Pubblicato su: Luoghi dell'infinito - Novembre 2015
di ENZO BIANCHI
Duecento numeri scandiscono oggi il tempo di un periodico dedicato allo spazio. Ma di quale spazio si occupa Luoghi dell’Infinito? Parlando di “spazio” e “infinito” il pensiero corre subito all’universo, a galassie e orbite, ad altri mondi di cui non conosciamo l’inizio né la fine. Non è su questi però che la rivista si è soffermata in questi quasi vent’anni di vita. Non è nemmeno su località turistiche che vuole attirare l’attenzione, né su “paradisi” che di paradisiaco sovente hanno solo la pubblicità. No, in queste pagine la redazione, il comitato scientifico e gli autori – e tra essi un ruolo di rilievo hanno i fotografi – hanno parlato e dialogato di luoghi dell’anima e della memoria, di spazi sacri e da umanizzare, di un infinito raccolto nel frammento. Perché come diceva nel suo Tracce di cammino Dag Hammarskjöld, un grande tessitore di pace tra luoghi lontanissimi geograficamente e culturalmente, “il viaggio più lungo è il viaggio interiore”.
Ed è propria l’interiorità il luogo che la rivista continua a invitarci a visitare: la nostra interiorità, certo, quel luogo segreto dentro di noi che solo a noi appartiene. Ma anche l’interiorità degli altri o, meglio, i luoghi esteriori che alimentano o hanno alimentato nel passato quell’interiorità, preziosa gemma in cui ciascuno può ritrovare l’immagine di Dio deposta in lui dal Creatore del cielo e della terra. L’essere umano, l’Adam è il “terrestre”, tratto dalla terra e destinato a ritornarci. Eppure è anche la creatura plasmata a immagine di Dio, nella quale è deposto un anelito insaziabile di infinito, una sete di “cieli nuovi e terra nuova”, dove la pace e la giustizia si abbracceranno.
Allora è dono prezioso poter ripercorrere grazie alle pagine di una rivista quei luoghi in cui la natura non si è mai separata dalla cultura, luoghi antropizzati ma attraverso pietre, terra, acqua, fuoco… tutti elementi della natura. Luoghi in cui l’aria che si respira non è quella più o meno inquinata o condizionata, ma quella che rimanda al soffio divino che aleggiava sulle acque dell’in-principio per essere poi immesso nel primordiale impasto di acqua e fango. Luoghi e volti allora si intrecciano come in una danza: luoghi di cui talora si contempla il vuoto e talaltra si è sopraffatti dal troppo pieno; volti che sono esaltati e non appiattiti dai colori stesi su una tela; luoghi che sono mete di pellegrinaggi la cui meta non è mai raggiunta una volta per tutte; volti estratti dal legno o dalla pietra per portarli alla luce come riflesso della santità dell’unico Santo; luoghi in cui nascono amicizie, si creano storie comuni, si consumano tradimenti e guerre che solo chi contraddice la volontà del Santo può chiamare “sante”.
Una rivista attira l’attenzione per qualche ora, per pochi giorni, magari addirittura per un mese. Vi è anche chi ne custodisce i numeri e vi ritorna con passione e interesse rinnovato a distanza di molto tempo. L’importante è che, anche solo per qualche attimo, le parole, le immagini, i volti che ci offre riescano a depositarsi nella nostra memoria, personale e collettiva, riescano a fare storia con noi affinché noi, forti di quella memoria non più solo nostra, possiamo fare syn-odos, “cammino insieme”, possiamo appassionarci alla pienezza di vita che tanti nostri fratelli e sorelle in umanità hanno cercato di esprimere con capolavori artistici o anche solo con gli occhi di un bambino che sa vedere il mondo come Dio lo vede: bello e buono.