Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

La festa di tutti i santi

01/11/2021 00:00

Michele Do

Testi di Amici 2021,

La festa di tutti i santi

di Michele Do

di Michele Do

Amo molto la preghiera dell’Angelo:

 

«Donaci o Signore, un angelo amico

Che ci riveli e ci faccia sentire la tua bontà ed il tuo amore

e ci renda capaci di pietà verso ogni creatura.

Donaci un angelo di comunione con cui poter condividere i doni della vita.

Donaci, o Signore, un angelo buono che custodisca la nostra anima

che vegli sulla nostra vita, che guidi il nostro cammino.

Ci sia egli sempre vicino col il suo volto luminoso

e ci conduca a Te, ai tuoi santi, a coloro che amiamo e ci amano

ed anche a coloro che non ci amano

e facciamo fatica ad amare,

perché l’amore deve vincere tutte le barriere».

 

Ecco, è questa comunione alta che diventa il pane per tutti i pellegrini.

 

Quando un uomo tenta di vivere il vangelo, diventa come Gesù, pane: «il tuo pane, o Signore, sostiene i poveri in cammino». Questa è amicizia, questa è alta comunione, che diventa pane dell’angelo.

 

Come il profeta Elia, che nel deserto mangiando di quel pane e bevendo di quell’acqua, camminò 40 giorni e 40 notti, fino al monte santo di Dio, al monte Horeb, anche noi possiamo incontrare angeli che sostengono il nostro cammino e sappiamo diventare a nostra volta pane per l’altro, pane e luce.

 

Quando l’amore diventa amicizia, pura trasparenza e pura presenza interiorizzata, di uno e nell’altro, siamo abitati da presenze illuminanti, trasfiguranti, ispiratrici.

 

Allora la chiesa di quaggiù, questa chiesa, diventa immagine della chiesa di lassù.

 

Ho trovato nel bollettino del parroco di Canale, questa espressione splendida di San Tommaso d’Aquino: dopo aver detto che di là ci sarà un compimento che è oltre ogni nostro desiderio, ogni nostra attesa, ogni nostro sogno, alla fine aggiungeva che la vita eterna consiste nella gioconda fraternità di tutti i santi.

 

E in questo momento pensiamo agli amici che hanno raggiunto le dimensioni più alte in questa gioconda, lieta, festosa fraternità di tutti i santi.

 

La vita eterna sarà una comunione di spiriti - carne e sangue non bastano; la carne ed il sangue possono dividere, non unire. Sarà una comunione di spiriti estremamente deliziosa, perché ognuno godrà di tutti i beni, di tutti gli altri. Ognuno amerà l’altro come se stesso e perciò godrà del bene altrui come di un bene proprio.

 

Così il gaudio di uno solo sarà tanto maggiore, quanto più grande sarà la gioia di tutti gli altri beati. Ognuno potrà cantare: La tua gioia è la mia gioia, la tua ricchezza è la mia ricchezza, il tuo bene è il mio bene. Questo è l’ in-esse: gli uni negli altri in pieno compimento di presenza.

 

La massa non è qui. Non c’è solitudine più grande che in queste aggregazioni superficiali e banalizzanti. La Comunione non fa massa: ognuno cammina sulla sua strada, ma camminando sulla propria strada, seguendo il proprio destino, è sostenuto da queste presenze di amicizia: questa è la comunione dei Santi. Non ci sono più lontananze, né di spazio, né di tempo. Non c’è più distanza tra cielo e terra.

 

Viviamo in una comunione come se distanza non fosse.

 

Siamo nella dimensione di Dio, siamo nella dimensione dello Spirito che non conosce lontananza geografica. Si è soli e tuttavia si è in comunione.

 

Allora queste amicizie, questo pane dell’angelo, ci rende capaci, come Elia, di camminare da soli, anche nel deserto.

 

Questo, penso che sia il monachesimo di cui abbiamo bisogno tutti: questo eterno, universale, essenziale monachesimo. Monachesimo senza voti, senza cinte murarie, senza monasteri. Il monaco vero vive ovunque, disseminato ovunque.

