01 novembre 2021
Comunione dei Santi
di Enzo Bianchi
Mt 5,1-12a
¹Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. ²Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
³«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
⁴Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
⁵Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
⁶Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
⁷Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
⁸Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
⁹Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
¹⁰Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
¹¹Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. ¹²Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Viviamo la gioiosa festa della comunione dei santi del cielo e della terra. Sì, non solo dei santi del cielo, ma anche dei santi che sono ancora in cammino verso il Regno. Tutti noi, un’unica comunione, tutti noi viviamo insieme. Come ci ricorda la Lettera agli Ebrei, noi camminiamo circondati da questa nuvola di testimoni, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che ha dato inizio alla nostra fede e colui che la porta a pienezza (cf. Eb 12,1-2). Non siamo soli, ed è l’unico e comune sguardo rivolto da noi verso Gesù che instaura la nostra comunione.
Proprio in questa festa gioiosa la chiesa ci chiede di ascoltare le beatitudini, le proclamazioni fatte da Gesù e rivolte a tutti coloro che si mettono in ascolto. Le abbiamo ascoltate e le abbiamo anche impresse nel nostro cuore, perché sempre risuonano come buona notizia, come Vangelo nella nostra vita cristiana. Come dunque risuonano dentro di noi? È questo innanzitutto che dobbiamo chiederci. Non vi nascondo che, quando le leggo, sento bruciare le mie labbra, perché è vero che sono un annuncio di felicità, ma io le posso tranquillamente rivolgere a me, seppur discepolo di Gesù? Il Vangelo è innanzitutto rivolto a me, mi deve interrogare e non può essere ridotto a messaggio moraleggiante con cui approvare alcuni e condannare altri. Noi erigiamo molte difese per non lasciarci raggiungere dal Vangelo e facilmente lo indirizziamo agli altri, accrescendo la nostra cecità su noi stessi e rendendo il nostro occhio buio (cf. Mt 6,22-23)…
Ecco allora che queste proclamazioni di beatitudine possono in primo luogo svelarci, raccontarci chi è Gesù: è lui il povero, è lui l’affamato, è lui il mite, è lui il puro di cuore, è lui il perseguitato. Ecco perché è il beato per eccellenza. E tutti i racconti dei vangeli ci dicono questa sua beatitudine. Siamo dunque chiamati a guardare a lui, a tenere lo sguardo fisso su di lui, perché solo lui è l’origine della grazia che contrasta i nostri schemi e i nostri ideali moralistici. Chi di noi può dirsi povero, e povero anche di respiro, nel cuore, come proclama la prima beatitudine? Chi di noi può dirsi puro di cuore o mite, non solo nello stile apparentemente adottato, ma nel cuore?
Comprendiamo così che solo guardando a Gesù, mettendo la nostra fede in lui e non nelle nostre opere e operazioni, possiamo forse tendere, soltanto tendere alla beatitudine promessa. Proprio per questo tutta la tradizione cristiana dice che il santo è colui che ignora la sua santità. Il santo è colui che si sente – come Ignazio di Antiochia, vecchio e ormai martire – soltanto uno che ha iniziato a essere discepolo, uno che attende di essere veramente uomo: “allora”, nella morte, “sarò veramente discepolo di Gesù Cristo … allora sarò veramente un uomo” (cf. Lettera ai Romani 4,2; 6,2).
Così si afferma il primato della grazia, dell’amore di Dio gratuito che non va mai meritato ma solo accolto, in quella semplicità di cuore che vede la presenza di Dio negli altri e in essi la rispetta, la adora. Significativamente papa Francesco ricorda, nella Gaudete et exultate: “Dio è misteriosamente presente nella vita di ogni persona, … e non possiamo negarlo con le nostre presunte certezze. Anche qualora l’esistenza di qualcuno sia un disastro, anche quando lo vediamo distrutto dai vizi o dal peccato, Dio è presente nella sua vita” (n. 42).
Ciascuno di noi, dunque, ascolti le beatitudini con cuore semplice, pieno di stupore, e metta la sua fiducia nel Signore affinché porti a compimento l’opera iniziata da lui (cf. Fil 1,6) e da noi contraddetta. Tutto è grazia nel Signore Gesù!