato un “precursore” che ha anticipato il corpo ecclesiale in modo coraggioso, con urgenza escatologica: ha preceduto l’insieme della chiesa in un cammino originato dal bisogno di ritorno, di mutamento, di conversione. In questo senso, azioni e parole che nessun papa aveva ancora osato fare e dire, Giovanni Paolo II le ha poste come pietre miliari e acquisizioni irreversibili per la chiesa intera.
La memoria si è così mostrata per quello che è in profondità: il luogo necessario del discernimento, in cui il passato, anche se amaro, diventa nutrimento per il futuro. Discernimento ancor più cogente oggi, quando con facilità ci si scorda delle radici, si rimuove il travaglio del passato, l’oscuro lavorio di generazioni o il tragico annientamento di popoli e ci si priva così del fondamentale strumento per comprendere ciò che dell’oggi merita di avere un futuro. La memoria infatti non è la meccanica riesumazione di un evento passato che in esso ci rinchiude: al contrario, quando facciamo memoria noi richiamiamo l’evento accaduto ieri, lo invochiamo nel suo permanere oggi, lo sentiamo portatore di senso per il domani.
Purificare la memoria – come ci ha ricordato il volere e l’operare di papa Giovanni Paolo II – significa allora ricordare nella logica del perdono invocato e della riconciliazione offerta: ricordare in modo purificato non significa ricordare “contro” i successori, gli eredi di quanti hanno commesso delitti, bensì ricordare in tutta verità il male compiuto per sanare la convivenza di oggi. È questa la condizione per non ripetere nuovamente il male: non consentire che esso alimenti l’odio e l’inimicizia, ma rileggerlo da fratelli riconciliati che insieme si impegnano a rigettarlo dal proprio agire. Solo così la memoria apre al futuro e nel contempo attesta una fedeltà a degli eventi e a una verità, a un intrecciarsi di vicende che assume lo spessore di “storia”: fare memoria allora è operare un discernimento sul già avvenuto per alimentare l’attesa del non ancora realizzato.
A noi, nell’ora in cui la chiesa proclama beato Giovanni Paolo II, resta da custodire e assumere nella vita e nella testimonianza ecclesiale questa audacia evangelica, resta da interiorizzare la memoria ritrovata e riconciliata per trasformarla in un impegno che non si limiti a identificare gli errori del passato, ma che sappia anche individuare l’origine, le cause, le radici dei comportamenti antievangelici.
Sì, occorre che noi cristiani risvegliamo la nostra coscienza, purifichiamo la memoria, rivediamo costantemente alla luce del Vangelo le nostre convinzioni circa la presenza di Israele, delle altre chiese, della diversità delle culture e delle religioni e intraprendiamo così un autentico cammino di ritorno al Signore.
Enzo Bianchi
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