Il Blog di Enzo Bianchi

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​Fondatore della comunità di Bose

Maria Luisa: memoria viva dalle voci di coloro che l'hanno amata

11/05/2022 00:00

ENZO BIANCHI

Conferenze 2022,

Maria Luisa: memoria viva dalle voci di coloro che l'hanno amata

Domenica 15/05/2022 ore 15.30 - Comunità alla Costa - Cumiana (TO)

Cumiana (TO) - Domenica 15 maggio 2022 

 

Incontro insieme alla comunità e con la partecipazione di molti amici tra i quali Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose *

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Intervento di Enzo Bianchi

Care sorelle e cari amici e amiche,

mi rattrista non poter essere presente tra voi al momento di ringraziamento di oggi. Spero con questo collegamento di poter comunque esprimere l’essenziale della mia gratitudine al Signore per il dono che ci ha fatto in Maria Luisa.

 

La ricordo come una presenza costante ai miei corsi biblici tenuti negli anni ’70 sia nel seminario arcivescovile di Via XX Settembre, a Torino, sia presso il centro dei gesuiti. Mi era rimasta impressa quella suora salesiana accompagnata da alcune ragazze che prendeva appunti, che teneva sempre in mano la Bibbia con un’attenzione che certamente la distingueva dalle altre persone che mi seguivano. Mi stupiva in particolare il fatto che fosse presente al corso del tardo pomeriggio in seminario e poi qualche ora dopo anche a quello che nello stesso giorno tenevo presso i gesuiti, in modo da scendere una sola volta da Bose. Riusciva a catturare lo sguardo per la sua attenzione profonda alla parola di Dio, per la quale manifestava un interesse veramente raro.

 

Poi chiese di parlarmi e mi disse ciò che le bruciava nel cuore: mi domandò cosa ne pensavo di una vita comunitaria, cristiana, semplice, che non si proponesse una fuga dal mondo; una vita di persone che vivevano nel mondo con un impegno di lavoro, ma che sapevano anche vivere in una dimensione di ascolto della Parola, di preghiera, di vita comunitaria, e di conseguenza praticare una certa ospitalità.

 

Era un momento in cui i tentativi di aprire cammini del genere erano numerosi e spesso mi capitava di ascoltare persone che avevano questo desiderio: vi confesso che sovente mi facevo l’idea che in esse ci fosse più superficialità e follia che non una risposta alla chiamata del Signore. Ma con Maria Luisa l’impressione che ebbi nettamente fu subito un’altra: sentii, nel discernimento che feci dentro di me, che quella suora faceva sul serio, voleva fare un cammino autentico in obbedienza al Vangelo.

 

Mi stupiva per di più la sintonia tra il suo modo di sentire, i suoi progetti, e quello che io tentavo di vivere a Bose. Erano gli anni del card. Pellegrino, anni in cui si potevano tentare queste strade incontrando naturalmente delle difficoltà, ma accompagnati almeno da uno sguardo paterno. E così incoraggiai Maria Luisa, anche se il futuro si prospettava incerto, perché Pellegrino presto avrebbe lasciato la diocesi e si sarebbe potuto aprire un tempo non facile per iniziative come la mia di Bose e come quella di Maria Luisa.

 

Tuttavia nel 1978 vidi l’inizio di questa avventura e percepii immediatamente la forza che sosteneva questa storia grazie alla comprensione del Vangelo, una comprensione rara. Sentivo in Maria Luisa una lucidità sull’adesione al Vangelo che, dico la verità, non ritrovavo in quel tempo neppure nelle mie sorelle della comunità a Bose. Ed è così che è nata la nostra amicizia, la nostra solidarietà, la nostra fraternità, e le nostre strade si sono davvero incrociate. La grande gioia che provavo si mutò davvero in esultanza quando Maria Luisa e le sorelle cominciarono a venire a Bose, con l’abito come noi, e a partecipare alle nostre liturgie. Le ammisi nel coro per le grandi feste: Natale, il triduo pasquale, e altre feste dell’anno liturgico… Mi sembrava che fossimo davvero un’unica famiglia, con un’unica ispirazione.

 

Di Maria Luisa che cosa possiamo dire? Che cosa posso dire io… perché certamente le prime testimoni della sua vita sono le sorelle, e abbiamo già sentito prima da sorella Paola una forte testimonianza. Maria Luisa era innanzitutto una donna, una serva della parola di Dio. Si sentiva veramente curvata dalla parola di Dio, ne sentiva il primato su di sé, una vera egemonia. E devo dire che l’ho visto molto raramente nella chiesa: ho percepito qualcosa del genere in Dossetti, e di conseguenza nella sua comunità, e poi in Maria Luisa, e di conseguenza a Cumiana. Essere servi della Parola significa darle quel primato per cui è la Parola che plasma la vita, determina la vita, ispira la vita quotidiana. E proprio per questo Maria Luisa fu una delle poche che comprese, alla fine degli anni ’70, che cos’era la lectio divina che io nel 1966 avevo cominciato a ripristinare, lectio divina che nel 1973 avevo cercato di far conoscere attraverso il libro Pregare la parola. Ma in genere si incontrava molta resistenza a far intendere la lectio divina come occasione efficace di incontro con la grazia del Signore. Lei invece lo comprese subito, e devo dire che ho sempre sentito nelle sue parole l’eco della parola di Dio. Io non ho assistito a lectio divine tenute da Maria Luisa, né ho sentito delle sue omelie, però negli incontri, nelle parole scambiate con lei, era presente la Parola e questo davvero mi fa dire era una donna della parola di Dio, una serva della parola di Dio.

