Famiglia Cristiana -26 maggio 2013
di ENZO BIANCHI
Fin dalle origini le prime comunità cristiane pregavano il Padre nostro “tre volte al giorno” (Didaché). A partire da questo antichissimo uso
Quale posto occupa il Padre nostro nella preghiera della chiesa? Preghiera della chiesa per eccellenza, il Padre nostroè “consegnato” nel battesimo per manifestare la nuova nascita alla vita divina dei figli di Dio. L’eucaristia ne rivela il senso pieno, poiché le sue domande, fondandosi sul mistero della salvezza già realizzato, saranno pienamente esaudite alla venuta del Signore. Il Padre nostroè parte integrante della liturgia delle ore.
(Compendio al Catechismo n° 581)
Fin dalle origini le prime comunità cristiane pregavano il Padre nostro “tre volte al giorno” (Didaché). A partire da questo antichissimo uso, in tutte le tradizioni liturgiche d’oriente e d’occidente la preghiera del Signore ha un ruolo preminente nell’ambito dei diversi uffici che compongono la liturgia delle ore.
Quale segno della sua assoluta centralità ed eccellenza all’interno della preghiera della chiesa, il Padre nostro contraddistingue anche la vita sacramentale dei credenti. Innanzitutto, questa preghiera viene consegnata al cristiano nella liturgia del battesimo, subito prima della benedizione finale. Con il battesimo infatti il cristiano riceve quello Spirito nel quale è abilitato a invocare Dio come Padre (cf. Rm 8,15; Gal 4,6) e a rivolgersi a lui con piena fiducia filiale (cf. Mt 7,11; Lc 11,13).
Quanto alla liturgia eucaristica, il Padre nostro è recitato tra l’anafora (o preghiera eucaristica) e la comunione, quale preghiera che ricapitola tutte le domande espresse e, nel contempo, invoca il pane del Regno di cui la comunione eucaristica è profezia e primizia. Il Catechismo insiste con particolare forza sul carattere escatologico con cui la preghiera del Signore viene recitata nella liturgia eucaristica: “Nell’eucaristia, la preghiera del Signore manifesta anche il carattere escatologico delle proprie domande. Essa è la preghiera tipica degli ‘ultimi tempi’, i tempi della salvezza, che sono cominciati con l’effusione dello Spirito santo e che si compiranno con la venuta gloriosa del Signore … L’eucaristia e il Padre nostro sono protesi verso la venuta del Signore, ‘finché egli venga’ (1Cor 11,26)” (CCC 2771-2772).
Nell’eucaristia preghiamo dunque il Padre nostro “nell’attesa che si compia la beata speranza (cf. Tt 2,13) e venga il nostro salvatore Gesù Cristo”. “Marana tha: vieni, Signore Gesù!” (1Cor 16,22; Ap 22,20) è l’invocazione che testimonia questa attesa da parte del cristiano e della chiesa, la fidanzata che invoca lo Sposo (cf. Ap 21,9). È attesa di quel giorno in cui avrà luogo il banchetto celeste, dove tutti gli uomini sederanno alla tavola del Regno (cf. Mt 8,11; Lc 13,29) e il Signore stesso passerà a servirli (cf. Lc 12,37), per dare inizio a una festa senza fine…
I primi cristiani – attesta ancora la Didaché – terminavano la celebrazione dell’eucaristia pregando: “Venga la grazia e passi questo mondo … Marana tha. Amen!”. Oggi siamo ancora capaci di fare nostra questa invocazione?