Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Commento al Compendio del Catechismo - 43

16/06/2013 01:00

ENZO BIANCHI

Riviste 2013,

Commento al Compendio del Catechismo - 43

Famiglia Cristiana

Pubblicato su: Famiglia Cristiana - 16 giugno 2013


di ENZO BIANCHI


Scriveva una grande donna spirituale del secolo scorso, sorella Maria di Campello: “Per prepararci al Pater bisogna avere una fraternità cosmica, in unione ai fratelli di qualunque religiosità

584. Perché diciamo Padre “nostro”?

 

Quando preghiamo il Padre, lo adoriamo e lo glorifichiamo con il Figlio e lo Spirito. Siamo in Cristo il “suo” popolo, e lui è il “nostro” Dio, da ora e per l’eternità. Diciamo, infatti, Padre “nostro”, perché la chiesa di Cristo è la comunione di una moltitudine di fratelli che hanno “un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32). 

 

585. Con quale spirito di comunione e di missione preghiamo Dio Padre “nostro”? 

 

Poiché pregare il Padre “nostro” è un bene comune dei battezzati, questi sentono l’urgente appello di partecipare alla preghiera di Gesù per l’unità dei suoi discepoli. Pregare il “Padre Nostro” è pregare con tutti gli uomini e per l’umanità intera, affinché tutti conoscano l’unico e vero Dio e siano riuniti in unità.

 

(Commento 
al COMPENDIO DEL CATECHISMO, 584 e 585) 

 

Dicendo “Padre nostro” (Mt 6,9), Gesù ci insegna a confessare che la paternità di Dio, vissuta da ogni suo discepolo come evento personale, è al tempo stesso unica e plurale, perché riguarda anche gli altri uomini e donne, tutti nostri fratelli e sorelle. Ognuno chiama il Padre con il timbro della propria voce, ognuno conosce la modalità unica dell’amore del Padre; nel contempo, però, deve riconoscere che accanto a lui ci sono i fratelli, gli altri figli del Padre, ugualmente amati e voluti da Dio, ciascuno nella sua forza e nella sua debolezza.

 

Dio non vuole che i suoi figli, resi tali nel Figlio suo Gesù Cristo e nella potenza dello Spirito santo, lo invochino l’uno senza l’altro, e tanto meno l’uno contro l’altro. È significativo, al riguardo, che nella seconda parte della preghiera del Signore, le richieste per gli uomini siano al plurale, in modo che la fraternità, la solidarietà e la comunione siano già invocazione, epiclesi in vista dell’esaudimento da parte di Dio di tutti i suoi figli. Ecco perché pregare in verità il Padre nostro richiede l’uscita da ogni forma di individualismo e l’impegno concreto ad aprire cammini di comunione. “Pregare il Padre ‘nostro’ ci apre alle dimensioni dell’amore di Dio, manifestato in Cristo: pregare con tutti gli uomini e per tutti gli uomini che ancora non lo conoscono, affinché siano riuniti in unità (cf. Gv 11,52)” (CCC 2793).

 

Scriveva una grande donna spirituale del secolo scorso, sorella Maria di Campello: “Per prepararci al Pater bisogna avere una fraternità cosmica, in unione ai fratelli di qualunque religiosità … In qualche momento tutti sentono che c’è un Padre”. L’universalità del Padre nostro va dunque messa assolutamente in rilievo: questa orazione rivela ciò di cui l’essere umano in quanto tale ha bisogno, ciò che è veramente importante per la sua vita, e dunque ciò che può chiedere a Dio nella sua preghiera.
Davvero ogni essere umano e l’umanità tutta possono esprimersi con il Padre nostro: proprio per questo appare scandaloso che, ancora ai nostri giorni, cristiani di diversa confessione rifiutino di pregare insieme le parole della preghiera per eccellenza lasciataci da Gesù! Com’è possibile invocare Dio come Padre “nostro”, Padre comune a tutti gli uomini, e farlo da cristiani divisi, separati, incapaci di convergere insieme sull’essenziale della propria fede in Gesù Cristo, colui che ci ha narrato definitivamente il volto del Padre?