Rocca, dicembre 2012
di ENZO BIANCHI
Perché a Natale celebriamo la nascita di Gesù? Proprio perché conosciamo la sua vita, ed è per questo che, guardando la sua vita, lo chiamiamo Dio forte, Dio con noi
UN BAMBINO DIO FORTE
L’Avvento ci prepara al tempo sempre nuovo della venuta di Gesù nella carne, ci chiama alla vigilanza nell’attesa del ritorno glorioso del Signore risorto e lo fa guidando il nostro sguardo e il nostro cuore verso un bambino, verso il debole per eccellenza, la creatura fragile che non ha nessun potere: un bambino è colui che è in-fante, che non è in grado di parlare, è senza parola e senza forza. Un bambino è in ogni situazione un povero perché ha veramente bisogno di altri e da solo non può nulla, fosse anche il figlio di un re, fosse anche un figlio di ricchi. Ma questo bambino di cui il profeta Isaia annuncia la nascita è proclamato «Dio forte, Padre per l’eternità, Principe della pace, Consigliere meraviglioso». Come è possibile dare il nome di «Dio forte» a un bambino, a un figlio di uomo, a un figlio di Adamo? Eppure il profeta ha il coraggio di dire che quel bambino è chiamato «Dio forte» e che la nascita di questa creatura cambia radicalmente la situazione di tenebra, di oppressione, di inimicizia.
Annuncio enigmatico, impensabile quello di Isaia, e tuttavia il Vangelo della notte di Natale ce ne dà il compimento: un’altra situazione di tenebra, di morte, di sofferenza, ed ecco che a Betlemme nasce un bambino, nasce da una donna, Maria, ma il Vangelo ci dice che un figlio così, un bambino così solo Dio ce lo poteva dare, che questo Figlio era stato concepito in Maria dalla forza e dalla potenza di Dio stesso, dallo Spirito santo. Gli angeli che appaiono ai pastori e che mostrano il compimento della profezia di Isaia dicono: «Ecco la gioiosa notizia: nella città di David è nato il Salvatore, che è il Messia Signore, è il figlio di David ma è anche il Kýrios, il Signore». L’evento del capovolgimento radicale è avvenuto: c’è il Salvatore Gesù, il Dio ormai in mezzo a noi, ma il segno dato ai pastori, ciò che essi sono invitati a vedere è un bambino in fasce, deposto in una mangiatoia. Ciò che vedono i pastori non è nulla di prodigioso, di straordinario: è una scena che si ripeteva sovente in quelle campagne di Betlemme: nelle famiglie dei poveri i bambini nascevano così, all’interno di una stalla, deposti nel luogo più caldo, nella mangiatoia.
Il compimento della profezia dunque c’è stato, ma noi dobbiamo anche avere il coraggio di chiederci: che cosa è cambiato veramente con la nascita di Gesù, questo bambino Dio forte, Messia e Signore. Per quanto noi possiamo leggere e vedere ancora oggi, infatti, la tenebra resta sul mondo, l’oppressione non è scomparsa, la violenza continua a regnare: regna a livello sociale, così come regna anche all’interno delle nostre vite più quotidiane, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità. D’altronde le nostre vite di cristiani, di toccati dalla grazia di Dio, di salvati dal Signore attraverso il battesimo e la santa eucaristia, continuano a portare i segni della tenebra, della morte, dell’ignoranza e della cattiveria. I tempi non sono cambiati da quelli di Isaia né da quelli di Cesare Augusto. Molte ragioni umane ci portano a dire: la profezia di Isaia non si è compiuta e forse noi dobbiamo ancora attendere che si compia.
Ma se questi sono pensieri reali, che non possiamo tacere, resta pur vero che nel nostro cuore la vicenda di Gesù, la vita umana di Gesù – quella vita che è incominciata a Betlemme ed è finita sulla croce a Gerusalemme, quella vita che è stata vissuta nell’amore e nel servizio degli altri, quella vita che ha continuato ad affermare la bellezza, quella vita con la quale Gesù ha aperto una via di umanizzazione agli altri, quella vita affidabile che ha meritato la fiducia di un gruppetto di uomini e donne che lo ha seguito, ma che merita ancora oggi la nostra fede in lui, la nostra adesione a lui – quella vita ci basta per dire che la profezia di Isaia si compirà e che in Gesù ha cominciato a compiersi.
Perché a Natale celebriamo la nascita di Gesù? Proprio perché conosciamo la sua vita, ed è per questo che, guardando la sua vita, lo chiamiamo Dio forte, Dio con noi. Lui cambierà la nostra situazione? In ogni caso, la sua vita ci dà le ragioni per credere a Isaia e al Vangelo. È Gesù che è per sempre tra di noi e con noi, qualunque sia la nostra situazione: celebrare il Natale significa proprio avere questa speranza in lui. La sua nascita noi la commemoriamo, la sua morte la celebriamo; ma soprattutto viviamo il mistero dell’incarnazione, passione e resurrezione, della venuta del Dio forte in mezzo a noi, un Dio forte che ha preso la nostra carne umana. Da quel giorno della natività a Betlemme il Dio forte non è più separabile dall’uomo, e la vicenda dell’uomo è una vicenda condotta, guidata dal Dio forte che nella notte di Natale contempliamo come un bambino.