Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Caro Diogneto - 18

01/06/2010 01:00

ENZO BIANCHI

Riviste 2010,

Caro Diogneto - 18

Jesus

Pubblicato su: JESUS - Giugno 2010

 

di Enzo Bianchi


«Con Dio o senza Dio tutto cambia»: sì, ma se questo Dio è il Dio di Gesù Cristo, per il credente niente cambia a livello della sua prassi nella compagnia degli uomini

Con Dio o senza Dio

 

Si è detto: «Con Dio o senza Dio tutto cambia», ed è vero, ma occorrerebbe specificare meglio questa affermazione. Per il credente Dio, il Dio narrato da Gesù Cristo e testimoniato nella Bibbia, è il Signore vivente e senza di lui non si possono spiegare né l’universo, né l’uomo, né la storia nella loro vocazione e nel loro significato. Dio poi resta Dio anche quando l’uomo non lo riconosce e non arriva a credere, ad aderire a lui. Per il credente, anche l’uomo che non crede in Dio è fatto «a sua immagine e somiglianza» (cf. Gen 1,26), porta nel suo spirito scintille dello Spirito di Dio e dunque resta sempre capace di operare il bene, di distinguere il bene dal male, di ascoltare la coscienza come ultimo e supremo luogo di giudizio. Si potrebbe dire che nell’uomo senza Dio c’è una situazione di non conoscenza della verità, ma non ci sono il vuoto, il baratro, l’inferno!

 

Fino al XVIII secolo non si metteva in dubbio l’esistenza di Dio, ed era facile rivendicare Dio come una necessità per il mondo e per l’umanità. Poi però è venuta l’ora in cui Dio non poteva più essere rivendicato come necessario. Il discorso scientifico, nel suo affermarsi e svilupparsi, non ha più sentito il bisogno di far intervenire Dio per spiegare l’ordine dell’universo e l’evoluzione della vita, ma ha scoperto che la necessità e il caso si trovano alla base dell’universo stesso. La filosofia, dal canto suo, ha reclamato la libertà di cercare e di pensare, anche di interpretare con le scienze umane e razionalmente le Sante Scritture. Di fronte a queste nuove frontiere varcate dall’umanità, la chiesa ha reagito con la condanna, scavando un fossato profondo tra scienza e filosofia da una parte e religione e teologia dall’altra. Così l’uomo moderno poco per volta ha imparato a fare a meno di Dio, a pensare in assenza di Dio, a vivere etsi Deus non daretur, come se Dio non esistesse. Questa emancipazione da Dio ha condotto teologi e predicatori a costruire immagini di un Dio contro l’uomo, ha portato a brandire Dio come clava contro gli uomini “in rivolta”, contro il mondo ateo.

 

D’altra parte questa eclisse di Dio ha avuto il merito di liberare l’uomo dalla paura di un Dio che si impone come necessario e che dunque lede la libertà dell’uomo. Allora dovremmo forse riconoscere in questo processo un dinamismo evangelico: il Vangelo infatti insegna all’uomo ad avvicinarsi a Dio nella libertà e per amore, non perché costretto; consegna un’immagine di Dio che non è quella dei teisti né dei monoteisti, ma illumina il volto di Dio quale relazione e amore, un amore che si offre, non si impone e non chiede di essere meritato dall’uomo. Il Dio di Gesù Cristo è un Dio non totalitario, che vuole l’uomo figlio suo, non schiavo; è un Dio di gratuità e non di bisogno; non plasmato dalla religione, ma manifestato sulla croce in Gesù, e la croce mostra che la fede è scandalo per gli uomini religiosi e follia per quelli mondanamente sapienti (cf. 1Cor 1,17-25). Dunque è un Dio «incredibile» per l’uomo religioso, ma in realtà affidabile e degno di fede, è un Dio che lascia l’uomo libero di credere o di non credere: il Dio rivelato da Gesù Cristo è un Dio che dà fiducia all’uomo, che crede nell’uomo. Non ci sono dunque necessità per credere, ma la fede non solo conserva un senso, ma dà anche senso a chi, cercando l’uomo (quaerere hominem), di fatto cerca Dio (quaerere Deum). Non necessità ma gratuità, non imposizione ma proposta, non costrizione ma offerta…

 

Pare allora fuori luogo negare questa «condizione di libertà» in cui è venuto a trovarsi l’uomo moderno o disperarsi per essa. Se ad alcuni può sembrare soltanto una catastrofe per il cristianesimo, più in profondità essa può essere una chanceper pensare Dio in modo nuovo, per tornare al Dio rivelato, narrato e spiegato da Gesù Cristo. Non un Dio utilitaristico, non un Dio del do ut des, non un Dio che serve a risolvere i nostri limiti e a spiegare i nostri enigmi, ma un Dio che fa entrare l’uomo in relazione con lui nella filialità e nell’amicizia, soprattutto tramite la capacità umana di relazioni di fraternità e di comunione con gli altri. Dio è tanto più grande per me quanto più io so avvicinarmi a lui nella fiducia, nella libertà e nell’amore, e non nella paura. 

 

«Con Dio o senza Dio tutto cambia»? Sì, ma non usiamo questa affermazione contro quanti non credono, non affatichiamoli con eccessi di apologia e con imposizioni, non arrocchiamoci in posizioni difensive, finendo così per narrare un Dio “contro” l’uomo. Crediamo con serenità nel Dio narratoci da Gesù, nel Dio il cui Nome non può esser pronunciato senza porvi accanto l’uomo: il Dio-uomo che è stato ed è Gesù Cristo. «Con Dio o senza Dio tutto cambia»: sì, ma se questo Dio è il Dio di Gesù Cristo, per il credente niente cambia a livello della sua prassi nella compagnia degli uomini, anche non credenti. Anzi, anche la presenza di chi non crede può attestare la fede come scelta di libertà.