Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Commento al Compendio del Catechismo - 38

12/05/2013 00:00

ENZO BIANCHI

Riviste 2013,

Commento al Compendio del Catechismo - 38

Famiglia Cristiana

Pubblicato su: Famiglia Cristiana - 12 maggio 2013


di ENZO BIANCHI


Qual è l’origine della preghiera del Padre nostro? 
I discepoli hanno ricevuto da Gesù questa orazione e l’hanno conservata con estrema cura

Qual è l’origine della preghiera del Padre nostro? 


Gesù ci ha insegnato questa preghiera cristiana insostituibile, il Padre nostro, un giorno in cui un discepolo, vedendolo pregare, gli chiese: “Insegnaci a pregare” (Lc 11,1). La tradizione liturgica della Chiesa ha sempre usato il testo di san Matteo (6,9-13).

 

(Compendio al catechismo n° 578) 

 

“‘Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e, quando ebbe finito, uno dei discepoli gli disse: Signore, insegnaci a pregare’ (Lc 11,1) … È contemplando e ascoltando il Figlio in preghiera che i figli apprendono a pregare il Padre” (CCC2601).

 

È a partire dalla sua esperienza personale che Gesù ha istruito la sua comunità sull’arte della preghiera, e lo ha fatto in molti modi e con diverse parabole. Ma quando ha voluto lasciare ai suoi discepoli una sintesi efficace della preghiera ha consegnato loro un’orazione brevissima, che non spreca parole (cf. Mt 6,7): il Padre nostro. La preghiera del Kýrios, del Signore, è l’unica orazione che Gesù ci ha consegnato. Ora, se è vero che il Padre nostro tende a essere una preghiera universale, perché ogni essere umano e l’umanità tutta possono fare proprie le domande in essa contenute, essa è però nel contempo specifica dei discepoli di Gesù, è norma e canone della loro preghiera.
I discepoli hanno ricevuto da Gesù questa orazione e l’hanno conservata con estrema cura, anche se nelle diverse comunità cristiane delle origini la meditazione orante delle parole di Gesù ha prodotto lievi modifiche di espressioni. Dell’unica preghiera insegnata da Gesù possediamo infatti due diverse versioni: quella secondo Matteo (cf. Mt 6,9-13) – tradizionalmente usata nella liturgia – e quella secondo Luca (cf. Lc 11,2-4). Vi è poi anche quella contenuta nella Didaché, un’opera databile agli ultimi decenni del I secolo d.C, che riprende il testo di Matteo aggiungendo un’acclamazione finale.

 

La presenza di diverse versioni non deve però costituire un ostacolo alla comprensione profonda del Padre nostro: si tratta infatti di un insegnamento di Gesù che, caduto in diversi terreni, ha dato un frutto assolutamente autentico il quale, a seconda del terreno, presenta grandezza, colore e sapore diversificato (cf. 1Cor 15,38). Insomma, le parole dette da Gesù come preghiera al Padre erano una realtà viva che, subendo la traduzione dall’aramaico al greco ed essendo pregate in nuovi contesti, sono state ordinate diversamente, arricchite o semplificate dalle singole comunità cristiane chiamate a riceverle.

 

Ci apprestiamo dunque a scandagliare in tutta la sua profondità e ricchezza il Padre nostro, nella convinzione che “in questa preghiera insegnataci dal Signore sono compendiate tutte le parole delle preghiere contenute nella santa Scrittura” (Agostino).