         

La seconda cosa che mi sento di dire è che Maria Luisa era una donna comunitaria: certo non un’eremita, ma attenzione, non si può neanche dire che concepisse la comunità cenobitica nella maniera in cui normalmente è stata intesa. E qui devo aprire una parentesi su san Pacomio. Quando io scoprii Pacomio, prima ancora che iniziasse la vita comune a Bose, nessuno sapeva chi era, non lo si nominava neanche. Devo dire invece che fin da allora compresi che il grande ispiratore della vita che tentavo di vivere a Bose era Pacomio e non Benedetto, nonostante Benedetto sia stato il padre per eccellenza della vita monastica occidentale. Ma per me il riferimento era Pacomio per quella semplicità di vita comunitaria di poveri laici che lui praticava e amava esprimere in questi termini: “Non siamo che poveri laici che mendicano la comunione della chiesa!”. Pacomio non voleva neanche che ci fossero dei presbiteri nella sua comunità, e i fratelli andavano a messa nei villaggi, presso i preti della chiesa egiziana, per vivere l’eucaristia come tutti gli altri fedeli, e come abbiamo fatto anche noi a lungo a Bose. Pacomio chiamava la sua comunità koinonía, comunione. Maria Luisa aveva molto chiaro tutto questo e sono felice di ricordarla proprio oggi, nella festa di san Pacomio. Fino a qualche anno fa, per lo meno quando io ero a Bose, questa era la festa più importante dell’anno per la nostra vita monastica.

         

Perché c’è comunità e comunità, quando una comunità è semplice, fatta di rapporti umani quotidiani e seri, quando è fatta semplicemente di ciò che il Vangelo chiama servizio e amore fraterno, è una koinonía, una comunione. Ricordo benissimo che un giorno Maria Luisa arrivò a Bose con un ciclostilato giallo, un testo che avevo scritto su san Pacomio e sulla sua vita comunitaria, e mi disse: “Noi vogliamo essere questo e nient’altro!”. Anche su questo punto Maria Luisa aveva compreso bene: la comunità come comunione, il primato da dare alla comunità come comunione.

         

Infine Maria Luisa – va detto, e forse è questo l’aspetto più difficile da capire – era una donna libera, molto libera, capace di parresìa, di dire le cose come stanno. Libera perché aveva il dono della franchezza sempre misericordiosa e nello spazio della carità, ma capace anche di dire dei sì e dei no netti, proprio per la libertà che nutriva dentro di sé e chiedeva agli altri facendo crescere le persone in libertà. Quante volte ho mandato delle sorelle da Maria Luisa perché potesse aiutarle nei momenti e nelle ore difficili! E tutte le volte dovevo dentro di me ringraziare Dio per questa guida sicura cui ci si poteva rivolgere.

         

È così che io ricordo Maria Luisa. Quanto ai ricordi dell’intimità, solo le sorelle possono eventualmente esserne testimoni… ma la mia gratitudine è grande. Nella mia vita non c’è stata una comunità vicina come Cumiana né un’altra persona che abbia iniziato una comunità in sintonia con me come lei ha fatto. Certamente ho avuto la grazia di avere amici come Roger Schutz, il Priore di Taizé, e Giuseppe Dossetti: entrambi sono stati importanti per me, anche se della generazione che mi ha preceduto. Con Maria Luisa siamo stati fratello e sorella sulla stessa strada, e qui c’è tutta la mia gratitudine al Signore. Soprattutto mi ha sempre meravigliato il fatto di non aver mai sentito in lei amarezza, lamentela, mai un misconoscere il cammino fatto, anzi… ringraziava di essere stata suora salesiana, di aver avuto la possibilità di un cammino nuovo in una grande coerenza, con la capacità di tenere uniti i sentimenti e le ispirazioni che aveva vissuto durante la vita.

         

Certamente in questi ultimi due anni di esilio dalla mia comunità per me, per una sorella – Antonella, che vive a Cumiana –, per gli altri fratelli, ma anche per i fratelli e la sorella che sono stati allontanati e mandati a Cellole,  Maria Luisa (e con lei le sorelle a Cumiana) è stata la donna di misericordia che ci ha aiutati, accolti, compresi, amati e consolati. Non posso far altro che ringraziare il Signore per questo dono che mi ha fatto, e tener viva la sua presenza. Personalmente spero, finché mi sarà possibile, di continuare a venire a Cumiana, come quando c’era lei, per essere una voce fra di voi, eco della Parola, e poter ringraziare sempre Dio insieme a voi per le meraviglie che ha operato con Maria Luisa.

* Sarà presto disponibile un librettino con tutti i contributi degli amici e ospiti che hanno partecipato alla giornata. Per chi volesse riceverlo telefoni allo 011/9059038