Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Caro Diogneto - 37

04/01/2012 23:00

ENZO BIANCHI

Riviste 2012,

Caro Diogneto - 37

Jesus

Pubblicato su: JESUS - gennaio 2012


di ENZO BIANCHI


Nel nostro linguaggio troppo spesso abusiamo della parola “chiesa”, che ripetiamo sovente in modo ambiguo, quando non addirittura sviato e sviante

Sono questi i giorni della memoria della nascita e dell’infanzia di Gesù, e i vangeli che ci vogliono narrare la venuta nel mondo del Figlio di Dio, di colui che solo Dio ci poteva dare, di Gesù, Parola del Padre diventata carne (cf. Gv 1,14) per azione dello Spirito di Dio, sono però costretti a testimoniare che questa venuta, questo mirabile dono si è compiuto nel silenzio, nella discrezione, ed è stato percepito solo da alcuni, da pochi credenti.

 

Erano moltissimi quelli che si dicevano credenti e si annoveravano nel numero del popolo di Dio, erano molti quelli che frequentavano il tempio, le sinagoghe e parlavano del Dio uno e vivente, e tuttavia solo pochissimi uomini e donne, anonimi per i più, hanno saputo aspettare veramente il Messia, hanno saputo riconoscerlo e accoglierlo tra di loro come un dono di Dio. Se non avessero accolto e guardato con speranza a questo bambino, a Gesù, non avremmo mai saputo della loro esistenza né avremmo conosciuto i loro nomi: Zaccaria, un sacerdote, ed Elisabetta sua sposa; Giuseppe, un artigiano, e Maria sua sposa; Simeone, un vecchio sacerdote; Anna, una vecchia e povera vedova; alcuni pastori di Betlemme.

 

D’altronde, già i profeti avevano capito e saputo leggere la realtà e la verità della comunità del Signore. All’interno del popolo di Israele, il popolo empirico che è umanamente leggibile come popolo dei credenti, il Signore in verità sente come suoi testimoni solo un “resto”, una “porzione” quasi nascosta che non si impone, non ha forza, non conosce cosa significa vincere, non si conta… Sono credenti umili innanzitutto, poveri anche nel cuore, miti che non hanno nessuno in cui sperare, se non il Signore; sono credenti che non cercano appoggi mondani, che non tessono relazioni per avere potere, che non sognano cose grandi al di là delle loro forze (cf. Sal 131,1): sono gli ‘anawim, i poveri del Signore.

 

Ma questa realtà non riguarda solo i tempi dell’antica alleanza, riguarda anche il nostro oggi. Nel nostro linguaggio troppo spesso abusiamo della parola “chiesa”, che ripetiamo sovente in modo ambiguo, quando non addirittura sviato e sviante. Perché la chiesa è una realtà misterica, che noi crediamo, ma che non possiamo verificare con sicurezza. La chiesa è la comunione con i santi del cielo di quelli che “il Signore conosce come suoi” (cf. 2Tm 2,19; Nm 16,5), come membra del suo corpo; è una comunione che non è misurabile (solo il Signore la “conta”!); è una comunione costituita da peccatori sempre perdonati, che conoscono il loro peccato e lo offrono al Signore come invocazione di misericordia; è una comunione di quanti non semplicemente dicono di credere in Dio e di essere cristiani, ma cercano sinceramente e ostinatamente di dare forma alla propria vita secondo il Vangelo.

 

Sì, la chiesa è una comunione che conosce Gesù Cristo come Vangelo, non un Gesù frutto delle proprie proiezioni, delle proprie ideologie e perciò sbandierato come “ciò che di più caro abbiamo nel cristianesimo”, ma il Gesù che è Vangelo, che è il Vangelo fatto carne, la carne di un uomo che ha vissuto umanamente. Non basta dirsi credenti in Cristo, occorre dirsi ed essere seguaci di Gesù nella forma dettata dal Vangelo che, prima di essere un libro quadriforme, è la vita dell’uomo Gesù.

 

Occorre dunque fare discernimento quando si parla di chiesa. Non si tratta di amare posizioni elitarie, di gioire sentendosi in pochi, né di sentirsi vittime, come affermavano molti predicatori nel XIII secolo: “Duo sunt ecclesiae”, “due sono le chiese”, una che perseguita, l’altra che è perseguitata. Si tratta di non pensare a “vincere”, a “imporsi”, ma di saper discernere, per quanto è possibile, un nucleo che guarda a Cristo come al Vangelo e al Vangelo come a Cristo, senza distinzioni o separazioni: un nucleo che ascolta il Vangelo, che lascia che la sua vita sia plasmata dal Vangelo; un nucleo di credenti che, nonostante le proprie inadeguatezze e le contraddizioni recate al Vangelo, vuole che il Vangelo vinca su se stessi; un nucleo che conosce il fuoco del Vangelo, quel fuoco che viene risvegliato da sotto la cenere dalla quale a volte sembra coperto, ogni volta che un uomo o una donna lo cerca.

 

Sì, il cristiano deve sapere che anche nel popolo di Dio, anche nella chiesa ci può essere chi lavora contro il Vangelo, chi si dice cristiano e giudica il Vangelo un’utopia, chi dice di credere in Dio in Cristo, ma sorride delle parole di Gesù, del suo Vangelo.