 

Nel cap. 5° della splendida lettera a Diogneto, si legge: “sparsi ovunque”, immersi ovunque. Il monaco è un uomo capace di stare in piedi da solo e di camminare da solo, custodendo intatto dentro di sé tutto un mondo di realtà, di valori sacri e preziosi che non s’hanno da cedere mai. Questo è il monaco, questa è la chiesa fatta di monaci solitari, perché nessuno è capace di comunione come i solitari. E se non siamo capaci di solitudine, le nostre comunioni sono come il giochetto dei bambini che fanno i castelli con le carte: basta un alito e si disgregano, inconsistenti, effimeri. Questo monachesimo rende ognuno capace di attraversare la vita con un’anima intatta, sapendo che l’anima non si ha da cedere mai, che l’anima si dona solo a Dio, ai santi ed alla luce. Si è allora come sentinelle nella notte, ma non si ha più paura della notte. Si veglia in attesa dell’aurora, del regno di Dio; ed a tratti alla domanda: “a che punto è la notte?” si risponde: “Non temete, viene il mattino!”. E si continua il cammino.

 

I santi, amici, non fanno mai branco.

 

Dove c’è branco non c’è lo Spirito. Solo quando si esce dal branco si può cominciare a fare comunione.

 

Il compito maggiore è quello di creare tensioni, di creare inquietudini, di creare tormenti. E solo quando si è abitati da una inquietudine, ci si mette alla ricerca di qualcosa; allora è possibile l’evangelizzazione.

 

Oggi ci sono canonizzazioni facili. Io non ricordo di aver pregato molti santi canonizzati, li sento estranei.

 

Ho pregato molto altri santi, volti che sono ovunque, sono santi nascosti, santi che non conoscono neanche la propria grandezza, sono quelli di cui parlano le beatitudini, santi che piangono, santi poveri, santi emarginati, santi che sono offesi, umiliati, calpestati: i nostri santi.

 

L’altro giorno sono entrato nella mia casa, da molto tempo abbandonata; mi sono sentito pervaso da un momento di ansia, di angoscia a sentire il silenzio; ma poi… ecco queste presenze che riemergevano.

 

Amici, ognuno ha i suoi santi!

 

Sarebbe triste quella vita senza i santi domestici. Santi della famiglia, del sangue e santi di quell’altra famiglia di cui abbiamo parlato: la famiglia delle alte amicizie. Queste sono le realtà preziose, alte.

 

Allora i santi non sono dove ci sono i grandi; lì in genere sono assenti. Molti santi sono nelle umili creature segnate dalla fatica, dalla sofferenza, dal travaglio, dal lavoro, dalla solitudine, che sanno fare grandi tutte le loro cose, sanno far grandi anche le lacrime, anche la sofferenza, sanno far grande anche la povertà, sanno far grande tutto. Tutto è grande per chi cammina in questo orizzonte di divina pienezza.

 

Allora, amici, vi invito in questa giornata a fare un dialogo con i nostri santi: ognuno ha i suoi.

 

Io faccio collezione di santi. Ne ho trovata una l’altro giorno a Roma, splendida, Chatrine, un’inglese, anglicana passata poi al cattolicesimo ma ‘oltre’ tutte queste ”case”; quasi novantenne, una figura luminosa di una profondità, di un’intensità, di un’interiorità! Una donna meravigliosa! Queste figure devono vivere e devono parlare dentro, altrimenti le spegniamo, distruggiamo le immagini sacre.

 

Padre Acchiappati nell’ultimo saluto, che è stato come un’eucarestia per noi, là nella chiesa all’aperto, disse nel giorno della Madonna Assunta: «Se sul mio sentiero incontro un’immagine bella di vita, mi arresto, mi chino, la raccolgo e la colloco nel cuore».

 

Amici, penso che questa festa dei santi e delle cose sante, sia un invito per ognuno a raccogliere le proprie immagini sante ed a accendere un lume, prostrarsi nell’inchino, dicendo la grande parola indù: “namaste”, «saluto reverente il Dio che è in te. Aiutami dandomi la mano, a sentire reverente anche il Dio che è in me».