5 giugno 2008
di ENZO BIANCHI
L’edificazione dello spazio liturgico concorre anch’essa ed è parte integrante di quell’opera santa che l’apostolo Paolo chiama «l’opera del ministero, in vista della costruzione del corpo di Cristo»
Quando i cristiani si ritrovano attorno alla mensa della parola e dell’eucaristia non rispondono a un generico appuntamento come quelli che costellano la loro esistenza quotidiana: in verità sono convocati da Dio a formare una 'assemblea santa' per l’ascolto della sua Parola e per la celebrazione dell’Alleanza di cui l’eucaristia è memoriale. Così l’altare e l’ambone 'convocano' l’assemblea quali elementi costitutivi insostituibili dello spazio liturgico. In effetti, senza la Parola di Dio contenuta nelle Scritture e proclamata dall’ambone e senza l’eucaristia celebrata all’altare non si darebbe assemblea cristiana, ma semplice auto-convocazione di uomini e di donne. Per questo, all’interno dello spazio liturgico l’altare e l’ambone precedono l’assemblea convocata e permangono anche quando l’assemblea si scioglie. Precedenza e permanenza, spaziale e temporale al tempo stesso, attestano che la parola di Dio e l’eucaristia precedono l’assemblea e non si esauriscono nell’assemblea, nel senso che l’assemblea non li esaurisce.
Davvero, il luogo liturgico è locus theologicus!
La scelta dell’Assemblea santa come tema del VI Convegno Liturgico Internazionale di Bose rappresenta il punto di arrivo di una riflessione condotta da oltre cinque anni, mentre il sottotitolo 'Forme, presenze, presidenza' intende declinare la fenomenologia dell’assemblea cristiana. Anzitutto le forme dell’assemblea, vale a dire le successive configurazioni che nel corso dei secoli i cristiani riuniti per la liturgia hanno assunto. Ogni spazio architettonico, infatti, plasma una precisa forma di assemblea che a sua volta esprime una determinata idea di Chiesa. Se il concilio di Trento ha saputo esprimere un’architettura liturgica coerente con la propria ecclesiologia, occorre verificare come e in che misura il concilio Vaticano II è stato finora in grado di plasmare spazi liturgici che siano espressioni dell’ecclesiologia di comunione.
L’assemblea liturgica è anche epifania di presenze di natura spirituale e dunque sacramentale che con gradualità diverse attestano il mistero della simultanea presenza del Signore in mezzo al suo popolo e del popolo riunito alla sua presenza.
'Presenza' è categoria complessa, al tempo stesso , teologica e filosofica: ancora oggi, nell’intelligenza della presenza sacramentale, il concetto di 'presenza' è per lo più debitore di una visione essenzialmente ontoteologica la quale esprime in modo decisivo sebbene non esclusivo il mistero della presenza.
Determinante, a questo riguardo, è la funzione critica del dato biblico di fronte a ogni teoria filosofica: la riflessione biblica assolve il compito di mostrare la pluralità e il progressivo evolversi delle manifestazioni delle presenze di Dio dall’Antico al Nuovo Testamento e nella Chiesa. Nel quadro della riflessione sulle presenze all’interno dell’assemblea si iscrive in modo significativo l’analisi del senso e delle diverse modalità di conservazione e di venerazione delle specie eucaristiche nelle Chiese d’oriente e d’occidente, anche in riferimento alla complessa problematica della collocazione della eucaristica.
Infine, nella pluralità di presenze la presidenza liturgica è elemento costitutivo ed essenziale dell’assemblea cristiana. Oltre alla persona del ministro ordinato presidenza implica un luogo proprio e distinto all’interno dell’assemblea, sia essa cattedra episcopale o sede presbiterale. La sede di colui che presiede non è da considerarsi come un terzo polo da sommare ai due poli fondamentali: l’altare e l’ambone. Se vi è un terzo polo, questo è il battistero. La sede non possiede, infatti, la medesima natura teologica dell’altare, dell’ambone e del battistero, in quanto l’annuncio della Parola di Dio e i sacramenti dell’iniziazione cristiana sono il fondamento e la condizione di possibilità del ministero ordinato. Per questo, la cattedra episcopale e la sede presbiterale, segno del ministero specifico di chi le occupa, sono a servizio sia della Parola sia del sacramento dell’altare e, attraverso essi, dei fedeli riuniti.
Oggi si colgono qua e là i primi e incoraggianti segni di una rivalutazione della posizione laterale della cattedra episcopale, abbandonando la posizione frontale della sede che dal Concilio a oggi si è progressivamente imposta senza una riflessione liturgica adeguata. Ampiamente attestata nella tradizione liturgica occidentale e orientale, la cattedra posta a lato del presbiterio garantisce a chi presiede una distinzione e una visibilità rispetto ai fedeli riuniti e, al tempo stesso, permette al vescovo di essere anch’egli rivolto all’ambone quale primo ascoltatore della Parola di Dio. Il vescovo, infatti, è il primo annunciatore della Parola di Dio al suo popolo solo perché è il primo ascoltatore della Parola di Dio in mezzo al suo popolo.
L’intelligenza dei significati dello spazio liturgico così come la complessa opera di costruzione di una chiesa non possono essere compresi e affrontati unicamente attraverso la tecnica di progettazione e di costruzione. In realtà, la disposizione delle pietre, la collocazione degli elementi come la realizzazione degli spazi è in rapporto diretto con l’edificazione della comunità cristiana e viceversa.
Sì, l’edificazione dello spazio liturgico concorre anch’essa ed è parte integrante di quell’opera santa che l’apostolo Paolo chiama «l’opera del ministero, in vista della costruzione del corpo di Cristo» (Ef 4,12).
«Ma per edificare e capire il significato del luogo sacro la tecnica non basta»
Enzo Bianchi.
Pubblicato su: Avvenire