Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Se il desiderio diventa cupidigia

31/05/2021 15:00

ENZO BIANCHI

Quotidiani 2021,

Se il desiderio diventa cupidigia

La Repubblica

La Repubblica - 31 maggio 2021

 

di Enzo Bianchi

Su dieci comandi dati da Mosè, e presenti nella tradizione ebraica e cristiana, otto riguardano azioni e comportamenti degli esseri umani che vivono insieme, mentre due riguardano non ciò che si fa ma semplicemente un sentimento: il sentimento del desiderio. Infatti sta scritto: “Non desiderare la casa del tuo prossimo” e “non desiderare la moglie del tuo prossimo, né alcuna cosa che appartenga a lui” (cf. Es 20,17). Non solo si può compiere il male con l’azione, ma anche con il desiderio! Perché? Perché il desiderio è un sentimento, una pulsione intima, che scaturisce dal profondo, e allo stesso tempo è una forza, una dominante, che va oltre la possibilità di essere governata. Il desiderio – e ciascuno di noi è homo desiderans – ci può trascinare via, alienare fino a distaccarci dai legami di ogni tipo di convivenza per spingerci a vivere senza gli altri o addirittura contro gli altri: questo è l’inferno, il mondo dove abita il perverso.

 

Paolo di Tarso con ragione afferma: “La radice di tutti i mali è la philarghyría, la cupiditas”, cioè l’amore insaziabile per il guadagno, la folle insensatezza dell’accumulo. Quando una persona è presa in questo vortice diventa idolatra (perché l’idolo è sempre “un falso antropologico”) e cade in balìa di una forza cieca che non vede, di una volontà che non parla, di una situazione che non ascolta. Eppure ogni volta di fronte a questa epifania dell’avidità che ci presenta in modo spietato le sue vittime, ci indigniamo, certo, magari versiamo lacrime, ma subito dopo dimentichiamo, anche se magari ci eravamo impegnati a celebrare “giornate della memoria” nelle quali gridavamo: “mai più!”.

 

Si pensi solo agli ultimi eventi come il crollo del ponte di Genova o l’incidente alla funivia del Mottarone, che hanno causato decine di vittime: non il caso, non un errore umano, ma un disattendere consapevole gli elementari doveri che si erano assunti in un’impresa, e tutto per aumentare il guadagno, causando così la morte di persone che semplicemente vivevano. Il desiderio che non si autolimita e non sa collocarsi nella sinfonia dei desideri degli altri è mortifero e trasforma il soggetto che desidera in omicida.

 

Eppure nella nostra tradizione è presente una predicazione martellante dei profeti e quella di Gesù contro la cupidigia. Michea già nell’viii secolo a. C. denunciava quelli che “sono avidi di campi, fino a usurparli, di case, fino a rubarle” (Mi 2,2), e Isaia indirizzava maledizioni contro quelli che aggiungono “case a casa, campi a campo” (Is 5,8). Anche Gesù di Nazaret, sulla scia dei profeti, ha ammonito di non diventare alienati al “denaro iniquo” perché uno ha il suo cuore là dove ha il suo tesoro.

 

L’avidità è matrice di tutti i vizi capitali, tende sempre a soddisfare il desiderio senza darsi limiti e riguarda non solo la vita personale, ma soprattutto la vita sociale, nelle polis dell’umanità. Il premio Nobel per l’economia 2001, Joseph Stiglitz, ha condotto un’analisi della crisi economica attuale in un libro intitolato Le triomphe de la cupidité, dove mette in luce l’idolo del momento e la finanziarizzazione dell’economia. La voracità di denaro che si è scatenata, sovente anche legittimata, ha fatto le sue vittime e continua a farne. C’è ancora posto per il senso della giustizia? per una responsabilità sociale nell’edificazione della polis, una polis nella quale non si uccida impunemente nell’ubriachezza da accumulo di denaro? C’è ancora posto per una compassione che diventi impegno a combattere chi è disposto a sacrificare le vite altrui senza assumersene la responsabilità?