Pubblicato su: Famiglia cristiana - 21 ottobre 2012
di ENZO BIANCHI
Gesù durante la sua agonia nell’orto del Getsemani riassume il desiderio profondo che ha dato senso alla sua intera vita: quello di vivere animato dall’amore di Dio
Come ha pregato Gesù nella sua passione?
La preghiera di Gesù durante la sua agonia nell’orto del Getsemani e le sue ultime parole sulla croce rivelano la profondità della sua preghiera filiale: Gesù porta a compimento il disegno d’amore del Padre e prende su di sé tutte le angosce dell’umanità, tutte le domande e le intercessioni della storia della salvezza. Egli le presenta al Padre che le accoglie e le esaudisce, al di là di ogni speranza, risuscitandolo dai morti.
(Compendio del Catechismo n. 543)
“Padre, non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). Questa preghiera così essenziale fatta da Gesù durante la sua agonia nell’orto del Getsemani riassume il desiderio profondo che ha dato senso alla sua intera vita: quello di vivere animato dall’amore di Dio, che si traduce in amore concreto per tutti gli uomini. Nell’imminenza della sua passione, dunque, Gesù consegna puntualmente a Dio la vita da lui ricevuta in dono: è così che egli “porta a compimento il disegno di amore del Padre e lascia intravvedere l’insondabile profondità della sua preghiera filiale” (CCC 2605).
Gesù è andato verso la sua morte in piena libertà e nella consapevolezza che anche in quell’ora estrema egli poteva vivere e testimoniare l’amore: amore per la verità, amore per la giustizia, amore per l’umanità intera. Per questo non ha lasciato che la morte semplicemente accadesse, ma ne ha fatto un atto, un sigillo posto sulla sua esistenza. Sì, anche di fronte a una morte così vergognosa e ingiusta, anche in mezzo al disprezzo e alla violenza dei suoi nemici, Gesù ha continuato ad amare gratuitamente: questo ci è testimoniato, in particolare, da quelle che la tradizione cristiana ha da sempre conosciuto e meditato come “le sette parole di Gesù in croce”.
Sulla croce Gesù continua ad amare Dio suo Padre. È a lui che si rivolge gridando le parole di un salmo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Sal 22,2; Mc 15,34; Mt 27,46) e confidando nella sua risposta (cf. Sal 22,22: “Tu mi hai risposto”) oltre la morte. È a Dio che consegna il suo ultimo respiro: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Sal 31,6; Lc 23,46). E dopo aver proclamato un’ultima volta la sua sete di vedere il volto di Dio (“Ho sete!”: Gv 19,28), annuncia di aver portato a compimento la sua missione sulla terra, pronunciando la parola che può risuonare solo sulle sue labbra: “È compiuto!” (Gv 19,30).
Ma sulla croce Gesù ama fino alla fine anche gli uomini suoi fratelli. Per questo dona il perdono ai suoi aguzzini: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34) e promette il Regno a un malfattore crocifisso accanto a lui: “Oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Per questo affida l’una all’altro sua madre e il discepolo amato: “Donna, ecco tuo figlio … Figlio, ecco tua madre’” (Gv 19,26-27), rivelando il volto della chiesa nella sua duplice polarità di madre e di insieme di discepoli tutti amati da Gesù.
Come ha scritto uno spirituale del nostro tempo, “queste parole sono linfa vitale per noi tutti”: sono il segno di una vita diventata totalmente preghiera, e dunque il preludio a una morte che si apre sulla resurrezione e sulla vita eterna.