Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

«Dialogo con l’Islam, ma nella chiarezza»

26/02/2006 23:00

Dino Messina

Testi,

«Dialogo con l’Islam, ma nella chiarezza»

Enzo Bianchi: «La violenza religiosa non porta pace né convivenza» Corriere della Sera - Intervista a Enzo Bianchi di Dino Messina

Enzo Bianchi: «La violenza religiosa non porta pace né convivenza»

Corriere della Sera - 27/02/2006

 

Intervista a Enzo Bianchi di Dino Messina

Venerdì il Papa ha ricevuto in udienza il priore della Comunità di Bose, Enzo Bianchi, che ha dedicato un impegno costante al dialogo tra le religioni. C’è chi ha pensato che questo incontro non sia casualmente avvenuto alla vigilia dell’appello in cui Benedetto XVI ha condannato chi usa il nome di Dio per seminare violenza. «Con il Santo Padre— risponde però il teologo— non si è parlato di Islam ma di ecumenismo cristiano, vita monastica e liturgia».

 

Non c’è dubbio tuttavia che Enzo Bianchi sia una delle persone più qualificate a interpretare le parole del Pontefice, non soltanto per il lavoro che dal 1966 svolge nella Comunità di Bose, ma anche per le sue riflessioni recenti sulle «nuove apocalissi», come recita il titolo di un saggio uscito nel 2003 da Rizzoli.

 

Il Papa ha detto che Dio punirà chi sparge sangue in suo nome.

Un’espressione molto forte. Una novità del pontificato di Benedetto XVI?

 

«Attenzione, il Papa non usa il verbo punire, ma dice che Dio chiederà conto. Ciò ha un doppio significato: da un lato il male commesso dagli uomini sarà giudicato alla fine dei tempi, ma dall’altro c’è una giustizia immanente, chi di spada ferisce di spada perisce. La violenza in nome di Dio non porta né pace né convivenza sociale».

 

Quali sono i precedenti di questa condanna formulata da Papa Ratzinger?

 

«Il tono è netto, il Papa non fa una distinzione tra musulmani e cristiani,

ma condanna l’uso della violenza da qualsiasi parte provenga. In questo c’è una evidente continuità con le posizioni di Giovanni Paolo II ispirate a un dialogo franco e nella verità. In particolare mi riferisco alle parole pronunciate da Papa Wojtyla nelle visite alle moschee di Damasco e del Marocco. L’altro punto di ispirazione è rappresentato dal Concilio Vaticano II».

 

Negli ultimi mesi però la situazione si è aggravata.

 

«In Sudan, Pakistan, Timor e Nigeria stiamo assistendo a un aumento delle aggressioni contro le comunità cristiane».

 

In questa situazione ritiene possibile una visita di Benedetto XVI in una moschea?

 

«Se il Santo Padre andrà in Medio Oriente, la ritengo probabile. Sarà un’occasione per continuare il dialogo avviato a Colonia durante l’incontro con le comunità islamiche della Germania».

 

Eppure di quell’incontro avvenuto nell’estate scorsa fu sottolineato soprattutto il fermo invito a prendere le distanze dal terrorismo.

 

«Le comunità islamiche apprezzarono la volontà di dialogo espressa da Benedetto XVI, anche se è evidente che il dialogo deve avvenire nella verità e nella chiarezza. Il che significa netta condanna del terrorismo e presa di distanza dalle ambiguità del fanatismo religioso. Certo, il dialogo non viene favorito da provocazioni come la pubblicazione delle vignette sull’Islam in Danimarca. Sono gesti irresponsabili che servono soltanto a incendiare gli animi».