Jesus - Luglio 2021
di Enzo Bianchi
Viviamo un’ora faticosa e di grave crisi nella Chiesa cattolica: in realtà già da alcuni decenni, ma era assolutamente proibito dirlo pubblicamente. Quasi tutti erano impegnati a sottolineare l’efficienza della presenza della Chiesa nella società e a ribadire il suo peso e le sue capacità d’intervento, quasi in risposta alla tentazione di una religione civile che sembrava così urgente e apportatrice di vita sociale positiva per il nostro Paese. Chi non voleva prendere parte a questo coro abituato a celebrare trionfi senza mai ipotizzare fallimenti neanche parziali fu autorevolmente richiamato e definito profeta di sventura. Ma oggi è un cardinale, l’arcivescovo di Monaco, già presidente delle Conferenze episcopali europee, membro del Consiglio che assiste il Papa nella riforma della Curia romana, a gridare che la Chiesa «è giunta a un punto morto!», e afferma che questa situazione gli ha cambiato la fede. Si badi bene: ha «cambiato la fede» di un vescovo di sessant’anni, inducendolo a dare le dimissioni.
Il tutto con la sottoscrizione «nell’obbedienza e nella pace», il motto di papa Giovanni.
Viviamo in molti un profondo malessere che però solo in parte è dovuto agli scandali suscitati dalla pedofilia. Quest’ultimo è certamente un crimine grave e detestabile e la Chiesa tutta si è impegnata per cercare di comprendere in modo nuovo quest’abuso, di prevenirlo e impedirlo, fino alla condanna. Ma non va dimenticato che chi commette delitti di pedofilia è un malato: la pedofilia è inscritta nella patologia di una persona e di conseguenza la persona deve essere non solo condannata una volta commesso il delitto, ma anche aiutata, accompagnata e riaccolta perché è un essere umano peccatore/peccatrice al quale mai va negata la misericordia di Dio e della Chiesa. C’è tanto giustizialismo nell’aria cattolica, tanta tendenza a cedere alle dominanti dei mass media e a certo moralismo populista.
Non riesco a comprendere, piuttosto, come non turbino le coscienze le rivelazioni della pulizia etnica operata nelle scuole cattoliche in Canada fino al 1980, dove bambini strappati alle loro famiglie e rinchiusi in quei collegi-lager sono stati maltrattati, trascurati, fino a morire ed essere seppelliti nelle fosse comuni (si calcola almeno 6 mila ragazzi!). Delitti perpetrati da preti, frati, suore…
Qui non c’è patologia, c’è malignità, c’è un esercizio perverso del potere! Io mi chiedo: com’è stato possibile per dei cristiani che si dicono “consacrati” compiere simili crimini? E questi crimini non sono forse gravissimi? Dunque è uno scandalo, che suscita interrogativi sulla capacità di vivere il cristianesimo, su una Chiesa magari generosa nella missione, ardente in devozione, come in Canada, ma poi peggio che persecutrice! Dunque non si restringa la crisi della Chiesa alla piaga della pedofilia: c’è tutto un assetto di autorità, potere, ricchezza che deve essere giudicato dal Vangelo.
Come tentare di uscirne e giungere a una vera riforma? Sì, sappiamo che la riforma inizia da noi stessi, ma questo la Chiesa l’ha sempre predicato senza poi compiere dei passi per riformare l’istituzione. Il cardinale Marx lo sottolinea: le colpe non sono solo personali ma correlate all’istituzione!
In questa situazione anche nella Chiesa si porta la croce, che nelle parole di Gesù è strumento della propria esecuzione: la croce è situazione crudele e turpe, che mai noi dobbiamo addossare agli altri e della quale non dobbiamo parlare piamente a quelli che la stanno portando. Resta straordinario che anche Gesù fu aiutato a portare la croce non solo dal Padre, ma anche da un povero uomo, Simone di Cirene, che sul cammino del Calvario ha preso la croce sulle sue spalle. Scriveva il teologo Yves Congar: «Soffrire nella Chiesa è faticoso, ma soffrire a causa della Chiesa è terribile».