Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Conoscere Gesù nella sua umanità

02/06/2021 01:00

ENZO BIANCHI

Riviste 2021,

Conoscere Gesù nella sua umanità

Vita Pastorale

Pubblicato su:  Vita Pastorale, rubrica Il Cristianesimo non fa che rinascere

 

Giugno 2021

 

di Enzo Bianchi

La fede cristiana non è semplicemente adesione a un Dio uno e unico, ma è innanzitutto adesione a Gesù Cristo, la parola di Dio fatta carne, il Figlio di Dio. Quando però diciamo "Gesù", pronunciamo il nome di un uomo nato da una donna ebrea, un uomo debole, fragile, mortale come lo è ciascuno di noi. Un uomo di carne che è nato, è vissuto ed è morto come ogni terrestre, figlio di Adamo: humanissimus, come amavano qualificarlo i padri monastici medievali. Giustamente si parla di "storia di Gesù" perché la sua vita è avvenuta nella storia, nello spazio di una terra e di un tempo limitato. Gesù è stato un uomo con un corpo che si poteva vedere, toccare, ascoltare, annusare, baciare.

 

Un uomo che ha detto parole e compiuto gesti pienamente umani. Come la fede d'Israele è stata generata da eventi accaduti nella storia, primo tra tutti l'esodo dall'Egitto, così anche la fede dei cristiani è nata dall'esperienza degli incontri fatti con Gesù. Dio aveva operato nella storia di un popolo in molti modi e in diversi tempi ed ecco che, in modo compiuto, è intervenuto attraverso la vita di un uomo, che proprio vivendo, parlando, agendo ha rivelato Dio stesso, presente in lui corporalmente. Il Dio dei cristiani è, dunque, non "un" Dio o "il" Dio, ma quel Dio che Gesù ci ha mostrato (exeghésato, Gv 1,18).

 

Questo fonda l'esigenza che Gesù sia, innanzitutto, conosciuto nella sua vita umana (non ne abbiamo a disposizione un'altra!), proprio quella testimoniata dai Vangeli, quella narrata dai discepoli che "mangiando e bevendo con lui e ascoltandolo" (cf At 10,41) hanno posto in lui la loro fede e, quindi, sono diventati "servi della Parola" (Lc 1,2), testimoni affidabili per averlo seguito e aver dato la vita per lui.

 

Ecco perché è molto importante conoscere la concreta vita umana di Gesù. Grave rischio, per i cristiani, è "deificare" Gesù senza riconoscere questa sua umanità. È facile per noi umani acclamare gli dei, e per questo la religione è seducente, ma nel cristianesimo non si può dire che Gesù è Signore, Salvatore e Figlio di Dio se non si accoglie la sua umanità reale e concreta. Non è un caso che le eresie più attestate siano proprio quelle che negano la realtà della carne di Cristo, della sua umanità limitata e mortale. Molti esseri umani sono stati deificati nell'antichità: imperatori, eroi... e ancora oggi è più scandaloso pensare a Gesù in croce che non a un Gesù glorioso. Non a caso Gesù parlava di sé stesso usando l'espressione "Figlio dell'uomo", e non osava neppure parlare di sé come "Figlio di Dio".

 

Non perché non lo fosse, ma perché la strada da lui scelta per raccontare Dio era la vita umana quotidiana, non lo straordinario, non il miracolo, non il successo trionfale. Ma noi, proprio perché subiamo la tentazione del "divino", di tutto ciò che è grande, della potenza e della forza, del dominio e del potere e da questo siamo sedotti, attribuiamo a Dio immagini forgiate dai nostri desideri. No, l'unica via per andare al nostro Dio è Gesù Cristo — «Nessuno può andare a Dio se non attraverso di me!» (cf Gv 14,6) —, e perciò per noi, per le Chiese, la via da percorrere è quella dell'umanità povera e umile, quella percorsa da Gesù. Se nella spiritualità delle religioni domina l'aspirazione a "contemplare Dio", nel cristianesimo si impone la contemplazione di Gesù Cristo: Ecce homo!, "Ecco l'uomo!", l'uomo per eccellenza, come il Dio creatore l'aveva voluto e lo ha manifestato in Gesù, nell'uomo che ha dato la vita per gli altri, il Servo del Signore, perché servo di tutti i fratelli e tutte le sorelle (cf Is 53).

 

Qui sta la singolarità del cristianesimo! A partire da qui può rinascere. Per questo il grande attentato alla fede cristiana è sempre venuto dalla negazione della vera e piena umanità di Gesù. Dio non ha semplicemente rivestito un corpo, ma ha assunto come propria la carne di un uomo lasciandosi identificare, vedere, percepire nella miseria della condizione umana. Sì, era scandaloso che quel galileo così umano, troppo umano, potesse essere un profeta. E, quindi, a maggior ragione che potesse essere il Figlio di Dio! Ma l'apostolo Giovanni in modo lapidario, quando vede apparire all'orizzonte della Chiesa nascente il rischio di una celebrazione di Gesù Cristo che ne tralasci l'umanità, avverte: «Ogni ispirazione che non riconosce Gesù Cristo nella carne non è da Dio!» (1Gv 4,3). Purtroppo, da allora fino a oggi, l'umanità di Cristo da molti cristiani è stata e viene ancora considerata irrilevante, mera apparenza, un vile strumento necessario per l'incarnazione ma che è stato abbandonato al più presto con la morte: costoro difendono — così dicono — la divinità di Gesù e vanno alla ricerca di eventuali ariani.

 

Ma dopo l'apostolo Giovanni sarà Ignazio di Antiochia a vedersi costretto a denunciare queste derive e a insistere con forza sulla dimensione umana e storica di Gesù: «Chiudetevi le orecchie di fronte ai discorsi di quelli che non parlano di Gesù Cristo come discendente di Davide figlio di Maria, come colui che è veramente nato, ha mangiato e ha bevuto, che ha veramente sofferto la Passione sotto Ponzio Pilato, che è stato veramente crocifisso ed è morto» (Lettera ai Tralliani 9,1).

 

Da sempre è difficile credere che Dio sia stato un uomo! Meglio scorgere in Gesù l'apparizione di un Angelo, un messaggero venuto sulla terra e tornato in cielo, senza soffermarsi sulla sua vita umana. Ma la nostra fede cristiana ci mette davanti a un Gesù dal quale traspare sempre l'umanità, mentre il divino è nascosto.

 

Resta significativo, e lo dico con grande rispetto, che nel Corano (cf Sura III, 45 e V, 75) Gesù sia definito Messia e Profeta per gli ultimi tempi, ma non appaia mai nello spessore della sua umanità fino alla croce. Come confermavano quei cristiani di Arabia che non riconoscevano la piena umanità di Cristo, anche il Corano, ispirato da queste tradizioni, nega la morte di Gesù in croce: «Non l'hanno ucciso, non l'hanno crocifisso, perché fu un altro che gli assomigliava che prese il suo posto, portò la croce e fu ucciso...».

 

Ecco lo scandalo, l'inciampo: «Un Dio, un Messia al contrario!», perché umano, troppo umano! Giustamente Joseph Moingt, grande teologo e grande mio amico, come in testamento ha lasciato scritto: «Ciò che Gesù aveva di eccezionale non era di ordine religioso, non aveva visibilmente nulla di divino. Ciò che era straordinario era la sua umanità».

 

Questo itinerario intorno a Gesù Cristo è l'unica via per ricominciare nella fede cristiana e riprendere a vivere una vita cristiana.