Pubblicato su: JESUS - Dicembre 2014 - Rubrica La bisaccia del mendicante
di ENZO BIANCHI
I Vangeli attestano che sul tema della misericordia Gesù si è scontrato con gli uomini religiosi del suo tempo, con quanti si sentivano irreprensibili: Gesù non stava con gli intransigenti della legge, perché al centro della sua sollecitudine non era la legge ma la salvezza dell’uomo o della donna che incontrava. Non era ossessionato dal peccato, che certo pur condannava, ma sentiva come suo compito l’annuncio della buona notizia che l’amore di Dio salva. In questo, va detto, non ha seguito la predicazione del suo maestro Giovanni il Battista, avendo compreso che ciò che spettava a sé, dopo tutta la predicazione profetica, era annunciare il Vangelo, mostrando con parole e azioni che Dio non castiga chi ha peccato e che la misericordia e il perdono di Dio sono più decisivi della legge. Se nell’Antico Testamento, fino a Giovanni, vigeva il principio secondo cui al peccato deve seguire la conversione, e solo in seguito a questa sono possibili il perdono e la misericordia, per Gesù invece, una volta infranta la legge, al peccato segue la misericordia di Dio, la quale può causare la conversione. Non è la virtù che rende capaci di amare, ma è l’amore che rende più virtuosi! Alla peccatrice colta in adulterio, condotta da Gesù affinché egli confermi la condanna della lapidazione prevista dalla legge, Gesù dice: “Io non ti condanno, ti perdono, e di conseguenza va’ e non peccare più”. L’azione dell’adulterio è condannata, chi ha commesso il peccato no! Verso il peccatore nessuna condanna, ma neanche ciò che può essere equivalente a essa, il giudizio, che invece spetta a Dio solo, su ciascuno e su tutti.
È ormai riconosciuto che nella storia della chiesa cattolica abbiamo alle nostre spalle secoli di intransigentismo in materia di morale, di arroccamento in una posizione difensiva. Ma l’11 ottobre 1962 papa Giovanni XXIII, aprendo il concilio Vaticano II, ha interrotto quella lunghissima stagione, dicendo: “Quanto al tempo presente, … la sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece che imbracciare le armi del rigore … La chiesa vuole mostrarsi … mossa da misericordia e da bontà, ama i figli da lei lontani”. È significativo che papa Francesco, quasi raccordandosi alle parole di Giovanni XXIII, abbia detto in un discorso ai parroci di Roma: “Questo nostro tempo è proprio il tempo della misericordia. Di questo sono sicuro … Noi stiamo vivendo in tempo di misericordia”.
Su questo tema Francesco viene criticato duramente da parte di alcuni, che arrivano fino a gettare su di lui sospetti di non fedeltà alla verità della chiesa. Sì, papa Francesco – che vede la chiesa come “un ospedale da campo”, uno spazio in cui il Signore stesso Gesù Cristo, attraverso i suoi discepoli, si prende cura dell’umanità malata, sofferente e peccatrice – vuole che la chiesa si pieghi sull’uomo, senza paura di essere contagiata; e vuole che, scegliendo la prossimità dei peccatori, dia loro fiducia, speranza e mostri l’amore di Cristo per tutti. Nella stessa occasione, il papa ha detto: “Né lassismo né rigorismo”, cioè né buonismo né intransigentismo, ma la fatica di dire che il peccato è una ferita, una contraddizione alla vita umana, all’umanizzazione prima che a Dio; e, nello stesso tempo, occorre far regnare la misericordia, perché la giustizia di Dio non sta accanto alla sua misericordia, ma la contiene in se stessa. Senza questa immanenza della misericordia alla giustizia, il Vangelo non può essere gioia e il cristiano non può avere il profumo del Vangelo.
Nelle sue scelte di misericordia papa Francesco osa molto e si crea molti oppositori tra gli uomini religiosi che si sentono di difendere soprattutto la verità. Ma egli possiede anche grande forza e autorità: la sua coerenza tra ciò che dice e ciò che vive. Questa coerenza raggiunge tutti quelli che sono attenti a guardano a lui come al successore di Pietro.