Pubblicato su: JESUS - maggio 2009
di ENZO BIANCHI
La Parola del Signore oggi è abbondante, come in tante altre stagioni della Chiesa, anche e forse soprattutto perché cristiani di ogni lingua e popolo sono diventati con la loro testimonianza fedele “lettere viventi”
Questi ultimi tempi sono contrassegnati per i cattolici di molti paesi occidentali da un disagio e da una sofferenza legati a eventi e dichiarazioni che hanno suscitato reazioni forti ed emozioni intense sia all’interno che all’esterno della Chiesa: hanno sofferto semplici cattolici e cristiani, hanno sofferto i vescovi, ha sofferto anche il papa. Sono questi giorni cattivi? Ma anche i giorni dell’esilio e della schiavitù a Babilonia diventarono giorni di purificazione e di nuova creazione, fino a sfociare in un “nuovo esodo” con canti di gioia. Anche attraverso vie strette, deserti ed esilii, Dio ci fa sempre capire qualcosa di più: non temiamo, dunque, ma come sta scritto: “Sentinella, a che punto è la notte? Verrà il mattino ma è ancora notte: domandate, convertitevi, venite!” (Is 21,11-12)
In quest’ottica una costatazione mi pare emergere dalle recenti vicende ecclesiali: questi non sono giorni cattivi per la Chiesa, ma giorni di speranza. La Chiesa, infatti, ha un unico criterio per giudicare se la stagione che vive è o meno un “tempo di grazia”: la scarsezza o l’abbondanza della parola di Dio. Come leggiamo nella Scrittura, i giorni in cui il ragazzo Samuele “continuava a servire il Signore sotto la guida di Eli” erano tempi cattivi perché “la parola del Signore era rara in quei giorni” (1Sam 3,1). Oggi invece viviamo in una stagione in cui la Parola di Dio risuona con forza e in abbondanza nella Chiesa e, attraverso di essa, nel mondo. Innanzitutto perché il concilio Vaticano II ha voluto ricollocarla al centro della vita della Chiesa: nella Costituzione dogmatica Dei Verbum troviamo pressanti indicazioni per la venerazione verso le Divine Scritture, per accurate traduzioni nelle varie lingue, perché lo studio della bibbia sia anima della teologia e nutrimento del ministero della Parola, perché tutti i fedeli si accostino con lo studio la preghiera e la liturgia ai testi sacri (cf. DV 21-25)... “così – concludono i padri conciliari – è lecito sperare nuovo impulso alla vita spirituale dall’accresciuta venerazione della Parola di Dio, che ‘permane in eterno’” (DV 26). Con fatica e perseveranza, molti di questi auspici sono diventati progressivamente realtà nei decenni del postconcilio, autentiche pietre miliari di un cammino ormai irreversibile che ha dato frutti copiosi e che continua a offrirne.
Perciò non dobbiamo essere sorpresi da difficoltà e contraddizioni nell’attuazione dello spirito e delle lettera del Concilio: più un Concilio sarà fedele interprete dell’Evangelo, infatti, più andrà incontro a opposizioni, contraddizioni e perfino tentativi di svuotamento. Non può essere diversamente perché ogni volta che nella storia appare con maggior chiarezza il segno della croce di Cristo, le forze avverse che vogliono divisioni nella Chiesa si scatenano. È stato così nei confronti di Gesù, è stato, è e sarà così di fronte alla Chiesa ogniqualvolta questa è più fedele al suo Signore.
Ora, la Parola del Signore oggi è abbondante, come in tante altre stagioni della Chiesa, anche e forse soprattutto perché cristiani di ogni lingua e popolo sono diventati con la loro testimonianza fedele “lettere viventi” rivolte da Dio agli uomini e donne del nostro tempo: è il loro pensare, pregare e agire quotidiano che diventa narrazione dell’amore di Dio nella storia; è dal modo in cui sia amano gli uni altri che il mondo può riconoscerli come discepoli di Gesù di Nazaret, venuto per annunciare la buona notizia della vittoria della vita sulla morte; è dal loro stile di “miti e umili di cuore”, a imitazione del loro Signore e Maestro che sgorga con chiarezza cristallina il messaggio evangelico dell’amore più forte dell’odio.
Sì, anche quando la cattiva comunicazione rischia di offuscare la buona novella, quando il clamore di casi singoli che si abbattono come alberi enormi copre il rumore della foresta di gesti quotidiani che non cessa di crescere, è importante riaffermare con forza che “la Parola di Dio corre” e si fa strada nel cuore degli uomini. “La Chiesa – come affermava Paolo VI – non sente estraneo il mondo, neanche se il mondo sente estranea la Chiesa”: i cristiani sono quindi chiamati a non nutrire ostilità nemmeno verso quanti la mostrano nei loro confronti. E nel compaginare in unità questa loro testimonianza si esplicita il ministero del vescovo di Roma, la cui priorità è, secondo le parole stesse di Benedetto XVI nella sua lettera ai vescovi, proprio quella “di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio” senza temere di andare anche contro corrente.
Dal difficile momento presente può venire per la Chiesa e per il mondo la grande grazia della “riconciliazione”, quella profonda armonia che troviamo annunciata negli scritti di san Paolo e nella Chiesa dei primi secoli: “il ministero della riconciliazione” di cui l’apostolo inviato ai pagani si sente investito non si limita infatti al perdono dei peccati dei singoli credenti, ma si dilata a dimensione universale e abbraccia l’umanità nel suo insieme, si fa carico del cammino dell’uomo nella storia, delle realtà concrete, quotidiane attraverso le quali l’umanità è chiamata fin d’ora a divenire “nuova creazione”, riconciliata con Dio.